02/10/2016, 15.03
AZERBAIJAN – VATICANO
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Papa in Azerbaijan: non lasciare nulla di intentato per giungere alla pace

“Escludere atteggiamenti e concezioni che strumentalizzano le proprie convinzioni, la propria identità o il nome di Dio per legittimare intenti di sopraffazione e di dominio”. “Sono fiducioso che, con l’aiuto di Dio e mediante la buona volontà delle parti, il Caucaso potrà essere il luogo dove, attraverso il dialogo e il negoziato, le controversie e le divergenze troveranno la loro composizione e il loro superamento”.

Baku (AsiaNews) – Promuovere l’armonia sia all’interno di una nazione – con l’affermazione della positiva convivenza tra idee o convinzioni religiose diverse – sia tra le nazioni, “aprendo percorsi originali che puntano ad accordi duraturi e alla pace”. E’ l’esortazione che il Papa ha rivolto nel suo intervento davanti al mondo politico dell’Azerbaijan, incontrando, nel Centro “Heydar Aliyev” di Baku, le autorità azere e i diplomatici qui accreditati.

Il “non lasciare nulla di intentato per giungere alla pace” pronunciato oggi da Francesco, ha un significato particolarmente forte, visto che dal 1992 è in atto un conflitto, che a tratti diviene guerra, tra Azerbaijan e Armenia. Lo scontro è a causa  della regione del Nagorno Karabakh, con popolazione a maggioranza armena, assegnata in epoca staliniana all’Azerbaijan, attualmente legato all’Armenia. La stessa presenza del Papa è legata perciò a motivi politici e diplomatici, oltre che religiosi. E questi ultimi anche per i rapporti con i musulmani, essendo questo un Paese a larghissima maggioranza – oltre l’80 per cento – islamico.

La parte “politica” della permanenza di Francesco a Baku – alla quale seguirà l’incontro interreligioso – è iniziato nel primo pomeriggio con la visita di cortesia al presidente Ilham Heydar Aliyev, alla quale è seguito il protocollare omaggio al Monumento ai caduti per l’indipendenza e, alle 17, ora locale, l’incontro al Centro “Heydar Aliyev” con le autorità, compreso il capo dello Stato.

“Sono giunto in questo Paese – ha detto il Papa - portando nel cuore l’ammirazione per la complessità e la ricchezza della sua cultura, frutto dell’apporto dei tanti popoli che lungo la storia hanno abitato queste terre, dando vita a un tessuto di esperienze, valori e peculiarità che caratterizzano la società odierna e si traducono nella prosperità del moderno Stato azero. Il prossimo 18 ottobre l’Azerbaigian festeggerà il 25mo anniversario della sua indipendenza e tale data offre la possibilità di rivolgere uno sguardo d’insieme agli avvenimenti di questi decenni, ai progressi compiuti e alle problematiche che il Paese si trova ad affrontare. Il cammino fin qui percorso mostra chiaramente i notevoli sforzi fatti per consolidare le istituzioni e favorire la crescita economica e civile della Nazione. E’ un percorso che richiede costante attenzione a tutti, specialmente ai più deboli, un percorso possibile grazie a una società che riconosce i benefici del multiculturalismo e della necessaria complementarità delle culture, in modo che tra le diverse componenti della comunità civile e tra gli appartenenti a differenti confessioni religiose si instaurino rapporti di mutua collaborazione e rispetto. Questo sforzo comune nella costruzione di un’armonia tra le differenze è di particolare significato in questo tempo, perché mostra che è possibile testimoniare le proprie idee e la propria concezione della vita senza prevaricare i diritti di quanti sono portatori di altre concezioni e visioni. Ogni appartenenza etnica o ideologica, come ogni autentico cammino religioso, non può che escludere atteggiamenti e concezioni che strumentalizzano le proprie convinzioni, la propria identità o il nome di Dio per legittimare intenti di sopraffazione e di dominio. Auspico vivamente che l’Azerbaigian prosegua sulla strada della collaborazione tra diverse culture e confessioni religiose. Sempre più l’armonia e la coesistenza pacifica alimentino la vita sociale e civile del Paese, nelle sue molteplici espressioni, assicurando a tutti la possibilità di apportare il proprio contributo al bene comune”.

“Il mondo sperimenta purtroppo il dramma di tanti conflitti che trovano alimento nell’intolleranza, fomentata da ideologie violente e dalla pratica negazione dei diritti dei più deboli. Per opporsi validamente a queste pericolose derive, abbiamo bisogno che cresca la cultura della pace, la quale si nutre di una incessante disposizione al dialogo e della consapevolezza che non sussiste alternativa ragionevole alla paziente e assidua ricerca di soluzioni condivise, mediante leali e costanti negoziati. Come all’interno dei confini di una Nazione è doveroso promuovere l’armonia tra le sue diverse componenti, così, anche tra gli Stati è necessario proseguire con saggezza e coraggio sulla via che conduce al vero progresso e alla libertà dei popoli, aprendo percorsi originali che puntano ad accordi duraturi e alla pace. In tal modo si risparmieranno ai popoli gravi sofferenze e dolorose lacerazioni, difficili da sanare. Anche nei riguardi di questo Paese, desidero esprimere accoratamente la mia vicinanza a coloro che hanno dovuto lasciare la loro terra e alle tante persone che soffrono a causa di sanguinosi conflitti. Auspico che la comunità internazionale sappia offrire con costanza il suo indispensabile aiuto. Nel medesimo tempo, al fine di rendere possibile l’apertura di una fase nuova, aperta a una pace stabile nella regione, rivolgo a tutti l’invito a non lasciare nulla di intentato per giungere ad una soluzione soddisfacente. Sono fiducioso che, con l’aiuto di Dio e mediante la buona volontà delle parti, il Caucaso potrà essere il luogo dove, attraverso il dialogo e il negoziato, le controversie e le divergenze troveranno la loro composizione e il loro superamento, in modo che quest’area, ‘porta tra l’Oriente e l’Occidente’, secondo la bella immagine usata da san Giovanni Paolo II quando visitò il vostro Paese (cfr Discorso nella Cerimonia di Benvenuto, 22 maggio 2002: Insegnamenti XXV, 1 [2002], 838), divenga anche una porta aperta verso la pace e un esempio a cui guardare per risolvere antichi e nuovi conflitti”.

“La Chiesa Cattolica, pur essendo nel Paese una presenza numericamente esigua, è inserita nella vita civile e sociale dell’Arzerbaigian, partecipa alle sue gioie ed è solidale nell’affrontare le sue difficoltà. Il riconoscimento giuridico, reso possibile a seguito della ratifica dell’Accordo internazionale con la Santa Sede nel 2011, ha inoltre offerto un quadro normativo più stabile per la vita della comunità cattolica in Azerbaigian. Sono inoltre particolarmente lieto per le cordiali relazioni che la comunità cattolica intrattiene con quella musulmana, quella ortodossa e quella ebraica, ed auspico che si incrementino i segni di amicizia e di collaborazione. Tali buone relazioni rivestono un alto significato per la pacifica convivenza e per la pace nel mondo e mostrano che tra i fedeli di diverse confessioni religiose è possibile la cordialità dei rapporti, il rispetto e la cooperazione in vista del bene di tutti. L’attaccamento ai genuini valori religiosi è del tutto incompatibile con il tentativo di imporre con violenza agli altri le proprie visioni, facendosi scudo del santo nome di Dio. La fede in Dio sia invece fonte ed ispirazione di mutua comprensione e rispetto e di reciproco aiuto, a favore del bene comune della società. Dio benedica l’Azerbaigian con l’armonia, la pace e la prosperità”.

 

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