Papa: Colombia, apri il tuo cuore di popolo di Dio e lasciati riconciliare
Al Parque Las Malocas, alla presenza di vittime della violenza, militari, agenti di polizia e ex guerriglieri, papa Francesco celebra il Grande Incontro per la Riconciliazione Nazionale. Le testimonianze di alcune vittime e due ex guerriglieri. La Colombia “terra santa” perché “irrigata con il sangue di migliaia di vittime innocenti e col dolore lacerante dei loro familiari e conoscenti”.
Villavicencio (AsiaNews) - “Colombia, apri il tuo cuore di popolo di Dio e lasciati riconciliare. Non temere la verità né la giustizia. Cari colombiani: non abbiate timore di chiedere e di offrire il perdono”: è l’invito che papa Francesco ha fatto a tutto il popolo colombiano nel pomeriggio di oggi al Parque Las Malocas durante il Grande Incontro per la Riconciliazione Nazionale. Insieme ai vescovi sono presenti alcune vittime della violenza, militari, agenti di polizia e ex guerriglieri.
Il raduno è il culmine di questo viaggio del papa, che vuole spingere a “fare il primo passo” per la riconciliazione nel Paese che dopo decenni di guerra e centinaia di migliaia di vittime, comincia a vedere qualche segno di pace.
Prima del discorso di Francesco, vi sono state alcune danze per rappresentare il salmo 85 (“misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno”) e le testimonianze di due ex guerriglieri, Juan Carlos e Deisy, che hanno abbandonato le Farc e il gruppo di Autodifesa unita e ora lavorano per il recupero dei giovani dalla droga e dalla militanza. A loro sono seguite le testimonianze di due vittime della violenza, Pastora Mira García e Luz Dary, impegnate nella riabilitazione delle persone segnate da disordini psicologici e dalle ferite fisiche causate dagli attentati.
Il papa ha seguito con profonda attenzione le loro testimonianze e ha detto che “fin dal primo giorno ho desiderato che venisse questo momento del nostro incontro… Io sono qui non tanto per parlare ma per stare vicino a voi e guardarvi negli occhi, per ascoltarvi e aprire il mio cuore alla vostra testimonianza di vita e di fede”.
Francesco ha definito la Colombia “una terra santa”, “una terra irrigata con il sangue di migliaia di vittime innocenti e col dolore lacerante dei loro familiari e conoscenti”. Tale santità è sottolineata dalla presenza del Cristo di Bojayá, una statua del crocefisso senza braccia, né gambe, mutilato e annerito dagli esplosivi scoppiati nella chiesa il 2 maggio 2002, che hanno ucciso decine di fedeli.
“Vedere Cristo così - commenta Francesco - mutilato e ferito, ci interpella. Non ha più braccia e il suo corpo non c’è più, ma conserva il suo volto e con esso ci guarda e ci ama. Cristo spezzato e amputato, per noi è ancora 'più Cristo', perché ci mostra ancora una volta che è venuto a soffrire per il suo popolo e con il suo popolo; e anche ad insegnarci che l’odio non ha l’ultima parola, che l’amore è più forte della morte e della violenza. Ci insegna a trasformare il dolore in fonte di vita e risurrezione, affinché insieme a Lui e con Lui impariamo la forza del perdono, la grandezza dell’amore”.
Riferendosi poi alle testimonianze ascoltate, egli ha detto: “Sono storie di sofferenza e di amarezza, ma anche, e soprattutto, storie di amore e di perdono che ci parlano di vita e di speranza, di non lasciare che l’odio, la vendetta e il dolore si impadroniscano del nostro cuore”.
Citando le parole di Pastora Mira e rivolgendosi a lei, egli ha aggiunto: “la violenza genera altra violenza, l’odio altro odio, e la morte altra morte. Dobbiamo spezzare questa catena che appare ineluttabile, e ciò è possibile soltanto con il perdono e la riconciliazione. E tu, cara Pastora, e tanti altri come te, ci avete dimostrato che è possibile… È il Crocifisso di Bojará che ti ha dato la forza di perdonare e di amare”.
Rivolgendosi poi a Luz Dary, che ha regalato al papa una sua stampella (l’altra l’ha donata a una persona che ne aveva bisogno), Francesco ha commentato: “Questa tua stampella è un simbolo di quell’altra stampelle più importante, di cui tutti abbiamo bisogno, che è l’amore e il perdono. Col tuo amore e il tuo perdono stai aiutando tante persone a camminare nella vita”.
Il pontefice ha poi commentato la “testimonianza eloquente di Deisy e Juan Carlos”, i due ex guerriglieri. Essi “ci hanno fatto comprendere che tutti, alla fine, in un modo o nell’altro, siamo vittime, innocenti o colpevoli, ma tutti vittime. Tutti accomunati in questa perdita di umanità che la violenza e la morte comportano”. E ricordando il loro impegno presente a favore dei giovani, ha aggiunto: “C’è speranza anche per chi ha fatto il male; non tutto è perduto. È certo che in questa rigenerazione morale e spirituale dei carnefici la giustizia deve compiersi”.
“Risulta difficile accettare il cambiamento di quanti si sono appellati alla violenza crudele per promuovere i loro fini, per proteggere traffici illeciti e arricchirsi o per credere, illusoriamente, di stare difendendo la vita dei propri fratelli. Sicuramente è una sfida per ciascuno di noi avere fiducia che possano fare un passo avanti coloro che hanno procurato sofferenza a intere comunità e a tutto un paese. È chiaro che in questo grande campo che è la Colombia c’è ancora spazio per la zizzania... Fate attenzione ai frutti: abbiate cura del grano e non perdete la pace a causa della zizzania”.
Per la riconciliazione è necessaria anche la verità. Il papa cita Juan Carlos, che ha sottolineato questo aspetto: “Come ha lasciato intravedere nella sua testimonianza Juan Carlos, in tutto questo processo, lungo, difficile, ma ricco di speranza di riconciliazione, risulta anche indispensabile accettare la verità… La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono. Verità è raccontare alle famiglie distrutte dal dolore quello che è successo ai loro parenti scomparsi. Verità è confessare che cosa è successo ai minori reclutati dagli operatori di violenza. Verità è riconoscere il dolore delle donne vittime di violenza e di abusi”.
“Colombia - ha concluso - apri il tuo cuore di popolo di Dio e lasciati riconciliare. Non temere la verità né la giustizia. Cari colombiani: non abbiate timore di chiedere e di offrire il perdono. Non fate resistenza alla riconciliazione che vi fa avvicinare, ritrovare come fratelli e superare le inimicizie. È ora di sanare ferite, di gettare ponti, di limare differenze. È l’ora di spegnere gli odi, rinunciare alle vendette e aprirsi alla convivenza basata sulla giustizia, sulla verità e sulla creazione di un’autentica cultura dell’incontro fraterno. Che possiamo abitare in armonia e fraternità, come vuole il Signore! Chiediamo di essere costruttori di pace; che là dove c’è odio e risentimento, possiamo mettere amore e misericordia”.
Francesco ha voluto “porre tutte queste intenzioni davanti all’immagine del Crocifisso, al Cristo nero di Bojará”. Il Grande incontro è terminato con una preghiera attribuita a san Francesco (“Signore fammi strumento della tua pace”) e con il saluto di alcuni bambini.
Il pontefice si è poi diretto in auto al Parque de los Fundadores dove si trova la Croce della Riconciliazione, con un Cristo squarciato cche ricorda il Crocifisso di Bojayá. E ha anche piantato un albero a ricordo, aiutato da due bambine.
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