22/06/2016, 11.03
VATICANO
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Papa: i rifugiati sono nostri fratelli, da accogliere

All’udienza generale Francesco esorta a “toccare gli esclusi” e i poveri che hanno bisogno di noi. “Ogni sera io prego: ’Signore se vuoi puoi purificarmi’ e dico 5 Padre nostro, uno per ogni piaga di Gesù”. “La grazia che agisce in noi non ricerca il sensazionalismo. Di solito essa si muove con discrezione e senza clamore”.

 

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Il cristiano non esclude nessuno, dà posto a tutti”. Papa Francesco è tornato a chiedere accoglienza per i migranti, un piccolo gruppo dei quali ha voluto accanto a lui intorno alla poltrona dalla quale si è rivolto ai partecipanti all’udienza generale, l’ultima prima della pausa estiva. “Oggi – ha detto - mi accompagnano qui questi ragazzi: tanti pensano di loro che è meglio che fossero rimasti nella loro terra, ma lì soffrivano tanto, sono i nostri rifugiati: ma tanti li considerano esclusi, per favore: sono i nostri fratelli, il cristiano non esclude nessuno, dà posto a tutti, lasciamoli venire tutti".

Alle 30mila persone presenti in piazza san Pietro - tra le quali è passato con la jeep sulla quale ha fatto salire quattro bambini intorno ai dieci anni, due femmine e due maschi, che indossavano il saio bianco della prima Comunione - infatti, Francesco ha parlato di accoglienza e rapporto con i poveri. Prendendo spunto dal passo del Vangelo del lebbroso risanato e dalla domanda dell’uomo che a Gesù “non chiede solamente di essere guarito, ma di essere ‘purificato’, cioè risanato integralmente, nel corpo e nel cuore”, il Papa ha confidato che "la sera io prego: ’Signore se vuoi puoi purificarmi’ e dico 5 Padre nostro, uno per ogni piaga di Gesù. Lo faccio io potete farlo anche voi a casa vostra e dire un Padre nostro per ogni piaga di Gesù”. Una esortazione alla quale ha fatto seguito l’invito, seguito dai presenti, a ripetere subito per 5 volte l’invocazione.

In precedenza, commentando il passo evangelico aveva sottolineato che “quel lebbroso non si rassegna né alla malattia né alle disposizioni che fanno di lui un escluso. Per raggiungere Gesù, non temette di infrangere la legge ed entra in città, (cosa che non doveva fare ... per lui era vietato) e quando lo trovò «gli si gettò dinanzi, pregandolo: Signore, se vuoi, puoi purificarmi» (v. 12). Tutto ciò che quest’uomo considerato impuro fa e dice è espressione della sua fede! Riconosce la potenza di Gesù: è sicuro che abbia il potere di sanarlo e che tutto dipenda dalla sua volontà. Questa fede è la forza che gli ha permesso di rompere ogni convenzione e di cercare l’incontro con Gesù e, inginocchiandosi davanti a Lui, lo chiama ‘Signore’. La supplica del lebbroso mostra che quando ci presentiamo a Gesù non è necessario fare lunghi discorsi. Bastano poche parole, purché accompagnate dalla piena fiducia nella sua onnipotenza e nella sua bontà. Affidarci alla volontà di Dio significa infatti rimetterci alla sua infinita misericordia”.

Gesù – ha detto ancora - è profondamente colpito da quest’uomo. Il Vangelo di Marco sottolinea che «ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!» (1,41). Il gesto di Gesù accompagna le sue parole e ne rende più esplicito l’insegnamento. Contro le disposizioni della Legge di Mosè, che proibiva di avvicinarsi a un lebbroso (cfr Lv 13,45-46), Gesù stende la mano e persino lo tocca. Quante volte noi incontriamo un povero che ci viene incontro! Possiamo essere anche generosi, possiamo avere compassione, però di solito non lo tocchiamo. Gli offriamo la moneta, ma evitiamo di toccare la mano. E dimentichiamo che quello è il corpo di Cristo! Gesù ci insegna a non avere timore di toccare il povero e l’escluso, perché Lui è in essi. Toccare il povero può purificarci dall’ipocrisia e renderci inquieti per la sua condizione”.

Dopo aver guarito il lebbroso, Gesù gli comanda di non parlarne con nessuno, ma gli dice: «Va’ a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro» (v. 14). Questa disposizione di Gesù mostra almeno tre cose. La prima: la grazia che agisce in noi non ricerca il sensazionalismo. Di solito essa si muove con discrezione e senza clamore. Per medicare le nostre ferite e guidarci sulla via della santità essa lavora modellando pazientemente il nostro cuore sul Cuore del Signore, così da assumerne sempre più i pensieri e i sentimenti. La seconda: facendo verificare ufficialmente l’avvenuta guarigione ai sacerdoti e celebrando un sacrificio espiatorio, il lebbroso viene riammesso nella comunità dei credenti e nella vita sociale. Il suo reintegro completa la guarigione. Come aveva lui stesso supplicato, ora è completamente purificato! Infine, presentandosi ai sacerdoti il lebbroso rende loro testimonianza riguardo a Gesù e alla sua autorità messianica. La forza della compassione con cui Gesù ha guarito il lebbroso ha portato la fede di quest’uomo ad aprirsi alla missione. Era escluso ma ora è uno di noi”.

“Pensiamo a noi, alle nostre miserie… ognuno ha la propria!, con sincerità. Quante volte le copriamo con la ipocrisia delle ‘buone maniere’. E proprio allora è necessario stare da soli, mettersi in ginocchio davanti a Dio e pregare: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi!»”.

 

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