Papa: i nuovi modelli industriali che promuovono la tecnologia, rispettino la centralità dell’uomo
Nel messaggio inviato al Forum di Davos, Francesco chiede in particolare di non permettere che “la cultura del benessere ci anestetizzi e ci renda «incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri»”, rendendosi conto che “le nostre stesse azioni sono causa di ingiustizia e disuguaglianza”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – La “quarta rivoluzione industriale” con la tecnologia che l’accompagna si prevede farà diminuire l’occupazione. Ma “l’uomo deve guidare lo sviluppo tecnologico, senza lasciarsi dominare da esso!”. Ciò, ammonisce il Papa, deve spingere a “dar vita a nuovi modelli imprenditoriali che, nel promuovere lo sviluppo di tecnologie avanzate, siano anche in grado di utilizzarle per creare un lavoro dignitoso per tutti, sostenere e consolidare i diritti sociali e proteggere l’ambiente” . Preoccupandosi anche di chi è nel bisogno.
Lo scrive Francesco nel messaggio ha inviato a Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, in occasione dell’apertura dell’incontro annuale, in programma in questi giorni a Davos-Klosters, in Svizzera, che sarà portato dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace.
Nel documento il Papa chiede in particolare di non permettere che “la cultura del benessere ci anestetizzi e ci renda «incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri»”, rendendosi conto che “le nostre stesse azioni sono causa di ingiustizia e disuguaglianza”.
Questo il testo del messaggio:
Innanzitutto vorrei ringraziarla per il suo cortese invito a rivolgermi alla riunione annuale del Forum Economico Mondiale, che avrà luogo a Davos-Klosters alla fine di gennaio sul tema “Mastering the Fourth Industrial Revolution” [“Padroneggiare la quarta rivoluzione industriale”]. Le porgo i miei cordiali auguri per la proficua riuscita dell’incontro, che cerca di incoraggiare una continua responsabilità sociale ed ambientale mediante un dialogo costruttivo con responsabili di governo, dell’attività imprenditoriale e della società civile, nonché con distinti rappresentanti dell’ambito politico, finanziario e culturale.
Il sorgere della cosiddetta “quarta rivoluzione industriale” è stato accompagnato da una crescente percezione dell’inevitabilità di una drastica riduzione nel numero dei posti di lavoro. I più recenti studi, condotti dall’Organizzazione Internazionale per il Lavoro, indicano che attualmente la disoccupazione riguarda centinaia di milioni di persone. La finanziarizzazione e la tecnologizzazione delle economie nazionali e di quella globale hanno prodotto cambiamenti di ampia portata nel campo del lavoro. Le diminuite opportunità per un’occupazione vantaggiosa e dignitosa, insieme a una riduzione della copertura previdenziale, stanno causando una preoccupante crescita della disuguaglianza e della povertà in diversi Paesi. Emerge con chiarezza il bisogno di dar vita a nuovi modelli imprenditoriali che, nel promuovere lo sviluppo di tecnologie avanzate, siano anche in grado di utilizzarle per creare un lavoro dignitoso per tutti, sostenere e consolidare i diritti sociali e proteggere l’ambiente. L’uomo deve guidare lo sviluppo tecnologico, senza lasciarsi dominare da esso!
Faccio appello una volta ancora a tutti voi: “Non dimenticate i poveri!”. Questa è la sfida primaria che, come dirigenti nel mondo degli affari, avete dinanzi. «Chi ha i mezzi per condurre una vita dignitosa, invece di essere preoccupato per i privilegi, deve cercare di aiutare i più poveri ad accedere anch’essi a condizioni di vita rispettose della dignità umana, in particolare attraverso lo sviluppo del loro potenziale umano, culturale, economico e sociale» (Discorso alla classe dirigente e al Corpo Diplomatico, Bangui, 29 novembre 2015).
Non dobbiamo mai permettere che la cultura del benessere ci anestetizzi e ci renda «incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri», così che «non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete» (Evangelii gaudium, 54). Piangere davanti al dramma degli altri non significa solo partecipare alle loro sofferenze, ma anche, e soprattutto, rendersi conto che le nostre stesse azioni sono causa di ingiustizia e disuguaglianza. Pertanto «apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo» Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, Misericordiae Vultus, 15).
Quando ci rendiamo conto di questo, diventiamo più pienamente umani, dal momento che la responsabilità nei confronti dei nostri fratelli e sorelle è una parte essenziale della nostra comune umanità. Non abbiate paura di aprire le menti e i cuori ai poveri. In questo modo darete completa libertà di azione ai vostri talenti economici e tecnici e scoprirete la felicità di una vita piena, che il consumismo di per sé non può procurare. Di fronte a cambiamenti profondi ed epocali, i leader mondiali sono chiamati alla sfida di assicurare che l’imminente “quarta rivoluzione industriale”, gli effetti della robotica e delle innovazioni scientifiche e tecnologiche non conducano alla distruzione della persona umana – ad essere rimpiazzata da una macchina senz’anima – o alla trasformazione del nostro pianeta in un giardino vuoto per il diletto di pochi scelti. Al contrario, il momento presente offre una preziosa opportunità per dirigere e governare i processi in corso e per edificare società inclusive, basate sul rispetto della dignità umana, sulla tolleranza, sulla compassione e sulla misericordia. Vi esorto, pertanto, a riprendere nuovamente la vostra conversazione su come costruire il futuro del pianeta, la “nostra casa comune”, e vi chiedo di fare uno sforzo congiunto al fine di perseguire uno sviluppo sostenibile ed integrale.
Come ho spesso detto, ed ora volentieri ripeto, l’attività imprenditoriale è «una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti», soprattutto «se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune» (Laudato si’, 129). Come tale, essa ha la responsabilità di aiutare a superare la complessa crisi sociale ed ambientale e di combattere la povertà. Ciò renderà possibile migliorare le precarie condizioni di vita di milioni di persone e colmare il divario sociale, che dà origine a numerose ingiustizie ed erode i valori fondamentali della società, tra cui l’uguaglianza, la giustizia e la solidarietà.
In questo senso, attraverso mezzi di dialogo preferenziali, il Forum Economico Mondiale può diventare una piattaforma per la difesa e la tutela del creato e per il raggiungimento di un progresso che sia «più sano, più umano, più sociale e più integrale» (Laudato si’, 112), anche con il dovuto riguardo per gli obiettivi ambientali e per la necessità di massimizzare gli sforzi al fine di sradicare la povertà, come stabilito nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e nell’Accordo di Parigi nel contesto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Signor Presidente, rinnovando l’augurio per il successo dell’imminente incontro a Davos, invoco su di lei, su tutti i partecipanti al Forum e sulle loro famiglie abbondanti benedizioni divine.