Papa in Kazakistan: un nuovo spirito di Helsinki, oltre i blocchi contrapposti
Nel primo discorso alle autorità di Nur-Sultan l'appello ai leader mondiali: “Come Giovanni Paolo II dopo l’11 settembre 2001, vengo qui per amplificare il grido di tanti che implorano la pace. Permettete ai popoli di comprendersi: servono pazienza e dialogo con tutti”. Sull’aereo rispondendo a un giornalista: “Sono sempre pronto ad andare in Cina”.
Nur-Sultan (AsiaNews) – “È l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti” e di leader che a livello internazionale generino “un nuovo spirito di Helsinki”, che permetta ai popoli di comprendersi e dialogare. È il messaggio che papa Francesco ha lanciato questa sera da Nur-Sultan, dove è arrivato per il viaggio apostolico che lo vedrà trascorrere tre giorni in Kazakistan dove prenderà parte al Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali promosso dal governo locale.
Dopo l’accoglienza all’aeroporto e l’incontro privato con il presidente della Repubblica Kassym Tokaev, il pontefice già stasera ha pronunciato il suo primo discorso pubblico, rivolgendosi alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico nella cornice della Qazaq Concert Hall.
Francesco si è detto lieto di giungere “in questa terra tanto estesa quanto antica, nella quale vengo come pellegrino di pace, in cerca di dialogo e di unità. Il nostro mondo ne ha urgente bisogno, ha bisogno di ritrovare armonia”. E proprio un’immagine musicale - quello della dombra, uno strumento musicale a corda tipico del Paese - è stato il filo rosso di tutto il suo discorso. Il papa ha citato la “gloriosa storia di cultura, umanità e sofferenza” del Kazakistan. “Come non ricordare – ha detto - i campi di prigionia e le deportazioni di massa che hanno visto nelle città e nelle sconfinate steppe di queste regioni l’oppressione di tante popolazioni? Ma i kazaki non si sono lasciati imprigionare da questi soprusi: dalla memoria della reclusione è fiorita la cura per l’inclusione. In questa terra, percorsa fin dall’antichità da grandi spostamenti di popoli, il ricordo della sofferenza e delle prove sperimentate sia un bagaglio indispensabile per incamminarsi verso l’avvenire mettendo al primo posto la dignità dell’uomo, di ogni uomo, e di ogni gruppo etnico, sociale, religioso”.
Ma con le sue due corde parallele la dombra rimanda anche alle “due anime, quella asiatica e quella europea” che indicano al Kazakistan una vocazione di incontro tra Oriente e Occidente. Il pontefice ha citato i circa 150 gruppi etnici e le più di 80 lingue presenti nel Paese, con storie, tradizioni culturali e religiose variegate, che lo rendono “un laboratorio multi-etnico, multi-culturale e multi-religioso unico”. Ha indicato l’orizzonte di una “laicità sana, che riconosca il ruolo prezioso e insostituibile della religione e contrasti l’estremismo che la corrode”. Ha espresso apprezzamento per l’abolizione della pena di morte, “affermazione del valore della vita umana”. Ma - soprattutto - ha sottolineato l’importanza di “garantire le libertà di pensiero, di coscienza e di espressione” e il “sostegno alla democrazia, che costituisce la forma più adatta perché il potere si traduca in servizio a favore dell’intero popolo e non soltanto di pochi”.
Su questo ha fatto espressamente riferimento al processo avviato dal presidente Tokaev dopo le manifestazioni di inizio anno innescate dallo squilibrio economico nelle regioni dove, nonostante le risorse energetiche siano cospicue, si avvertono varie difficoltà. Lo ha definito “un tragitto meritorio e impegnativo che richiede di proseguire verso la meta senza volgersi indietro”. “Ovunque – ha aggiunto Francesco - occorre che la democrazia e la modernizzazione non siano relegati a proclami, ma confluiscano in un concreto servizio al popolo: una buona politica fatta di ascolto della gente e di risposte ai suoi legittimi bisogni, di costante coinvolgimento della società civile e delle organizzazioni non governative e umanitarie, di particolare attenzione nei riguardi dei lavoratori, dei giovani e delle fasce più deboli. E anche di misure di contrasto alla corruzione”.
In Kazakistan vent’anni fa Giovanni Paolo II venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001. “Io – ha commentato Francesco - vi giungo nel corso della folle e tragica guerra originata dall’invasione dell’Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitti mettono a repentaglio i nostri tempi. Vengo per amplificare il grido di tanti che implorano la pace, via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato”.
Di qui l’appello all’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, “perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti, e chi al mondo detiene più potere ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paesi messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali”.
“A questo - ha aggiunto ancora - si dovrebbe guardare, non solo agli interessi che ricadono a proprio vantaggio. È l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti. Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo “spirito di Helsinki”, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni. E per fare questo occorre comprensione, pazienza e dialogo con tutti. Ripeto, con tutti”.
Su questo papa Francesco aveva avuto occasione di esprimersi anche durante il viaggio in aereo che da Roma lo ha portato a Nur-Sultan. A un giornalista che lo interpellava sul fatto che domani nella capitale del Kazakistan sarà presente anche il presidente cinese Xi Jinping e sulla possibilità di un incontro, il papa ha risposto: “Di questo non so niente. Ma sono sempre pronto ad andare in Cina".
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