02/10/2024, 12.04
VATICANO
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Papa: il 7 ottobre preghiera e digiuno per la pace

L'invito ai fedeli di tutto il mondo durante la Messa che stamattina in piazza San Pietro ha aperto la seconda sessione del Sinodo. Domenica 6 il Rosario a Santa Maria Maggiore per invocare da Maria il dono della pace. Ieri sera in San Pietro la celebrazione penitenziale: "Non chiediamoci: 'dove sei Signore?' ma: 'che responsabilità abbiamo noi nel non fermare il male?'".

Città del Vaticano (AsiaNews) - La preghiera del Rosario domenica 6 ottobre con i membri dell’Assemblea sinodale nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma “per invocare da Maria Santissima il dono della pace”. E lunedì 7 ottobre - raccogliendo l’invito già lanciato nei giorni scorsi dal patriarca latino di Gerusalemme, il card. Pierbattista Pizzaballa - una giornata di digiuno e preghiera per la pace nel mondo. Sono i due gesti, che davanti alle nuove drammatiche notizie giunte in queste ore dal Medio Oriente, papa Francesco ha annunciato suggerendoli alla Chiesa intera stamattina durante la celebrazione di apertura della Seconda sessione del Sinodo, che vede riuniti 368 tra vescovi e rappresentanti del popolo di Dio provanienti da tutto il mondo, per continuare la riflessione avviata già da tre anni sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”.

“Riprendiamo questo cammino ecclesiale con uno sguardo rivolto al mondo – ha detto il pontefice annunciando i due gesti al termine dell’omelia della Messa, concelebrata sul sagrato della basilica vaticana - perché la comunità cristiana è sempre a servizio dell’umanità, per annunciare a tutti la gioia del Vangelo. Ce n’è bisogno, soprattutto in quest’ora drammatica della nostra storia, mentre i venti della guerra e i fuochi della violenza continuano a sconvolgere interi popoli e nazioni”.

Nell’omelia il pontefice – prendendo spunto dagli Angeli custodi di cui oggi si celebra la festa liturgica – ha invitato dell’Assemblea a chiedere al Signore “di vivere i giorni che ci attendono nel segno dell’ascolto, della custodia reciproca e dell’umiltà”. “Badiamo a non trasformare i nostri contributi in puntigli da difendere o agende da imporre - ha spiegato - ma offriamoli come doni da condividere, pronti anche a sacrificare ciò che è particolare, se ciò può servire a far nascere insieme qualcosa di nuovo secondo il progetto di Dio. Altrimenti finiremo per chiuderci in dialoghi tra sordi, dove ciascuno cerca di ‘tirare acqua al proprio mulino’ senza ascoltare gli altri, e soprattutto senza ascoltare la voce del Signore”.

”Ricordiamoci - ha aggiunto - che nel deserto non si scherza: se non si presta attenzione alla guida, presumendo di bastare a sé stessi, si può morire di fame e di sete, trascinando con sé anche gli altri. Mettiamoci dunque in ascolto della voce di Dio e del suo angelo, se davvero vogliamo procedere sicuri nel nostro cammino al di là dei limiti e delle difficoltà”.

L’ascolto vero, però, chiede anche la capacità di custodirsi a vicenda: il papa ha citato, in proposito, l’immagine delle ali, capaci di “sollevare da terra” gli altri da terra con intuizioni forti e geniali, ma anche di “chinarsi” per offrire agli altri un rifugio accogliente. “Ciascuno, qui - ha commentato - si sentirà libero di esprimersi tanto più spontaneamente e liberamente, quanto più percepirà attorno a sé la presenza di amici che gli vogliono bene e che rispettano, apprezzano e desiderano ascoltare ciò che ha da dire. E questa per noi non è solo una tecnica di ‘facilitazione’ del dialogo o una dinamica di comunicazione di gruppo: abbracciare, proteggere e prendersi cura è infatti parte stessa dell’indole della Chiesa”.

Infine l’umiltà: “Il Sinodo, data la sua importanza, in un certo senso ci chiede di essere ‘grandi’ - nella mente, nel cuore, nelle vedute -, perché sono ‘grandi’ e delicate le questioni da trattare, e ampi, universali gli scenari entro cui esse si collocano. Ma proprio per questo non possiamo permetterci di staccare gli occhi dal bambino, che Gesù continua a mettere al centro delle nostre riunioni e dei nostri tavoli di lavoro, per ricordarci che l’unica via per essere ‘all’altezza’ del compito che ci è affidato, è quella di farci piccoli e di accoglierci a vicenda come tali, con umiltà”.

Ieri sera l’inizio del Sinodo era stato preceduto da una veglia penitenziale nella basilica vaticana durante la quale alcuni cardinali hanno letto delle richieste di perdono a nome della Chiesa scritte da papa Francesco. Un gesto seguito a tre testimonianze di altrettante vittime di gravi peccati che coinvolgono oggi la comunità cristiana e la società: gli abusi sui minori commessi da membri del clero, a cui ha dato voce Laurence, un uomo di Città del Capo, oggi cantante lirico, che subì questo scempio quando aveva undici anni; lo strazio subito dalle donne migranti a cui hanno dato voce Sara e Solange, un’operatrice di Migrantes in Toscana e una donna della Costa d’Avorio giunta in Italia qualche mese fa su un barcone; le ferite della violenza delle guerre, raccontate da sr. Deema Fayyad, siriana, della comunità monastica di Deir Mar Musa fondata dal gesuita p. Paolo Dall’Oglio, rapito e sparito nel nulla lui stesso undici anni fa proprio a causa della guerra.

“Di fronte al male e alla sofferenza innocente - ha commentato Francesco - domandiamo: dove sei Signore? Ma la domanda dobbiamo rivolgerla a noi, e interrogarci sulle responsabilità che abbiamo quando non riusciamo a fermare il male con il bene. Non possiamo pretendere di risolvere i conflitti alimentando violenza che diventa sempre più efferata, riscattarci provocando dolore, salvarci con la morte dell’altro. Come possiamo inseguire una felicità pagata con il prezzo dell’infelicità dei fratelli e delle sorelle?” “Questo - ha aggiunto ancora - è per tutti: laiche, laici, consacrate, consacrati, per tutti! Alla vigilia dell’inizio dell’Assemblea del Sinodo, la confessione è un’occasione per ristabilire fiducia nella Chiesa e nei suoi confronti, fiducia infranta dai nostri errori e peccati, e per cominciare a risanare le ferite che non smettono di sanguinare, spezzando le catene della malvagità”.

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