Papa: “riconosciamo che non siamo autosufficienti, ma abbiamo bisogno di Dio”
Continuando la sua riflessione su “come pregava Gesù”, all’udienza generale Benedetto XVI illustra l’“inno di giubilo”. Dio si rivela ai “piccoli”, rifiutando la logica terrena nella quale sono i ricchi e i colti coloro che possiedono le cose importanti e le trasmettono ai poveri. I “puri di cuore” delle Beatitudini.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Come Gesù, anche noi possiamo rivolgerci a Dio chiamandolo “Padre”, ma “dobbiamo avere il cuore dei ‘piccoli’ per riconoscere che non siamo autosufficienti, ma abbiamo bisogno di Dio”, per “compiere la volontà del Padre e trovare così ristoro nelle fatiche della nostra vita”. E’ l’insegnamento che Benedetto XVI trae dalla lettura dell’“inno di giubilo”, l’”inno messianico”, la preghiera di Gesù alla quale ha dedicato la sua riflessione per l’udienza generale.
Continuando a presentare “come pregava Gesù”, il Papa ha oggi illustrato alle quattromila persone presenti nell’aula Paolo VI, in Vaticano, la “preghiera di ringraziamento e di lode” della quale raccontano Matteo e Luca.
In essa Gesù condivide la scelta del Padre che ha deciso di rivelarsi ai “piccoli”. Così,“la logica terrena per la quale sono i ricchi e i colti coloro che possiedono le cose importanti e le trasmettono ai piccoli e ai poveri” non è la logica di Dio, la rivelazione divina non avviene secondo questa logica terrena. E Gesù, accogliendo pienamente la volontà del Padre e condividendola, fa dei “piccoli i veri e primi destinatari del suo messaggio”. Gesù “riconosce fino in fondo l'agire del Padre, è d'accordo col suo modo di agire e aderisce al suo progetto”. Nell’inno “emerge la profondità e l’intima comunione di Gesù con il Padre”.
“Ogni conoscenza tra persone - ha osservato Benedetto XVI - comporta un coinvolgimento, un qualche legame interiore tra chi conosce e chi è conosciuto, non si può conoscere senza la comunione dell'essere”. E la “vera conoscenza di Dio”, passa attraverso “l'intima comunione con il Figlio”. E nel rivolgersi di Gesù a Dio chiamandolo “Padre” c’è “la coscienza di Gesù di essere il Figlio. E’ il punto centrale di ogni preghiera di Gesù”. Essa “mostra che la vera conoscenza di Dio presuppone la comunione. Solo se ho un contatto vero posso conoscere. La vera conoscenza è riservata al Figlio: solo lui conosce e può rivelare chi è Dio”. “In Gesù viene riaperta all’uomo la possibilità di essere in rapporto con Dio”.
Ma chi sono i “piccoli” ai quali si riferisce Gesù? Benedetto XVI ha ricordato in proposito i “puri di cuore” del Discorso della montagna. “beati i puri d cuore perche vedranno Dio. E’ la purezza del cuore che permetterà di riconoscere il volto di Dio in Gesù Cristo”. Bisogna “avere il cuore semplice come quello dei bambini, senza la presunzione di chi si chiude in se stesso, pensando di non avere bisogno di nessuno, neppure di Dio”. Nel racconto evangelico, Gesù nei “72 discepoli che tornano pieni di gioia perché la loro mssione ha avuto successo” vede che “nonostante tutti i rifiuti ci sono dei piccoli che accolgono la parola”. E ai discepoli dice di riferire a un “piccolo”, Giovanni Battista, quanto accade “in contrasto con l'incredulità della città del lago, dove pure era avvenuta la maggior parte dei prodigi di Gesù”.
Nel Vangelo di Matteo, ha concluso il Papa, dopo l'inno di giubilo di Gesù troviamo “uno degli appelli piu' accorati: venite a me voi che siete stanchi ed oppressi”, perchè il cristianesimo “non e' una dottrina da imparare, né una proposta etica, ma è seguire una persona, rivolgerci a Dio nella confidenza di figli, con il cuore dei piccoli, per riconoscere che non siamo autosufficienti e non possiamo costruire la nostra vita senza di lui”.
Continuando a presentare “come pregava Gesù”, il Papa ha oggi illustrato alle quattromila persone presenti nell’aula Paolo VI, in Vaticano, la “preghiera di ringraziamento e di lode” della quale raccontano Matteo e Luca.
In essa Gesù condivide la scelta del Padre che ha deciso di rivelarsi ai “piccoli”. Così,“la logica terrena per la quale sono i ricchi e i colti coloro che possiedono le cose importanti e le trasmettono ai piccoli e ai poveri” non è la logica di Dio, la rivelazione divina non avviene secondo questa logica terrena. E Gesù, accogliendo pienamente la volontà del Padre e condividendola, fa dei “piccoli i veri e primi destinatari del suo messaggio”. Gesù “riconosce fino in fondo l'agire del Padre, è d'accordo col suo modo di agire e aderisce al suo progetto”. Nell’inno “emerge la profondità e l’intima comunione di Gesù con il Padre”.
“Ogni conoscenza tra persone - ha osservato Benedetto XVI - comporta un coinvolgimento, un qualche legame interiore tra chi conosce e chi è conosciuto, non si può conoscere senza la comunione dell'essere”. E la “vera conoscenza di Dio”, passa attraverso “l'intima comunione con il Figlio”. E nel rivolgersi di Gesù a Dio chiamandolo “Padre” c’è “la coscienza di Gesù di essere il Figlio. E’ il punto centrale di ogni preghiera di Gesù”. Essa “mostra che la vera conoscenza di Dio presuppone la comunione. Solo se ho un contatto vero posso conoscere. La vera conoscenza è riservata al Figlio: solo lui conosce e può rivelare chi è Dio”. “In Gesù viene riaperta all’uomo la possibilità di essere in rapporto con Dio”.
Ma chi sono i “piccoli” ai quali si riferisce Gesù? Benedetto XVI ha ricordato in proposito i “puri di cuore” del Discorso della montagna. “beati i puri d cuore perche vedranno Dio. E’ la purezza del cuore che permetterà di riconoscere il volto di Dio in Gesù Cristo”. Bisogna “avere il cuore semplice come quello dei bambini, senza la presunzione di chi si chiude in se stesso, pensando di non avere bisogno di nessuno, neppure di Dio”. Nel racconto evangelico, Gesù nei “72 discepoli che tornano pieni di gioia perché la loro mssione ha avuto successo” vede che “nonostante tutti i rifiuti ci sono dei piccoli che accolgono la parola”. E ai discepoli dice di riferire a un “piccolo”, Giovanni Battista, quanto accade “in contrasto con l'incredulità della città del lago, dove pure era avvenuta la maggior parte dei prodigi di Gesù”.
Nel Vangelo di Matteo, ha concluso il Papa, dopo l'inno di giubilo di Gesù troviamo “uno degli appelli piu' accorati: venite a me voi che siete stanchi ed oppressi”, perchè il cristianesimo “non e' una dottrina da imparare, né una proposta etica, ma è seguire una persona, rivolgerci a Dio nella confidenza di figli, con il cuore dei piccoli, per riconoscere che non siamo autosufficienti e non possiamo costruire la nostra vita senza di lui”.
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