Papa: "Dio è amore". Nuovo appello per la fine del conflitto in Medio Oriente
A termine dell'incontro di catechesi Benedetto XVI ha affermato che un cessate-il-fuoco "è possibile" se prevalgano "la ragione, la buona volontà, la fiducia nell'altro, l'attuazione degli impegni assunti, la cooperazione fra partners responsabili". La catechesi incentrata sull'apostolo Giovanni e sull'amore di Dio, elemento peculiare del cristianesimo.
Città del Vaticano (AsiaNews) Citando Paolo VI e Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha rinnovato oggi il suo appello per la pace in Medio oriente, alla fine della sua catechesi settimanale tenuta nell'aula Paolo VI. "Cari fratelli e sorelle ha detto il papa - il mio accorato pensiero va ancora una volta all'amata regione del Medio Oriente. In riferimento al tragico conflitto in corso ripropongo le parole di Papa Paolo VI all'ONU, nell'ottobre del 1965: "Non più gli uni contro gli altri, non più, giammai! ... Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani". Di fronte agli sforzi in atto per giungere finalmente al cessate-il-fuoco e ad una soluzione giusta e duratura del conflitto ripeto, con l'immediato mio Predecessore Giovanni Paolo II, che è possibile cambiare il corso degli avvenimenti quando prevalgono la ragione, la buona volontà, la fiducia nell'altro, l'attuazione degli impegni assunti e la cooperazione fra partners responsabili (cfr Discorso al Corpo Diplomatico, 13 gennaio 2003). A tutti rinnovo l'esortazione ad intensificare la preghiera per ottenere il desiderato dono della pace".
Benedetto XVI è giunto stamane in elicottero dalla residenza estiva di Castel Gandolfo. Nell'aula Paolo VI, gremita di pellegrini da tutto il mondo, il pontefice ha continuato la sua analisi delle figure degli apostoli, dedicando la catechesi di oggi al contenuto degli scritti di Giovanni, il vangelo e le lettere, il cui "argomento caratteristico è l'amore". "Non a caso ha aggiunto - ho voluto iniziare la mia prima Lettera enciclica con le parole di questo Apostolo: "Dio è amore (Deus caritas est); chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1 Gv 4,16). E' molto difficile trovare testi del genere in altre religioni. E dunque tali espressioni ci mettono di fronte ad un dato davvero peculiare del cristianesimo".
Partendo non da "una trattazione astratta", ma da un'esperienza viva dell'amore, in riferimento diretto, concreto e persino verificabile a persone reali", Giovanni mostra le componenti dell'amore cristiano che il papa riassume in 3 punti:
"Il primo ha spiegato il pontefice - riguarda la Fonte stessa dell'amore, che l'Apostolo colloca in Dio, arrivando ad affermare che 'Dio è amore' (1 Gv 4,8.16). Giovanni è l'unico autore del Nuovo Testamento a darci delle definizioni di Dio. Egli dice, ad esempio, che 'Dio è Spirito' (Gv 4,24) o che 'Dio è luce' (1 Gv 1,5). Qui proclama con folgorante intuizione che 'Dio è amore'. Si noti bene: non viene affermato semplicemente che 'Dio ama' e tanto meno che 'l'amore è Dio'! In altre parole: Giovanni non si limita a descrivere l'agire divino, ma procede fino alle sue radici. Inoltre, non intende attribuire una qualità divina a un amore generico e magari impersonale; non sale dall'amore a Dio, ma si volge direttamente a Dio per definire la sua natura con la dimensione infinita dell'amore. Con ciò Giovanni vuol dire che il costitutivo essenziale di Dio è l'amore e quindi tutta l'attività di Dio nasce dall'amore ed è improntata all'amore: tutto ciò che Dio fa, lo fa per amore e con amore".
Il secondo punto ha proseguito il papa è che Dio, nel suo amore, "non si è limitato alle dichiarazioni verbali, ma si è impegnato davvero e ha 'pagato' in prima persona. Come appunto scrive Giovanni, 'Dio ha tanto amato il mondo (cioè: tutti noi) da donare il suo Figlio unigenito' (Gv 3,16). Ormai, l'amore di Dio per gli uomini si concretizza e manifesta nell'amore di Gesù stesso. Ancora Giovanni scrive: Gesù 'avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine' (Gv 13,1). In virtù di questo amore oblativo e totale noi siamo radicalmente riscattati dal peccato, come ancora scrive l'Apostolo: 'Figlioli miei, ... se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. Egli è propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo' (1 Gv 2,1-2; cfr 1 Gv 1,7). Ecco fin dove è giunto l'amore di Gesù per noi: fino all'effusione del proprio sangue per la nostra salvezza! Il cristiano, sostando in contemplazione dinanzi a questo 'eccesso' di amore, non può non domandarsi quale sia la doverosa risposta".
Il terzo momento della "dinamica dell'amore" è quello in cui "da destinatari recettivi di un amore che ci precede e sovrasta, siamo chiamati all'impegno di una risposta attiva, che per essere adeguata non può essere che una risposta d'amore. Giovanni parla di un 'comandamento'. Egli riferisce infatti queste parole di Gesù: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Dove sta la novità a cui Gesù si riferisce? Sta nel fatto che egli non si accontenta di ripetere ciò che era già richiesto nell'Antico Testamento e che leggiamo anche negli altri Vangeli: 'Ama il prossimo tuo come te stesso' (Lv 19,18; cfr Mt 22,37-39; Mc 12,29-31; Lc 10,27). Nell'antico precetto il criterio normativo era desunto dall'uomo ("come te stesso"), mentre nel precetto riferito da Giovanni Gesù presenta come motivo e norma del nostro amore la sua stessa persona. E' così che l'amore diventa davvero cristiano: sia nel senso che esso deve essere indirizzato verso tutti senza distinzioni, sia soprattutto in quanto deve pervenire fino alle estreme conseguenze, non avendo altra misura che l'essere senza misura. Quelle parole di Gesù, 'come io vi ho amati', ci invitano e insieme ci inquietano; sono una meta cristologica che può apparire irraggiungibile, ma al tempo stesso sono uno stimolo che non ci permette di adagiarci su quanto abbiamo potuto realizzare".