28/11/2015, 00.00
VATICANO - UGANDA
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Papa in Uganda: giovani trasformate l’odio in amore, la guerra in pace

Festoso incontro di Francesco con i giovani. Davanti a una esperienza negativa, ha ripreso, “c’è sempre la possibilità di aprire un orizzonte, di aprirlo con la forza di Gesù”. In una casa di carità: – “In quanto cristiani, non possiamo semplicemente stare a guardare” quanti sono “vittime dell’odierna cultura dell’“usa e getta’”. I sacerdoti siano fedeli alla tradizione dei “testimoni” i martiri dell’Uganda.

Kampala (AsiaNews) – “In quanto cristiani, non possiamo semplicemente stare a guardare” quanti sono “vittime dell’odierna cultura dell’“usa e getta’”. “Qualcosa deve cambiare”, si deve invocare l’aiuto di Dio e  andare contro-corrente per vivere in coerenza con la propria fede. Nel lungo pomeriggio trascorso a Kampala, in Uganda, papa Francesco ha lasciato molti punti di riflessione ai cristiani di questo Paese e ha anche pregato “per l’amato popolo burundese, affinché il Signore susciti nelle Autorità e in tutta la società sentimenti e propositi di dialogo e di collaborazione, di riconciliazione e di pace”.

Così, ha invitato i 150mila giovani radunati nel Kololo Airstrip (nella foto), un ex aeroporto, dove è arrivato alle 15.30 (ora locale) a “trasformare l’odio in amore”, a “trasformare la guerra in pace”, confidando che anche davanti a una esperienza negativa “c’è sempre la possibilità di aprire un orizzonte, di aprirlo con la forza di Gesù”,

Poi alla Nalukolongo Bakateyambma’s Home, una casa di carità fondata nel 1978 dal primo cardinale uugandese, Emmanuel Kiwanuka Nsubuga, ha lanciato un appello a tutte le parrocchie e alle comunità presenti in Uganda e nel resto dell’Africa a “non dimenticare i poveri”.

E, infine, incontrando  nella cattedrale di Kampala sacerdoti,  religiosi e seminaristi, ha esortato a sentirsi chiamati a portare avanti l’eredità dei martiri ugandesi, offrendosi anche di aiutare la missione delle parrocchie che hanno pochi preti. “I  sacerdoti non possono condurre una ‘doppia vita’. Se sei peccatore, se sei peccatrice, chiedi perdono. Ma non tenere nascosto quello che Dio non vuole; non tenere nascosta la mancanza di fedeltà. Non chiudete la memoria nell’armadio”.

L’incontro con i giovani, iniziato con canti e danze, ha visto le testimonianze di due giovani: Emmanuel rapito, detenuto, torturato, e Winnie, nata con l’Aids. “Quanto dolore provo nel cuore – ha detto Francesco - per le testimonianze ascoltate da Emmanuel e Winnie”. A braccio ha proseguito chiedendo se “in’esperienza negativa può servire a qualcosa nella vita”. Tanto “Emmanuel quanto Winnie hanno vissuto esperienze negative nella loro vita”, ma Gesù ha fatto capire loro che “nella vita si può fare un grande miracolo: trasformare una parete in un orizzonte, un orizzonte che mi apra al futuro”. Davanti a una esperienza negativa, ha ripreso, “c’è sempre la possibilità di aprire un orizzonte, di aprirlo con la forza di Gesù”, come ha fatto Winnie. “E questa non è una magia: questa è opera di Gesù! Perché Gesù è il Signore. Gesù può tutto. E Gesù ha sofferto la esperienza più negativa della storia: è stato insultato, è stato scacciato ed è stato assassinato. Ma Gesù, con il potere di Dio, è Risorto. Egli può fare in ognuno di noi lo stesso, con ogni esperienza negativa. Perché Gesù è il Signore”.

Emmanuel, poi, “quando vedeva che i suoi compagni venivano torturati, quando vedeva che i suoi compagni venivano assassinati”. Ma Emmanuel, “è stato coraggioso”, ha corso “il rischio, ebbe fiducia in Gesù e fuggì” ed oggi è qui.

