08/12/2020, 12.37
VATICANO
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Papa: Implorare san Giuseppe, patrono della Chiesa universale

Papa Francesco pubblica la Lettera apostolica “Patris corde” a 150 anni dalla dichiarazione di san Giuseppe come “patrono della Chiesa universale” da parte di Pio IX, “mosso dalle gravi e luttuose circostanze in cui versava una Chiesa insidiata dall’ostilità degli uomini”. La sua figura è importante in questo tempo di pandemia, dove “persone comuni” vivono con “pazienza” e offrono “speranza”. Un decreto per l’indulgenza plenaria durante l’Anno di san Giuseppe.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Implorare san Giuseppe” per ottenere da lui la grazia della conversione, e celebrarlo come “patrono della Chiesa universale” a 150 anni dalla dichiarazione di questo titolo da parte di Pio IX. È il motivo principale che ha spinto papa Francesco a pubblicare oggi, data precisa del 150mo anniversario, una Lettera apostolica dal titolo “Patris corde” (cuore di padre), tutta dedicata al “padre putativo” di Gesù. Allo stesso tempo, è stato pubblicato un decreto con cui si stabilisce una speciale indulgenza plenaria per tutti coloro che celebreranno l’anniversario “nelle occasioni e con le modalità” indicate dalla Penitenzieria Apostolica.

Il decreto sull’indulgenza spiega che Pio IX ha conferito a san Giuseppe il titolo di “patrono della Chiesa universale”, “mosso dalle gravi e luttuose circostanze in cui versava una Chiesa insidiata dall’ostilità degli uomini”. La Lettera di Francesco ricorda il “ruolo centrale” di Giuseppe “nella storia della salvezza”, tanto che “dopo Maria, Madre di Dio, nessun Santo occupa tanto spazio nel Magistero pontificio quanto Giuseppe, suo sposo”. Ed elenca: “il Beato Pio IX lo ha dichiarato «Patrono della Chiesa Cattolica», il Venerabile Pio XII lo ha presentato quale “Patrono dei lavoratori” e San Giovanni Paolo II come «Custode del Redentore». Il popolo lo invoca come «patrono della buona morte»”.

Uno dei motivi più pressanti che hanno spinto papa Francesco a pubblicare la Lettera è che la sua figura è “tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi”. Egli sottolinea che in questo tempo di pandemia “le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste…: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo… Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti”.

San Giuseppe è il modello per eccellenza di questo discreto servire: “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. San Giuseppe ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in ‘seconda linea’ hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”.

Nella Lettera seguono poi diversi capitoli dedicati a vari aspetti della figura del santo: “Padre amato”, “Padre nella tenerezza”, “Padre nell’obbedienza”, “Padre nell’accoglienza”, “Padre dal coraggio creativo”, “Padre lavoratore”, “Padre nell’ombra”. Quest’ultimo appellativo è forse fra i più urgenti.

“Il mondo – afferma Francesco - ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione”.

“Essere padri – specifica - significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso”.

La Lettera è un vero e proprio testo di meditazione. Alla fine, Francesco suggerisce una preghiera da rivolgere a san Giuseppe:

Salve, custode del Redentore,
e sposo della Vergine Maria.
A te Dio affidò il suo Figlio;
in te Maria ripose la sua fiducia; con te Cristo diventò uomo.

O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per noi, e guidaci nel cammino della vita.
Ottienici grazia, misericordia e coraggio,
e difendici da ogni male. Amen.

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