23/02/2020, 11.03
VATICANO-ITALIA
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Papa: Ricostruire i legami interrotti in questa ‘amata area del Mediterraneo’

All’incontro coi vescovi partecipanti al raduno su “Mediterraneo frontiera di pace”, papa Francesco spinge le Chiese all’annuncio e al lavoro per il bene comune. “Il Mediterraneo rimane una zona strategica, il cui equilibrio riflette i suoi effetti anche sulle altre parti del mondo”. La guerra “è un’autentica follia”. La “grande ipocrisia” dei Paesi che predicano la pace, ma poi vendono armi. I discorsi di leader di nuove forme di populismo, simili a quelli del tempo del nazismo. Esigere la libertà religiosa per i cristiani perseguitati e valorizzare la collaborazione fra gruppi di diverse religioni.

Bari (AsiaNews) – “Ecco l’opera che il Signore vi affida per questa amata area del Mediterraneo: ricostruire i legami che sono stati interrotti, rialzare le città distrutte dalla violenza, far fiorire un giardino laddove oggi ci sono terreni riarsi, infondere speranza a chi l’ha perduta ed esortare chi è chiuso in sé stesso a non temere il fratello”. Tratteggiando queste piste di lavoro e testimonianza, il papa Francesco ha concluso così il suo intervento nell’incontro avuto stamane nella basilica di san Nicola coi 58 vescovi e patriarchi legati al Mediterraneo, partecipanti al raduno dal tema “Mediterraneo frontiera di pace”, in corso a Bari dal 19 al 23 febbraio. Dopo un intervento introduttivo del card. Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza dei vescovi italiani e un breve discorso di mons. Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, prendendo la parola, il papa ha anzitutto elogiato la scelta di Bari come luogo dell’incontro, essendo la città un importante centro di rapporti “con il Medio Oriente come con il continente africano” e, grazie alla presenza delle reliquie di san Nicola, venerato dai cristiani ortodossi, un luogo dove è vivo “il dialogo ecumenico e interreligioso”.

Il “Mare nostrum”, ha detto Francesco “obbliga i popoli e le culture che vi si affacciano a una costante prossimità, invitandoli a fare memoria di ciò che li accomuna e a rammentare che solo vivendo nella concordia possono godere delle opportunità che questa regione offre dal punto di vista delle risorse, della bellezza del territorio, delle varie tradizioni umane… Il Mediterraneo rimane una zona strategica, il cui equilibrio riflette i suoi effetti anche sulle altre parti del mondo”. Allo stesso tempo, questo mare è “epicentro di profonde linee di rottura e di conflitti economici, religiosi, confessionali e politici” in cui i cristiani sono “chiamati a offrire la nostra testimonianza di unità e di pace”.

Il papa ha denunciato anzitutto la piaga della guerra: “L’annuncio del Vangelo non può disgiungersi dall’impegno per il bene comune e ci spinge ad agire come instancabili operatori di pace. Oggi l’area del Mediterraneo è insidiata da tanti focolai di instabilità e di guerra, sia nel Medio Oriente, sia in vari Stati del nord Africa, come pure tra diverse etnie o gruppi religiosi e confessionali; né possiamo dimenticare il conflitto ancora irrisolto tra israeliani e palestinesi, con il pericolo di soluzioni non eque e, quindi, foriere di nuove crisi”.

La guerra, ha aggiunto, “è un’autentica follia, perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche. È una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare: mai la guerra potrà essere scambiata per normalità o accettata come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti”.

Intervenendo a braccio, Francesco condanna gli Stati falsi predicatori di pace: “Vorrei aggiungere il grave peccato di ipocrisia: nei convegni internazionali i Paesi parlano di pace, ma poi vendono le armi. Questa si chiama la grande ipocrisia”.

Nell’impegno per la pace e il bene comune (“che è un altro nome della pace”), Francesco esalta l’attuazione della giustizia, il volontariato e le opere di carità. “A cosa serve – ha detto - una società che raggiunge sempre nuovi risultati tecnologici, ma che diventa meno solidale verso chi è nel bisogno?”.

Ritorna poi sul dovere di accoglienza dei migranti, in cui devono essere coinvolti non solo Chiese e governi dell’Europa, ma anche Chiese e governi dei luoghi di origine dei migranti, che “che con la partenza di tanti giovani vedono depauperarsi il loro futuro”.

Il papa stigmatizza l’indifferenza e la chiusura: “Si fa strada un senso di paura, che porta ad alzare le proprie difese davanti a quella che viene strumentalmente dipinta come un’invasione. La retorica dello scontro di civiltà serve solo a giustificare la violenza e ad alimentare l’odio. L’inadempienza o, comunque, la debolezza della politica e il settarismo sono cause di radicalismi e terrorismo. La comunità internazionale si è fermata agli interventi militari, mentre dovrebbe costruire istituzioni che garantiscano uguali opportunità e luoghi nei quali i cittadini abbiano la possibilità di farsi carico del bene comune”. E a braccio aggiunge: “A me fa paura quando ascolto qualche discorso di alcuni leader delle nuove forme di populismo e mi fa sentire discorsi che seminavano paura e odio nella decade del ’30 del secolo scorso”, con un chiaro riferimento al nazismo.

“Essere affacciati sul Mediterraneo rappresenta… una straordinaria potenzialità: non lasciamo che a causa di uno spirito nazionalistico, si diffonda la persuasione contraria, che cioè siano privilegiati gli Stati meno raggiungibili e geograficamente più isolati. Solamente il dialogo permette di incontrarsi, di superare pregiudizi e stereotipi, di raccontare e conoscere meglio sé stessi”.

Le piste che papa Francesco intravvede sono quelle del dialogo. Anzitutto, attraverso “un’accoglienza non superficiale, ma sincera e benevola, praticata da tutti e a tutti i livelli, sul piano quotidiano delle relazioni interpersonali come su quello politico e istituzionale, e promossa da chi fa cultura e ha una responsabilità più forte nei confronti dell’opinione pubblica”.

In secondo luogo vi è il dialogo interreligioso, a cui la Chiesa deve attendere con “una teologia dell’accoglienza e del dialogo, che reinterpreti e riproponga l’insegnamento biblico”, valorizzando i “semi di verità di cui anche gli altri sono depositari”.

Insieme, Francesco sottolinea l’importanza della libertà religiosa: “A nostra volta, fratelli, alziamo la voce per chiedere ai Governi la tutela delle minoranze e della libertà religiosa. La persecuzione di cui sono vittime soprattutto – ma non solo – le comunità cristiane è una ferita che lacera il nostro cuore e non ci può lasciare indifferenti”.

Ricordando poi il Documento sulla fratellanza umana, firmato ad Abu Dhabi, egli guarda soprattutto alla possibilità di collaborazione comune “tra i gruppi religiosi e le diverse comunità, in modo che il confronto sia animato da intenti comuni e si accompagni a un impegno fattivo. Quanti insieme si sporcano le mani per costruire la pace e praticare l’accoglienza, non potranno più combattersi per motivi di fede, ma percorreranno le vie del confronto rispettoso, della solidarietà reciproca, della ricerca dell’unità”.

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