Papa: Chiesa senza catene, accogliente e in uscita come Pietro e Paolo
Dedicata al percorso sinodale l'omelia nella Messa nella basilica vaticana per la solennità dei due apostoli nel corso della quale Francesco ha benedetto i palli per 44 arcivescovi nominati nell'ultimo anno. All'Angelus la preghiera per le vittime della guerra in Ucraina colpite nel centro commerciale di Kremenchuck. Presentato il logo del Giubileo 2025 che avrà come motto “Pellegrini di speranza”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Una Chiesa “senza catene e senza muri, in cui ciascuno possa sentirsi accolto e accompagnato”. Nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, durante la celebrazione eucaristica nella basilica vaticana durante la quale ha benedetto i palli di 44 arcivescovi metropoliti nominati durante l’anno, papa Francesco ha indicato l’icona di Pietro che “libero e umile” si scuote dalle catene come prospettiva del percorso sinodale che sta coinvolgendo la Chiesa cattolica in tutto il mondo.
Nell’omelia, Francesco ha posto l’accento su due momenti della vita degli apostoli: Pietro, fatto incarcerare dal re Erode, che riceve l’esortazione dell’angelo ad alzarsi “in fretta” (At 12,7) e Paolo che, riassumendo tutta la sua vita e il suo apostolato, dice: “Ho combattuto la buona battaglia” (2 Tm 4,7). Come Chiesa - ha commentato - “siamo spesso incatenati come Pietro nella prigione dell’abitudine, spaventati dai cambiamenti e legati alla catena delle nostre consuetudini”. Così, però, ammonisce il Papa, “si scivola nella mediocrità spirituale” e si finisce per scadere “nel cristianesimo clericale, cristianesimo formalista, cristianesimo spento e indurito”.
“Il Sinodo che stiamo celebrando ci chiama a diventare una Chiesa che si alza in piedi, non ripiegata su se stessa - ha proseguito -, capace di spingere lo sguardo oltre, di uscire dalle proprie prigioni per andare incontro al mondo. Una Chiesa in cui si coltivino l’arte dell’ascolto, del dialogo, della partecipazione, sotto l’unica autorità dello Spirito Santo”. Francesco ha parlato di una “Chiesa libera e umile, che “si alza in fretta”, che non temporeggia, non accumula ritardi sulle sfide dell’oggi, non si attarda nei recinti sacri, ma si lascia animare dalla passione per l’annuncio del Vangelo e dal desiderio di raggiungere tutti e accogliere tutti”. Se a volte la Chiesa ha lasciato le porte aperte “per condannare e per congedare e non per accogliere”, questo invece è “il tempo dell’accoglienza”.
Tornando sulle parole di Paolo che dice di aver combattuto la buona battaglia, il pontefice ha spiegato che l’apostolo chiede poi a Timoteo e ai fratelli della comunità di continuare l’opera dell’annuncio del Vangelo e di fare ognuno la sua parte. Cosa posso fare io per la Chiesa? “Non lamentarsi della Chiesa, ma impegnarsi per la Chiesa, partecipare con passione e umiltà”, ha risposto il papa. “Chiesa sinodale significa: tutti partecipano, nessuno al posto degli altri o al di sopra degli altri”.
Cosa possiamo fare insieme, come Chiesa, per rendere il mondo in cui viviamo più umano, più giusto, più solidale? “Non dobbiamo certamente chiuderci nei nostri circoli ecclesiali e inchiodarci a certe nostre discussioni sterili, ma aiutarci ad essere lievito nella pasta del mondo”, ha risposto Francesco. Superando “il clericalismo, che è una perversione”, si dovrà puntare a “essere una Chiesa che promuove la cultura della cura, la compassione verso i deboli e la lotta contro ogni forma di degrado, anche quello delle nostre città e dei luoghi che frequentiamo, perché risplenda nella vita di ciascuno la gioia del Vangelo: questa è la nostra buona battaglia”.
Ai 44 arcivescovi metropoliti di recente nomina il papa ha detto che sono chiamati anche loro ad “alzarsi in fretta” per essere sentinelle vigilanti del gregge e a “combattere la buona battaglia”, mai da soli, ma con tutto il santo Popolo fedele di Dio. Il papa ha voluto anche offrire parole di ringraziamento per la presenza di una delegazione del Patriarcato Ecumenico “inviata dal caro fratello Bartolomeo”. “Camminiamo insieme - ha detto - perché solo insieme possiamo essere seme di Vangelo e testimoni di fraternità”.
Affacciandosi poi su piazza San Pietro per la preghiera dell’Angelus, non ha mancato di ricordare ancora una volta a tutti le sofferenze causate dalla guerra. “Porto ogni giorno nel cuore la cara e martoriata Ucraina che continua a essere colpita da barbari attacchi, come quello che ha colpito il centro commerciale di Kremenchuck – ha detto -. Prego che questa folle guerra possa vedere presto la fine e che possiamo perseverare senza stancarci nella preghiera per la pace. Che il Signore apra quelle vie di dialogo che gli uomini non vogliono o non riescono a trovare e non trascurino di soccorrere la popolazione ucraina tanto sofferente”.
Davanti a gruppi di pellegrini che hanno tentato di ripararsi con ombrelli e cappelli dal sole cocente e dal caldo intenso di Roma, Francesco ha ricordato gli incendi di questi giorni a Roma e la siccità che sta causando seri danni alle attività produttive e all’ambiente. La situazione odierna - ha detto - deve farci riflettere “sulla tutela del Creato che è responsabilità nostra, di ciascuno di noi”: “Non è una moda: è una responsabilità. Il futuro della terra è nelle nostre mani”. Il pontefice ha menzionato poi la nascita del nuovo mensile dell’Osservatore Romano, l’Osservatore di strada, il cui primo numero è stato distribuito oggi gratuitamente in piazza e che vedrà diventare protagonisti i poveri e gli emarginati di Roma.
Ieri intanto in Vaticano sono stati annunciati anche il motto e il logo del Giubileo del 2025: le parole “Pellegrini di speranza” si accompagnano a un logo che reca l'immagine di quattro figure stilizzate: indicano l’umanità proveniente dai quattro angoli della terra, l’una abbracciata all’altra, simbolo di solidarietà e fratellanza che devono accomunare i popoli. L’apri-fila è aggrappato alla croce, segno della fede e della speranza, a cui tenersi ben saldi nel momento della prova.
Foto: Vatican Media