Trasformare il negativo in positivo

Il Papa ha poi chiesto ai giovani se siano “disposti a trasformare nella vita tutte le cose negative in cose positive”, a “trasformare l’odio in amore”, “trasformare la guerra in pace”. Voi, ha detto ancora, “dovete essere coscienti che siete un popolo di martiri. Nelle vostre vene scorre il sangue dei martiri! E per questo avete la fede e la vita”. Una fede e una “vita così bella, che si chiama la perla dell’Africa’”. Gesù, ha detto ancora, “può cambiarti la vita. Gesù può tirare giù tutti i muri che hai davanti a te. Gesù può far sì che la tua vita sia un servizio per gli altri”. E questo, ha commentato con una battuta, non perché abbia “una bacchetta magica”. Francesco ha così invitato i giovani a chiedere aiuto al Signore attraverso la preghiera: “Non smettete mai di pregare, la preghiera è l’arma più forte che ha un giovane”.

“Tre cose – ha concluso - la prima, superare le difficoltà; la seconda, trasformare il negativo in positivo; la terza, la preghiera, la preghiera a Gesù che può tutto. Gesù, che entra nel nostro cuore e che cambia la vita. Gesù, che è venuto per salvarmi e che ha dato la sua vita per me. Pregare Gesù, perché Lui è l’unico Signore. E siccome nella Chiesa non siamo orfani e abbiamo una Madre, pregare la Madre nostra”.

La condanna alla “cultura dell’usa e getta” applicata anche alle persone è venuta durante la visita alla Nalukolongo Bakateyambma’s Home, dove vengono accolti e assistiti un centinaio di poveri di ogni religione, compresi alcuni malati di Aids. “Il Vangelo – ha detto - ci impone di uscire verso le periferie della società e di trovare Cristo nel sofferente e in chi è nel bisogno. Il Signore ci dice, con parole inequivocabili, che ci giudicherà su questo! È triste quando le nostre società permettono che gli anziani siano scartati o dimenticati! È riprovevole quando i giovani vengono sfruttati dall’attuale schiavitù del traffico di esseri umani!”.

 “In quanto cristiani – ha proseguito - non possiamo semplicemente stare a guardare, stare a guardare cosa succede, e non fare niente. Qualcosa deve cambiare! Le nostre famiglie devono diventare segni ancora più evidenti dell’amore paziente e misericordioso di Dio, non solo per i nostri figli e i nostri anziani, ma per tutti coloro che si trovano nel bisogno. Le nostre parrocchie non devono chiudere le porte e le orecchie al grido dei poveri. Solo in questo modo “diamo testimonianza al Signore, che è venuto non per essere servito, ma per servire”, mostrando che “le persone contano più delle cose e che quello che siamo è più importante di ciò che possediamo. Infatti, proprio in coloro che serviamo, Cristo rivela ogni giorno sé stesso e prepara l’accoglienza che speriamo di ricevere un giorno nel suo Regno eterno”.

Le parrocchie mostrino che “le persone contano più delle cose

A sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi raccolti nella cattedrale di Kampala, il Papa ha raccomandato in particolare la fedeltà alla tradizione dei “testimoni” i martiri dell’Uganda. La Chiesa locale, ha detto, non deve “abituarsi ad ereditare”, avere  il  “ricordo lontano” di coloro che hanno dato “la loro stessa vita” per amore di Gesù.  “La Chiesa in Uganda, per essere fedele a questa memoria, deve continuare a essere testimone. Non deve vivere di rendita”.

 “Fedeltà significa offrirsi al vescovo per andare in un’altra diocesi che abbia bisogno di missionari. E questo non è facile”.

“L’Uganda è stata irrigata dal sangue dei martiri, dei testimoni. Oggi è necessario continuare a irrigarla, e per questo una nuova sfida, nuove testimonianze, nuove missioni. Altrimenti, perderete la grande ricchezza che avete e la ‘perla dell’Africa’ finirà conservata in un museo. Perché il demonio attacca così: a piccoli passi”.

Alla vigilia dell’Avvento e del Giubileo della Misericordia e nel pieno dell’Anno della vita consacrata, Francesco ha invitato a pregare perché se un religioso “smette di pregare o prega poco perché dice che ha molto lavoro”, ha già cominciato a perdere memoria e fedeltà. “Preghiera significa anche umiltà, l’umiltà di andare regolarmente dal confessore a dirgli i propri peccati. Non si può ‘zoppicare’ con entrambe le gambe. I religiosi, le religiose, i sacerdoti non possono condurre una ‘doppia vita’. Se sei peccatore, se sei peccatrice, chiedi perdono. Ma non tenere nascosto quello che Dio non vuole; non tenere nascosta la mancanza di fedeltà. Non chiudete la memoria nell’armadio”.

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