25/10/2023, 10.29
VATICANO
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Papa: Dio è libero e liberante. E rinnova l'invito alla preghiera del 27 ottobre per la pace

All'udienza generale una riflessione sui santi Cirillo e Metodio, gli apostoli degli slavi, come grande esempio dell'inculturazione della fede come via alla missione. Nuovo appello per la liberazione degli ostaggi e l'ingresso degli aiuti umanitari a Gaza: "Continuo a pregare per chi soffre e a sperare in percorsi di pace". Il rappresentante della Santa Sede all'Onu mons. Caccia: "Nonostante la via del dialogo oggi appaia stretta, è l'unica opzione possibile per porre fine alla violenza".

Città del Vaticano (AsiaNews) - Il pensiero fisso alla guerra a Gaza e in Israele, come a tutti gli altri conflitti che insanguinano il mondo. Ma anche la riflessione sulla forza liberante del Vangelo, capace di trasformare dal di dentro i popoli e le culture. Sono i due elementi che oggi hanno scandito l’udienza generale tenuta da papa Francesco in piazza San Pietro.

Proseguendo il ciclo di catechesi sullo zelo nell’evangelizzazione il pontefice ha ripercorso la storia dei santi Cirillo e Metodio, “gli apostoli degli slavi”. “Nati in Grecia nel IX secolo da famiglia aristocratica – ha ricordato - rinunciano alla carriera politica per dedicarsi alla vita monastica. Ma il loro sogno di un’esistenza ritirata dura poco. Vengono inviati come missionari nella Grande Moravia, che all’epoca comprendeva vari popoli, già in parte evangelizzati, ma presso i quali sopravvivevano molti costumi e tradizioni pagani”.
Cirillo e Metodio studiarono a fondo la cultura di quei popoli e capirono che per un incontro vero con il Vangelo occorreva dare alla loro lingua un alfabeto, che permettesse di tradurre la Bibbia e i testi liturgici. Fu un grande esempio di inculturazione della fede: “Pensate – ha sottolineato Francesco - due monaci greci che danno un alfabeto agli Slavi. È questa apertura di cuore che ha radicato il Vangelo tra di loro”.

Non mancarono i contrasti da parte di alcuni latini, che si vedevano sottrarre il monopolio della predicazione tra gli slavi. La loro obiezione è religiosa – ha commentato il pontefice -, ma solo in apparenza: Dio può essere lodato – dicono – solo nelle tre lingue scritte sulla croce, l’ebraico, il greco e il latino. Ma Cirillo risponde con forza: Dio vuole che ogni popolo lo lodi nella propria lingua. Insieme al fratello Metodio si appella al Papa e questi approva i loro testi liturgici in lingua slava, li fa collocare sull’altare della chiesa di Santa Maria Maggiore e canta con loro le lodi del Signore secondo quei libri”.

Guardando alla testimonianza di questi due evangelizzatori, che San Giovanni Paolo II ha voluto compatroni d’Europa, Francesco ha invitato a riflettere su “tre aspetti importanti”. “Anzitutto, l’unità: i greci, il papa, gli Slavi. A quel tempo c’era in Europa una cristianità non divisa, che collaborava per evangelizzare”. Poi “l’inculturazione: evangelizzazione e cultura sono strettamente connesse”. Ma un ultimo aspetto è anche la libertà. “Mi piace notare – ha osservato ancora Francesco - come il papa in quelle circostanze sia stato dalla parte della libertà evangelica, appoggiando quei coraggiosi missionari. Il ministero petrino si mostra qui a servizio di un Vangelo che non accetta di essere blindato, ma che si apre al futuro di Dio: che valorizza quanto lo Spirito ha già seminato e non si identifica con le forme del passato. Dio è libero e liberante”. “Fratelli e sorelle – ha concluso il papa - chiediamo ai Santi Cirillo e Metodio, apostoli degli Slavi, di essere strumenti di ‘libertà nella carità’ per gli altri”.

Salutando poi i gruppi di pellegrini presenti il papa è tornato a parlare della guerra: “Penso sempre alla grave situazione di Palestina e Israele. Incoraggio il rilascio degli ostaggi e l’ingresso aiuti umanitari a Gaza – ha detto -. Continuo a pregare per chi soffre e a sperare in percorsi di pace in Medio Oriente, nella martoriata Ucraina e nelle altre regioni ferite dalla guerra”. A questo proposito ha ricordato l’appuntamento della giornata di digiuno, preghiera e penitenza indetta per venerdì 27 ottobre, durante la quale alle 18 presiederà lui stesso una celebrazione nella basilica di San Pietro “per implorare la pace nel mondo”.

Ieri intanto il rappresentante permanente della Santa Sede all’Onu, mons. Gabriele Caccia, ha fatto risuonare gli appelli del papa per la pace in Medio Oriente anche al Palazzo di Vetro di New York. In una dichiarazione durante il dibattito sulla situazione di Gaza e del sud di Israele ha citato i tre punti intorno a cui ruotano gli interventi di Francesco in questi giorni: la condanna dell’attacco terroristico perpetrato da Hamas, con la richiesta del rilascio di tutti gli ostaggi; il richiamo nell’esercizio del diritto di difesa alla necessità che le colpe individuali non siano addossate a un intero popolo; la preoccupazione per il disastro umanitario provocato dalla guerra a Gaza.

“In mezzo all'escalation di violenza – ha concluso mons. Caccia - è imperativo che le autorità dello Stato di Israele e dello Stato di Palestina dimostrino l'audacia di rinnovare il loro impegno verso una pace basata sulla giustizia e sul rispetto delle legittime aspirazioni di entrambe le parti. Nonostante la via del dialogo oggi appaia stretta, è l'unica opzione possibile per porre fine in modo duraturo alla spirale di violenza che ha inghiottito quella terra, così cara a cristiani, ebrei e musulmani. La Santa Sede - ha concluso - rimane convinta che la soluzione dei due Stati offra ancora una speranza per questa pace”.

 

 

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