Papa in Giappone: Nagasaki, l’amore di Cristo vince ogni odio, pessimismo indolente o benessere narcotizzante
Prima messa di papa Francesco in terra giapponese, nella città che ha sperimentato l’olocausto nucleare, che ha fatto 100-200mila morti. Alzare “le nostre voci” per difendere gli innocenti, scegliendo la “compassione come vero modo per costruire la storia”.
Nagasaki (AsiaNews) – Camminando sulle orme dei martiri giapponesi, i cristiani vogliono “professare con coraggio che l’amore dato, sacrificato e celebrato da Cristo sulla croce è in grado di vincere ogni tipo di odio, egoismo, oltraggio o cattiva evasione; è in grado di vincere ogni pessimismo indolente o benessere narcotizzante, che finisce per paralizzare ogni buona azione e scelta”. Alla prima messa che celebra in terra giapponese, papa Francesco esorta i fedeli a una rinnovata evangelizzazione, alzando “le nostre voci” per difendere gli innocenti, scegliendo la “compassione come vero modo per costruire la storia”.
In mattinata il papa aveva visitato il Memoriale della pace di Nagasaki, che insieme ad Hiroshima ha sperimentato l’olocausto nucleare, che in questa città ha fatto fra i 100 e le 200mila vittime. E alla messa si onora il volto della "Madonna bruciata", da una statua della Vergine bruciata dalla bomba nucleare, conservata nella cattedrale di Nagasaki (v. foto).
Nella sua omelia, Francesco prende spunto dalla liturgia del giorno, quella di Cristo Re, che riporta il vangelo in cui si narra del buon ladrone che mostra compassione verso Gesù che muore in croce e gli domanda di essere nel Suo regno (Luca 23,42): “Oggi qui vogliamo rinnovare la nostra fede e il nostro impegno. Conosciamo bene la storia dei nostri fallimenti, peccati e limiti, come il buon ladrone, ma non vogliamo che sia questo a determinare o definire il nostro presente e futuro. Sappiamo che non di rado possiamo cadere nel clima pigro che fa dire con facilità e indifferenza ‘salva te stesso’, e perdere la memoria di ciò che significa sopportare la sofferenza di tanti innocenti. Queste terre hanno sperimentato, come poche altre, la capacità distruttiva a cui può giungere l’essere umano. Perciò, come il buon ladrone, vogliamo vivere l’istante in cui poter alzare le nostre voci e professare la nostra fede a difesa e a servizio del Signore, l’Innocente sofferente”.
“Lo imploriamo ogni giorno: venga il tuo Regno, Signore. E così facendo vogliamo anche che la nostra vita e le nostre azioni diventino una lode. Se la nostra missione come discepoli missionari è di essere testimoni e araldi di ciò che verrà, essa non ci permette di rassegnarci davanti al male e ai mali, ma ci spinge a essere lievito del suo Regno dovunque siamo: in famiglia, al lavoro, nella società; essere una piccola apertura in cui lo Spirito continua a soffiare speranza tra i popoli. Il Regno dei cieli è la nostra meta comune, una meta che non può essere solo per il domani, ma la imploriamo e iniziamo a viverla oggi, accanto all’indifferenza che circonda e fa tacere tante volte i nostri malati e disabili, anziani e abbandonati, rifugiati e lavoratori stranieri: tutti loro sono sacramento vivo di Cristo, nostro Re (cfr Mt 25,31-46); perché «se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi» (S. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 49)”.
“Cari fratelli – conclude - Nagasaki porta nella propria anima una ferita difficile da guarire, segno della sofferenza inspiegabile di tanti innocenti; vittime colpite dalle guerre di ieri ma che ancora oggi soffrono per questa terza guerra mondiale a pezzi. Alziamo qui le nostre voci, in una preghiera comune per tutti coloro che oggi stanno patendo nella loro carne questo peccato che grida in cielo, e perché siano sempre di più quelli che, come il buon ladrone, sono capaci di non tacere né deridere, ma di profetizzare con la propria voce un regno di verità e di giustizia, di santità e di grazia, di amore e di pace”.
25/11/2019 11:25