10/12/2006, 00.00
VATICANO
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Papa: “urgenti soluzioni pacifiche” per il Medio Oriente ed il Libano

Benedetto XVI chiede ai responsabili politici del Paese dei Cedri di preoccuparsi solo del bene del Libano. Stamattina ha compiuto la sua prima dedicazione di una nuova chiesa, avvenimento che assume particolare significato simbolico nel tempo di Avvento.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Trovare “urgenti soluzioni pacifiche” per il Medio Oriente ed in particolare per il Libano. Esprimendo condivisione per le preoccupazioni espresse dal patriarca maronita Nasrallah Sfeir, Benedetto XVI è tornato oggi a richiamare le responsabilità della comunità internazionale ad impegnarsi per la pace ed a ricordare alle componenti politiche libanenesi il dovere di “di avere a cuore esclusivamente il bene del Paese e l’armonia tra le sue comunità”. In questa domenica d’Avvento, ai 40mila fedeli presenti alla recita dell’Angelus, in una piazza San Pietro ove sono già poste le strutture per la costruzione del presepio e si attende l’arrivo dell’albero di Natale, il Papa si è anche soffermato sul tempo nel quale ci si deve impegnare a “costruire la ‘dimora di Dio con gli uomini’”.

“Seguo con viva preoccupazione – ha detto dopo la recita della preghiera mariana - quanto sta accadendo in Medio Oriente, dove a spiragli di soluzione delle crisi che travagliano la regione si alternano tensioni e difficoltà che fanno temere nuove violenze. Una speciale menzione – ha proseguito - merita il Libano, sul cui suolo, oggi come ieri, sono chiamati a ‘vivere insieme uomini differenti sul piano culturale e religioso, per edificare una nazione di ‘dialogo e di convivenza’ e per concorrere al bene comune’(Esortazione Ap.post-sinodale, Unanuova speranza per il Libano, n. 119). Condivido perciò, di fronte ai recenti avvenimenti, le forti apprensioni espresse dal Patriarca, Sua Beatitudine il cardinale Nasrallah Boutros Sfeir, e dai vescovi maroniti nel comunicato che hanno reso pubblico mercoledì scorso. Insieme a loro, chiedo ai libanesi e ai loro responsabili politici di avere a cuore esclusivamente il bene del Paese e l’armonia tra le sue comunità, ispirando il loro impegno a quell’unità che è responsabilità di tutti e di ciascuno e richiede sforzi pazienti e perseveranti, insieme a un dialogo fiducioso e permanente (cfr ibid. n. 120). Auspico anche che la Comunità internazionale aiuti ad individuare le urgenti soluzioni pacifiche ed eque necessarie per il Libano e per l’intero Medio Oriente, mentre invito tutti alla preghiera in questo grave momento”.

Prima dell’Angelus, Benedetto XVI aveva parlato ai presenti dell’inaugurazione che ha compiuto questa mattina della nuova chiesa di Santa Maria, Stella dell’Evangelizzazione, nella periferia meridionale di Roma, “un avvenimento che, pur riguardando di per sé quel quartiere, acquista un significato simbolico all’interno del tempo liturgico dell’Avvento, mentre ci prepariamo a celebrare il Natale del Signore. In questi giorni – ha spiegato - la liturgia ci ricorda costantemente che “Dio viene” a visitare il suo popolo, per dimorare in mezzo agli uomini e formare con loro una comunione di amore e di vita, cioè una famiglia”. Stamattina, nel corso della “dedicazione” della nuova chiesa, la prima compiuta da quando è papa, Benedetto XVI ha definito una nuova chiesa, “un edificio in cui Dio e l'uomo vogliono incontrarsi; una casa che ci riunisce, in cui si è attratti verso Dio”. “Soprattutto nel nostro contesto sociale largamente secolarizzato – ha aggiunto - la parrocchia è un faro che irradia la luce della fede e viene incontro così ai desideri più profondi e veri del cuore dell’uomo, dando significato e speranza alla vita delle persone e delle famiglie”.

Prendendo poi spunto dala vicenda biblica della riedificazione del popolo di Israele, dopo il ritorno dall'esilio, ha messo in luce che “dopo il grande ottimismo del rimpatrio, il popolo si vede davanti a un paese deserto. Come riedificarlo? La ricostruzione esterna non può progredire, se prima non viene ricostituito il popolo stesso come popolo – se non diventa operante un criterio comune di legalità e di giustizia che unisca tutti e regoli la vita e l’attività di ciascuno. Il popolo ritornato ha bisogno, per così dire, di una "costituzione", di una legge fondamentale per la sua vita. E sa che questa costituzione, che in definitiva deve portare alla giustizia, non può essere frutto di una sua autonoma invenzione. La vera giustizia non può essere inventata dall'uomo: essa deve piuttosto essere scoperta. Deve venire da Dio. La Parola di Dio riedifica la città”.

“L'edificio della chiesa – ha detto ancora - esiste perché la Parola di Dio possa essere ascoltata, spiegata e compresa in mezzo a noi; esiste, perché la Parola di Dio operi fra noi come forza che crea giustizia ed amore. Esiste, in particolare, perché in esso possa cominciare la festa a cui Dio vuol far partecipare l'umanità non solo alla fine dei tempi ma già ora. Esiste, perché venga destata in noi la conoscenza del giusto e del bene. Esiste, perché noi impariamo a vivere la gioia del Signore che è la nostra forza. Preghiamo il Signore – ha concluso - di renderci lieti della sua Parola; di renderci lieti della fede, perché questa gioia rinnovi noi stessi e il mondo!”.  

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