Papa sul figliol prodigo: 'Dio lascia sempre la porta aperta'
Nella catechesi odierna, diffusa ancora in forma scritta, Francesco avvia una nuova serie di riflessioni sulle parabole: "Ci provocano". Sul racconto del padre e dei due figli: “Dovunque ci siamo persi, Dio viene a cercarci”. Un amore che accoglie, come nell’abbraccio raffigurato da Rembrandt. Stamane l'incontro di Francesco con il personale del Gemelli; miglioramenti nella salute del pontefice.
Città del Vaticano (AsiaNews) - Continua il ciclo di catechesi giubilari preparate per le udienze generali del mercoledì. Come accade ormai da diverse settimane, anche oggi ne è stato diffuso solo il testo, a causa della convalescenza di papa Francesco dopo il ricovero al Gemelli di Roma. Dopo aver trattato alcuni degli incontri più significativi del Vangelo (come Nicodemo e Zaccheo), da oggi le riflessioni si concentrano sulle parabole. “Toccano anche la nostra vita. Ci provocano. E ci chiedono di prendere posizione: dove sono io in questo racconto?”, dice il pontefice.
Bergoglio - apparso in piazza San Pietro nelle ultime due domeniche, la scorsa senza supporti per l’ossigeno - sta migliorando in salute. “Proseguono i miglioramenti del Papa dal punto di vista motorio, respiratorio e della voce”, aveva comunicato ieri la Sala Stampa della Santa Sede. “Per l‘ossigeno ci sono tempi più lunghi in cui riesce a farne a meno. Rispetto agli alti flussi rimane un uso residuale ai fini terapeutici, sempre nelle ore serali”. Questa mattina il pontefice ha incontrato 70 persone del personale del Policlinico, dell'Università Cattolica e della Direzione Sanità e Igiene della Città del Vaticano, nei pressi dell’Aula Paolo VI: la comunità che l’ha accolto per le cure per 38 giorni.
La prima catechesi sulle parabole è dedicata a quella “più famosa, quella che tutti noi ricordiamo forse da quando eravamo piccoli: la parabola del padre e dei due figli (lettura di riferimento: Lc 15,1-3.11-32, ndr)”, dice papa Francesco. “In essa troviamo il cuore del Vangelo di Gesù, cioè la misericordia di Dio”. Gesù - dice l’evangelista - racconta questa parabola a farisei e scribi, che mormoravano alle sue spalle. È “rivolta a coloro che si sono persi, ma non lo sanno e giudicano gli altri”, dice il vescovo di Roma. Il brano narra di un padre che ha due figli. Il più giovane chiede l’eredità, parte e la sperpera. Ridotto in miseria, torna e il padre lo accoglie con gioia, mentre il fratello maggiore si indigna.
“Il Vangelo vuole consegnarci un messaggio di speranza, perché ci dice che dovunque ci siamo persi, in qualunque modo ci siamo persi, Dio viene sempre a cercarci!”, aggiunge. Da questo racconto emerge che l’amore “è sempre un impegno”: “c’è sempre qualcosa che dobbiamo perdere per andare incontro all’altro”. Il figlio più giovane prova “fame di affetto”. “Ma l’amore è un dono prezioso, va trattato con cura. Egli invece lo sperpera, si svende […] al primo padrone”, aggiunge il pontefice. E credere di poter stare in una relazione “solo da servi”, è una “visione falsa dell’amore”, da cui è possibile liberarsi.
“Nella relazione con Dio facciamo proprio questa esperienza”, dice Bergoglio. Che parla poi della raffigurazione dell’episodio del pittore olandese Rembrandt (si veda foto), il quale “ha rappresentato in maniera meravigliosa il ritorno del figlio prodigo”. “La testa del giovane è rasata, come quella di un penitente, ma sembra anche la testa di un bambino, perché questo figlio sta nascendo di nuovo. E poi le mani del padre: una maschile e l’altra femminile, per descrivere la forza e la tenerezza nell’abbraccio del perdono”, spiega papa Francesco nel testo.
Il figlio maggiore rappresenta coloro per i quali viene raccontata la parabola. “Paradossalmente, è proprio il figlio maggiore che alla fine rischia di rimanere fuori di casa, perché non condivide la gioia del padre”. Anche se è colui che è rimasto sempre a casa con il padre, ma “distante da lui, distante dal cuore”. “Il padre esce anche incontro a lui. Non lo rimprovera e non lo richiama al dovere. Vuole solo che senta il suo amore. Lo invita a entrare e lascia la porta aperta”, conclude. “È questo, infatti, il motivo della speranza: possiamo sperare perché sappiamo che il Padre ci aspetta, ci vede da lontano, e lascia sempre la porta aperta”.
13/03/2016 12:34