Papa: il perdono di Dio non è come quello di un tribunale, “ci perdona da dentro”
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Quando Dio perdona, perdona come Padre e non come un impiegato del tribunale, che legge una sentenza e dice: ‘Assolto per insufficienza di prove’. Ci perdona da dentro. Perdona perché si è messo nel cuore di questa persona”. L’ha detto papa Francesco all’omelia della messa celebrata stamattina a Casa santa Marta, nel corso della quale ha sottolineato che un “buon prete” si commuove, si impegna nella vita della gente.
“Dio – ha detto - ha compassione. Ha compassione per ciascuno di noi, ha compassione dell’umanità e ha mandato suo Figlio per guarirla, per rigenerarla”, per “rinnovarla”. “E’ interessante – ha evidenziato – che nella parabola che noi tutti conosciamo del Figliol Prodigo, si dice che quando il padre – che è una figura di Dio che perdona – vede arrivare suo figlio ebbe compassione. La compassione di Dio non è avere pietà: non ha nulla a che vedere una cosa con l’altra”. Io, ha aggiunto, “posso avere pietà di un cane che sta morendo”, ma la compassione di Dio è altro: è “mettersi nel problema, mettersi nella situazione dell’altro, con il cuore di Padre”. E per questo, ha sottolineato, “ha mandato suo Figlio”.
“Gesù curava la gente però non è un ‘guaritore’. No! Curava la gente come segno, come segno della compassione di Dio, per salvarla, per rimettere al suo posto nel recinto la pecorella smarrita, i soldi smarriti da quella signora nel portafoglio. Dio ha compassione. Dio ci mette il suo cuore di Padre, ci mette il suo cuore per ciascuno di noi. E quando Dio perdona, perdona come Padre e non come un impiegato del tribunale, che legge una sentenza e dice: ‘Assolto per insufficienza di prove’. Ci perdona da dentro. Perdona perché si è messo nel cuore di questa persona”.
Gesù, ha proseguito, è stato inviato per “portare la lieta novella, per liberare colui che si sente oppresso”. Gesù “è inviato dal Padre per mettersi in ciascuno di noi, liberandoci dei nostri peccati, dei nostri mali e per portarvi”. “Questo è quello che fa un sacerdote: commuoversi, impegnarsi nella vita della gente, perché un prete è un sacerdote, come Gesù è sacerdote. Quante volte – e poi noi dobbiamo andare a confessarci – critichiamo quei preti, ai quali non interessa ciò che succede nella loro congregazione, che non se ne preoccupano. No, non è un buon prete! Un buon prete è quello che si coinvolga”.
Un buon prete, ha ripreso, è quello che si coinvolge in “tutti i problemi umani”. Quindi si è soffermato sul servizio offerto alla Chiesa dal card. Javier Lozano Barragán, presente alla messa in occasione della celebrazione dei suoi 60 anni di sacerdozio. Francesco ha ricordato il suo impegno al dicastero per gli Operatori sanitari, “nel servizio della Chiesa che presta agli ammalati”. “Rendiamo grazie a Dio – ha detto – per questi 60 anni di sacerdozio”, “dalla compassione di Dio ad oggi vi è una linea e questo è un regalo che il Signore fa” al card. Barragán: “Poter vivere così per 60 anni”.