Papa: il martirio è dono della vita, testimonianza che la vita ha valore solo nel donarla
La vicenda di Giovanni Battista, l’annunciatore di Gesù, colui che ha detto “Non sono io, è questo” il Messia. “Lo ha fatto vedere ai primi discepoli e poi la sua luce si era spenta poco a poco, fino all’oscuro di quella cella, nel carcere, dove, solo, è stato decapitato”. Muore lì nella cella, nell’anonimato, “come tanti martiri nostri”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Il martirio è dono della vita, è la grande testimonianza che la vita ha valore solo nel donarla agli altri. L’ha detto papa Francesco all’omelia della messa celebrata stamattina a Casa santa Marta, prendendo spunto dal brano del Vangelo di Marco (Mc 6,14-29) che racconta dell’uccisione di Giovanni Battista, “l’uomo più grande nato da donna” secondo Gesù.
Il racconto evangelico ha quattro personaggi, che il Papa ha invitato a guardare “aprendo il cuore” perché il Signore ci parli: il re Erode “corrotto e indeciso”, Erodìade, la moglie del fratello del re, che “sapeva solo odiare”, Salomè, “la ballerina vanitosa”, e “il profeta decapitato solo in cella”.
Un racconto che Francesco ha descritto iniziando dalla fine, con i discepoli di Giovanni che chiedono il corpo del profeta e lo pongono in un sepolcro. “Il più grande finì così”. “Ma Giovanni sapeva questo, sapeva che doveva annientarsi”. Lo aveva detto dall’inizio, parlando di Gesù: “Lui deve crescere, io invece diminuire”. E lui “si è diminuito fino alla morte”. E’ stato il precursore, l’annunciatore di Gesù, colui che ha detto “Non sono io, è questo” il Messia. “Lo ha fatto vedere ai primi discepoli e poi la sua luce si era spenta poco a poco, fino all’oscuro di quella cella, nel carcere, dove, solo, è stato decapitato”.
Ma perché è successo questo? Si è chiesto Francesco. “La vita dei martiri non è facile da raccontare. Il martirio è un servizio, è un mistero, è un dono della vita molto speciale e molto grande”. E alla fine le cose si concludono violentemente, a causa di “atteggiamenti umani che portano a togliere la vita di un cristiano, di una persona onesta, e a farlo martire”.
Il Papa ha quindi analizzato gli atteggiamenti dei personaggi protagonisti della vicenda. Il re, innanzitutto, che “credeva che Giovanni fosse un profeta”, “lo ascoltava volentieri”, a un certo punto “lo proteggeva”, ma lo teneva in carcere. Era indeciso, perché Giovanni gli “rimproverava il suo peccato”, l’adulterio. Nel profeta, Erode “sentiva la voce di Dio che gli diceva: ‘Cambia vita’, ma non riusciva a farlo. Il re era corrotto, e dove c’è corruzione, è molto difficile uscire”. Un corrotto che “cercava di fare equilibri diplomatici” fra la propria vita, non solo adultera, ma anche piena “di tante ingiustizie che portava avanti”, e la coscienza della “santità del profeta che aveva avanti”. E non riusciva a sciogliere il nodo. Poi Erodìade, la moglie del fratello del re, ucciso da Erode per averla, il Vangelo dice soltanto che “odiava” Giovanni, perché parlava chiaro. “E noi sappiamo – ha chiosato Francesco - che l’odio è capace di tutto, è una forza grande. L’odio è il respiro di satana. Pensiamo che lui non sa amare, non può amare. Il suo ‘amore’ è l’odio. E questa donna aveva lo spirito satanico dell’odio”, che distrugge. Infine il terzo personaggio, la figlia di Erodìade, Salomè, brava a ballare, “che piacque tanto ai commensali, al re”. Erode, in quell’entusiasmo, promise alla ragazza “Ti darò tutto”. “Usa le stesse parole che ha usato satana per tentare Gesù. ‘Se tu mi adori ti darò tutto, tutto il regno’”. Ma Erode non lo poteva sapere.
“Dietro questi personaggi c’è satana, seminatore di odio nella donna, seminatore di vanità nella ragazza, seminatore di corruzione nel re. E l’’uomo più grande nato da donna’ finì solo, in una cella scura del carcere, per il capriccio di una ballerina vanitosa, l’odio di una donna diabolica, e la corruzione di un re indeciso. È un martire, che lasciò che la sua vita venisse meno, meno, meno, per dare il posto al Messia”.
Giovanni muore lì nella cella, nell’anonimato, “come tanti martiri nostri”, ha commentato il Papa. Il Vangelo dice solo che “i discepoli sono andati a prendere il cadavere per dargli sepoltura”. Tutti pensiamo, ha aggiunto Francesco, che questa “è una grande testimonianza, di un grande uomo, di un grande santo”.
“La vita – ha detto ancora . ha valore solo nel donarla, nel donarla nell’amore, nella verità, nel donarla agli altri, nella vita quotidiana, nella famiglia. Sempre donarla. Se qualcuno prende la vita per sé, per custodirla, come il re nella sua corruzione o la signora con l’odio, o la fanciulla, la ragazza, con la propria vanità – un po’ adolescente, incosciente – la vita muore, la vita finisce appassita, non serve”.
Giovanni, ha concluso Francesco, donò la sua vita: “Io invece devo diminuire perché Lui sia ascoltato, sia visto, perché Lui si manifesti, il Signore”. “Soltanto vi consiglio di non pensare troppo a questo, ma di ricordare l’immagine, i quattro personaggi: il re corrotto, la signora che soltanto sapeva odiare, la ragazza vanitosa che non ha coscienza di nulla, e il profeta decapitato solo in cella. Guardare quello, e ognuno apra il cuore perché il Signore gli parli su questo”.