26/12/2016, 12.21
VATICANO
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Papa: S. Stefano, anche oggi la Chiesa sperimenta dure persecuzioni fino alla suprema prova del martirio

All’Angelus di oggi, papa Francesco ricorda che il martirio “continua ad essere presente nella storia della Chiesa, da Stefano fino ai nostri giorni”. “Il mondo odia i cristiani per la stessa ragione per cui ha odiato Gesù”. Essere vicini anche con “il nostro pianto” a quanti subiscono oggi il martirio. I martiri di oggi “in numero maggiore rispetto a quelli dei primi secoli” e uccisi “con la stessa crudeltà”. Un momento di preghiera in silenzio per  le vittime dell’aereo russo precipitato nel Mar Nero.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Come ai tempi di santo Stefano, “anche oggi la Chiesa, per rendere testimonianza alla luce e alla verità, sperimenta in diversi luoghi dure persecuzioni, fino alla suprema prova del martirio”. È quanto papa Francesco ha detto ai pellegrini radunati in piazza san Pietro per la recita dell’Angelus nel giorno dopo il Natale, che la Chiesa consacra al ricordo del primo martire cristiano, santo Stefano.

“Quanti nostri fratelli e sorelle nella fede – ha continuato - subiscono soprusi, violenze e sono odiati a causa di Gesù!”. A braccio, il papa ha aggiunto: “Io vi dico una cosa: i martiri di oggi sono in numero maggiore rispetto a quelli dei primi secoli. Quando noi leggiamo la storia dei primi secoli qui a Roma, leggiamo tanta crudeltà verso i cristiani. Io vi dico: la stessa crudeltà c’è oggi e in numero maggiore contro i cristiani”.

“Oggi – ha continuato - vogliamo pensare a loro ed essere vicini a loro con il nostro affetto, la nostra preghiera e anche il nostro pianto. Ieri, giorno di Natale, i cristiani perseguitati nell’Iraq hanno celebrato nella loro cattedrale distrutta. È un esempio della fedeltà al Vangelo. Nonostante le prove e i pericoli, essi testimoniano con coraggio la loro appartenenza a Cristo e vivono il Vangelo impegnandosi a favore degli ultimi, dei più trascurati, facendo del bene a tutti senza distinzione; testimoniano la carità nella verità”.

Il “martirio – ha detto - … continua ad essere presente nella storia della Chiesa, da Stefano fino ai nostri giorni”.

“Il mondo – ha spiegato il pontefice - odia i cristiani per la stessa ragione per cui ha odiato Gesù, perché Lui ha portato la luce di Dio e il mondo preferisce le tenebre per nascondere le sue opere malvage. Per questo c’è opposizione tra la mentalità del Vangelo e quella mondana. Seguire Gesù vuol dire seguire la sua luce, che si è accesa nella notte di Betlemme, e abbandonare le tenebre del mondo”. E a braccio ha aggiunto: “Ricordiamo che Gesù stesso pregò il Padre per proteggerci dal cattivo spirito mondano”.

“Il protomartire Stefano, pieno di Spirito Santo, venne lapidato perché confessò la sua fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio. L’Unigenito che viene nel mondo invita ogni credente a scegliere la via della luce e della vita. È questo il significato profondo della sua venuta tra noi. Amando il Signore e obbedendo alla sua voce, il diacono Stefano ha scelto Cristo, Vita e Luce per ogni uomo. Scegliendo la verità, egli è diventato nello stesso tempo vittima del mistero dell’iniquità presente nel mondo. Ma in Cristo ha vinto!”.

“Nel fare spazio dentro il nostro cuore al Figlio di Dio che si dona a noi nel Natale – ha poi concluso - rinnoviamo la gioiosa e coraggiosa volontà di seguirlo fedelmente come unica guida, perseverando nel vivere secondo la mentalità evangelica e rifiutando la mentalità dei dominatori di questo mondo.

Alla Vergine Maria, Madre di Dio e Regina dei martiri, eleviamo la nostra preghiera, affinché ci guidi e ci sostenga sempre nel nostro cammino alla sequela di Gesù Cristo, che contempliamo nella grotta del presepe e che è il Testimone fedele di Dio Padre”.

Dopo la preghiera mariana, prima dei saluti, il pontefice ha ricordato la tragedia dell’aereo russo precipitato ieri nel Mar Nero e ha proposto un momento di preghiera silenziosa. Fra le vittime, ha detto, vi erano anche i membri dell’orchestra e del coro dell’esercito che una volta si è esibita anche in Vaticano, in occasione del 26mo anniversario del pontificato di san Giovanni Paolo II.

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