Papa: andrei a Mosca per fermare la guerra, ma Putin non risponde
In un'intervista al quotidiano italiano "Il Corriere della Sera" Francesco svela alcuni dettagli dei tentativi di mediazione del Vaticano per il conflitto in Ucraina. "A Kirill ho detto: fratello, noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù. Per questo dobbiamo cercare vie di pace".
Città del Vaticano (AsiaNews) - “Ero disposto ad andare a Mosca a incontrare Putin, ma temo che non possa e non voglia fare questo incontro in questo momento. Ma tanta brutalità come si fa a non fermarla?”. Lo dice papa Francesco in un’intervista pubblicata oggi in Italia dal quotidiano Il Corriere della Sera, nella quale rivela alcuni dettagli sui suoi tentativi di queste settimane per fermare il conflitto in Ucraina. Nel dialogo, però, non nasconde il suo pessimismo sulla situazione: «Per la pace - commenta amaramente - non c’è abbastanza volontà, la guerra è terribile e dobbiamo gridarlo”.
“Il primo giorno di guerra – racconta il papa - ho chiamato il presidente ucraino Zelensky al telefono. Putin invece non l’ho chiamato. L’avevo sentito a dicembre per il mio compleanno ma questa volta no, non ho chiamato. Ho voluto fare un gesto chiaro che tutto il mondo vedesse e per questo sono andato dall’ambasciatore russo. Ho chiesto che mi spiegassero, gli ho detto ‘per favore fermatevi’. Poi ho chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di fare arrivare a Putin il messaggio che io ero disposto ad andare a Mosca. Certo, era necessario che il leader del Cremlino concedesse qualche finestrina. Non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo. Tanta brutalità come si fa a non fermarla? Venticinque anni fa con il Ruanda abbiamo vissuto la stessa cosa».
Sulle cause della guerra si chiede se «l’abbaiare della Nato alla porta della Russia» non abbia “facilitato” l’ira del Cremlino. Ma aggiunge che “non si può pensare che uno Stato libero possa fare la guerra a un altro Stato libero. In Ucraina sono stati gli altri a creare il conflitto. L’unica cosa che si imputa agli ucraini è che avevano reagito nel Donbass, ma parliamo di dieci anni fa. Quell’argomento è vecchio”. Sulla domanda se sia giusto oppure no oggi rifornire di armi l’Ucraina dice: “Non so rispondere, sono troppo lontano. La cosa chiara è che in quella terra si stanno provando le armi. I russi adesso sanno che i carri armati servono a poco e stanno pensando ad altre cose. Le guerre si fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto. Così avvenne nella guerra civile spagnola prima del secondo conflitto mondiale. Il commercio degli armamenti è uno scandalo, pochi lo contrastano”.
Nell’intervista papa Francesco parla anche delle sue relazioni con il patriarca ortodosso di Mosca Kirill: “Ho parlato con lui 40 minuti via zoom. I primi venti con una carta in mano mi ha letto tutte le giustificazioni alla guerra. Ho ascoltato e gli ho detto: di questo non capisco nulla. Fratello, noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il fuoco delle armi. Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin. Io avevo un incontro fissato con lui a Gerusalemme il 14 giugno. Sarebbe stato il nostro secondo faccia a faccia, niente a che vedere con la guerra. Ma adesso anche lui è d’accordo: fermiamoci, potrebbe essere un segnale ambiguo».
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