Papa in Messico: preferisco una famiglia ferita a una società malata per la paura di amare
Nel raduno per le famiglie a Tuxtla Gutiérrez, papa Francesco si scaglia contro la “colonizzazione ideologica” che cerca di distruggere l’istituto familiare bollandolo come sorpassato. Le commoventi testimonianze di un ragazzo distrofico, di una coppia di divorziati, di una famiglia sposata da 50 anni, di una donna abbandonata dal marito che sostiene le ragazze madri per non farle abortire. Attraverso l’intercessione della Madonna di Guadalupe, “questo sogno chiamato famiglia non sarà sconfitto dall’insicurezza e dalla solitudine”.
Tuxtla Gutiérrez (AsiaNews) – “Preferisco una famiglia ferita che ogni giorno cerca di coniugare l’amore, a una società malata per la chiusura e la comodità della paura di amare. Preferisco una famiglia che una volta dopo l’altra cerca di ricominciare a una società narcisistica e ossessionata dal lusso e dalle comodità. Io preferisco una famiglia con la faccia stanca per i sacrifici ai volti imbellettati che non sanno di tenerezza e compassione”. Papa Francesco ha espresso così la sua fiducia nell’istituzione familiare, schierandosi in opposizione a una società come quella moderna in cui si pensa “che essa sia un modello ormai superato e incapace di trovare posto all’interno delle nostre società che, sotto il pretesto della modernità, sempre più favoriscono un sistema basato sul modello dell’isolamento”.
Il papa ha accusato a voce alta il tentativo di “colonizzazione ideologica” con cui si cerca di distruggere le famiglie, ricevendo l’applauso entusiasta dei 100mila presenti nella stadio “Victor Manuel Reyna” di Tuxtla.
A complemento delle parole di Francesco, l’arcivescovo Mons. Fabio Martínez Castillo ha presentato quattro testimonianze di diverse realtà familiari.
Una di queste esalta i genitori anziani, sposati da più di 50 anni, che hanno insegnato loro la fede. “Siamo poveri – dicono - dobbiamo lottare tutti i giorni con i prezzi che crescono. Siamo poveri ma siamo pieni di speranza che viene dalla fede”.
Una coppia, Humberto e Claudia, spiega che sono sposati solo civilmente perché “siamo divorziati” I due dicono che non possono “partecipare all’eucarestia, ma incontriamo il Signore prendendoci cura dei poveri, dei carcerati, delle persone in necessità”.
Vi è poi Beatriz 52 anni, una donna abbandonata dal marito, che ha sempre rifiutato l’aborto come modo facile di risolvere i problemi economici della sua famiglia. È infermiera e aiuta le donne a non abortire, facendo loro trovare “l’aiuto della Chiesa”.
La testimonianza che più ha colpito è quella di Manuel, un ragazzo di 14 anni che dall’età di 5 anni è malato di distrofia muscolare. Aiutato dai genitori, in ginocchio sul palco, a fianco della sua sedia a rotelle, ha letto pieno di vitalità e sorrisi la sua sfida e il suo “dare coraggio” ai suoi amici.
Il papa li ringrazia perché “ci avete permesso di sedere alla vostra ‘mensa’ dove condividete il pane che vi nutre e il sudore davanti alle difficoltà quotidiane…. Grazie per averci permesso di entrare nelle vostre famiglie, alla vostra mensa, nella vostra casa”.
In effetti, l’incontro è avvolto da un’atmosfera cordiale e semplice, senza formalità. A metà delle testimonianze, della gente alza fino alla balaustra del palco il loro bambino su una sedia a rotelle. Il papa scende dal palco, mentre gli uomini della sicurezza tirano su il piccolo. Il papa l’abbraccia, lo benedice, mentre la gente grida di gioia.
Prima della fine del suo discorso, una delle piccole di Beatriz (forse una nipotina), gli va vicino e il papa la prende sulle ginocchia.
Nella sua omelia, Francesco cita a lungo la testimonianza di Manuel: “Hai iniziato a dare coraggio alla vita, dare coraggio alla tua famiglia, dare coraggio tra i tuoi amici e dare coraggio anche a noi qui riuniti. Credo che questo sia ciò che lo Spirito Santo vuole sempre fare in mezzo a noi: dare coraggio, regalarci motivi per continuare a scommettere, sognare e costruire una vita che sappia di casa, di famiglia. E questo è ciò che Dio Padre ha sempre immaginato e per il quale fin dai tempi antichi ha combattuto. Quando tutto sembrava perduto quella sera nel giardino dell’Eden, Dio Padre ha dato coraggio a quella giovane coppia e le ha mostrato che non tutto era perduto. Quando il popolo di Israele sentiva che non c’era più un senso nell’attraversare il deserto, Dio Padre lo ha incitato ad avere coraggio con la manna. Quando venne la pienezza dei tempi, Dio Padre ha dato coraggio all’umanità per sempre dandoci il suo Figlio. Allo stesso modo, tutti noi che siamo qui abbiamo fatto esperienza che, in molti momenti e in forme differenti, Dio Padre ha dato coraggio alla nostra vita”.
La ripresa della famiglia ogni giorno è possibile perché Gesù “è in grado di guarire i nostri cuori e ci invita più e più volte, settanta volte sette a ricominciare. Egli è sempre in grado di rendere nuove tutte le cose”. Gesù “ha speso la sua vita fino alla morte per rendere possibile il Regno di Dio… Un Regno che ha il sapore di famiglia, che ha il sapore di vita condivisa. In Gesù e con Gesù questo Regno è possibile”.
Francesco ha poi accennato agli adolescenti “che sono scoraggiati e vivono momenti difficili. Tanti adolescenti senza slancio, senza forza, svogliati”; ha citato la testimonianza di Beatriz, per la quale “la lotta è sempre stata difficile per l’incertezza e la solitudine”.
“La precarietà – ha aggiunto il papa - non solo minaccia lo stomaco (e questo è già molto), ma può minacciare perfino l’anima, ci può demotivare, toglierci forza e tentarci con strade o alternative di apparente soluzione ma che alla fine non risolvono nulla. C’è una precarietà che può essere molto pericolosa, che può insinuarsi in noi senza che ce ne accorgiamo, ed è la precarietà che nasce dalla solitudine e dall’isolamento. E l’isolamento è sempre un cattivo consigliere”.
Occorrono “leggi che proteggano e garantiscano il minimo necessario affinché ogni famiglia e ogni persona possa crescere attraverso lo studio e un lavoro dignitoso”. E occorre “un impegno personale “come hanno ben sottolineato le testimonianze di Humberto e Claudia quando ci hanno detto che stavano cercando di trasmetterci l’amore di Dio che avevano sperimentato nel servizio e nell’assistenza agli altri”.
Ma più di tutto, la testimonianza della famiglia, prende forza dal “di più”, dal “vantaggio” che hanno i messicani: “Avete la Madre, la Madonna di Guadalupe che ha voluto visitare queste terre, e questo ci dà la certezza che, attraverso la sua intercessione, questo sogno chiamato famiglia non sarà sconfitto dall’insicurezza e dalla solitudine. Lei è sempre pronta a difendere le nostre famiglie, il nostro futuro, è sempre pronta a darci coraggio donandoci il suo Figlio”. E ha chiesto a tutta l’assemblea di recitare insieme un’Ave Maria.