06/11/2015, 00.00
VATICANO
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Papa: anche nella Chiesa ci sono “gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così”

“Quando la Chiesa è tiepida, chiusa in se stessa, anche affarista tante volte, non si può dire, che sia... al servizio, bensì che si serve degli altri”. In una intervista Francesco afferma che “La Chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza: la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare”. “I beni immobili della Chiesa sono molti, ma li usiamo per mantenere le strutture della Chiesa e per mantenere tante opere che si fanno nei paesi bisognosi: ospedali, scuole”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Anche nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così”. L’ha detto papa Francesco nell’omelia della messa che ha celebrato stamattina a Casa santa Marta, commentando le due figure di “servi” presenti nella liturgia odierna per mettere in guardia contro la tentazione di “una doppia vita”: farsi vedere come uno che serve, ma in realtà si serve degli altri.

Un concetto non dissimile da quel “c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa”, espresso in una intervista  al giornale olandese di strada Straatnieuws, un quotidiano dei senzatetto di Utrecht, diffusa oggi anche dalla Radio Vaticana.

Nella messa di oggi, Francesco nel ricordare la “radicalità” del Vangelo ha messo in guardia da una “Chiesa tiepida”, chiamata a servire e non a essere “affarista”. Il Papa è dunque partito dalla figura di san Paolo che “si è donato tutto al servizio, sempre”. Una grandezza che gli veniva da Gesù e “lui si vantava di servire, di essere eletto, di avere la forza dello Spirito Santo”. Era il servo che serviva, “amministrava, gettando le basi, cioè annunciando Gesù Cristo” e “mai si fermava per avere il vantaggio di un posto, di una autorità, di essere servito. Lui era ministro, servo per servire, non per servirsi”.

Nel Vangelo, poi, il Signore ci fa vedere l’immagine di un altro servo, “che invece di servire gli altri si serve degli altri”. E “abbiamo letto cosa ha fatto questo servo, con quanta scaltrezza si è mosso, per rimanere al suo posto”. “Anche nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E’ triste dirlo, no? La radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo: servire, essere al servizio di, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi. E la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri”.

Due immagini, ha ripreso Francesco: “Due immagini di cristiani, due immagini di preti, due immagini di suore. Due immagini”. E Gesù, ha ribadito, “ci fa vedere questo modello in Paolo, questa Chiesa che mai è ferma", che "sempre va avanti e ci fa vedere che quella è la strada”:

“Invece quando la Chiesa è tiepida, chiusa in se stessa, anche affarista tante volte, questo non si può dire, che sia una Chiesa che ministra, che sia al servizio, bensì che si serve degli altri. Che il Signore ci dia la grazia che ha dato a Paolo, quel punto d‘onore di andare sempre avanti, sempre, rinunciando alle proprie comodità tante volte, e ci salvi dalle tentazioni, da queste tentazioni che in fondo sono tentazioni di una doppia vita: mi faccio vedere come ministro, cioè come quello che serve, ma in fondo mi servo degli altri”.

Anche nell’intervista Francesco delle “tentazioni” che vengono dal denaro. “Vorrei – dice - sottolineare due tentazioni. La Chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza: la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare. Questa è la prima tentazione. L’altra tentazione è di fare accordi con i governi. Si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione. Perché c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa. Io ricordo che una volta con molto dolore ho visto - quando l’Argentina sotto il regime dei militari è entrata in guerre con la Gran Bretagna per le Isole Malvine - che la gente dava delle cose, e ho visto che tante persone, anche cattolici, che erano incaricati di distribuirle, le portavano a casa. C’è sempre il pericolo della corruzione.  Una volta ho fatto una domanda a un ministro dell’Argentina, un uomo onesto. Uno che ha lasciato l’incarico perché non poteva andare d’accordo con alcune cose un po’oscure Gli ho fatto la domanda: quando voi inviate aiuti, sia pasti, siano vestiti, siano soldi, ai poveri e agli indigenti: di quello che inviate, quanto arriva là, sia in denaro sia in spesa? Mi ha detto: il 35 per cento. Significa che il 65 per cento si perde. È la corruzione: un pezzo per me, un altro pezzo per me”.

Ancora, a una domanda sui beni della Chiesa, il Papa risponde che “non sono i tesori della Chiesa, ma sono i tesori dell’umanità. Per esempio, se io domani dico che la Pietà di Michelangelo venga messa all’asta, non si può fare, perché non è proprietà della Chiesa. Sta in una chiesa, ma è dell’umanità. Questo vale per tutti i tesori della Chiesa. Ma abbiamo cominciato a vendere dei regali e altre cose che mi vengono date. E i proventi della vendita vanno a monsignore Krajewski, che è il mio elemosiniere. E poi c’è la lotteria. C’erano delle macchine che sono tutte vendute o date via con una lotteria  e il ricavato è usato per i poveri. Ma ci sono cose che si possono vendere e queste si vendono”.

“Se facciamo un catalogo dei beni della Chiesa – dice ancora - si pensa: la Chiesa è  molto ricca. Ma quando è stato fatto il Concordato con l’Italia 1929 sulla Questione Romana, il governo italiano di quel tempo ha offerto alla Chiesa un grande parco a Roma. Il papa di allora, Pio XI, ha detto: no, vorrei soltanto un mezzo chilometro quadrato per garantire la indipendenza della Chiesa. Questo principio vale ancora. Sì, i beni immobili della Chiesa sono molti, ma  li usiamo per mantenere le strutture della Chiesa e per mantenere tante opere che si fanno nei paesi bisognosi: ospedali, scuole. Ieri, per esempio, ho chiesto di inviare in Congo 50.000 euro per costruire tre scuole in paesi poveri, l’educazione è una cosa importante per bambini. Sono andato all’amministrazione competente, ho fatto questa richiesta e i soldi sono stati inviati”.

A una domanda, infine, “se vorrebbe un mondo senza poveri”, Francesco risponde:  “Io vorrei un mondo senza poveri. Noi dovremmo lottare per questo. Ma io sono un credente e so che il peccato è sempre dentro di noi. E la cupidigia  umana c’è sempre, la mancanza di solidarietà, l’egoismo che crea i poveri. Per questo mi sembra un po’ difficile immaginare un mondo senza poveri.  Se Lei pensa ai bambini sfruttati per lavoro schiavo, o ai bambini sfruttati per abuso sessuale. E un'altra forma di sfruttamento: uccidere bambini per togliere gli organi, il  traffico di organi. Uccidere i bambini per togliere gli organi è cupidigia. Per questo non so se lo faremo questo mondo senza poveri, perché il peccato c’è sempre e ci porta l’egoismo. Ma dobbiamo lottare, sempre, …sempre”.

 

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