Papa dal Congo: tu cristiano che commetti violenze, deponi le armi
L’appello di Francesco nella messa celebrata all’aeroporto di Kinshasa davanti a oltre un milione di fedeli in un Paese profondamente ferito dai conflitti. “In un mondo scoraggiato per la violenza e la guerra ripetiamo con Gesù: pace a voi”
Kinshasa (AsiaNews) – Una folla immensa, ben oltre un milione di persone provenienti da tutta la Repubblica democratica del Congo, ha partecipato questa mattina alla Messa che papa Francesco ha presieduto nell’area dell’aeroporto Ndolo a Kinshasa nel momento culminante della seconda giornata del suo viaggio in Africa. Davanti a loro – in questo Paese profondamente segnato dalla guerra, che nelle ultime settimane è tornata a seminare sangue e distruzione nell’est del Paese – il pontefice ha fatto risuonare il brano di Vangelo del saluto del Risorto ai discepoli: “Pace a voi”. “Gesù – ha commentato nell’omelia della liturgia, scandita dai canti e dalla ricchezza di colori dell’Africa - proclama la pace mentre nel cuore dei discepoli ci sono le macerie, annuncia la vita mentre loro sentono dentro la morte. La pace di Gesù arriva nel momento in cui tutto per loro sembrava finito, nel momento più inatteso e insperato, quando non c’erano spiragli di pace».
Un momento che la Repubblica democratica del Congo, da trent’anni ormai alle prese con la guerra, conosce fin troppo bene come tante altre aree ferite del mondo di oggi. «Non possiamo lasciare che in noi prevalga la tristezza – ha detto il papa ai fedeli - non possiamo permettere che serpeggino rassegnazione e fatalismo. Se intorno a noi si respira questo clima, così non sia per noi: in un mondo scoraggiato per la violenza e la guerra, i cristiani fanno come Gesù. Lui, quasi insistendo, ha ripetuto ai discepoli: pace a voi; e noi siamo chiamati a fare nostro e dire al mondo questo annuncio insperato e profetico di pace».
Da Kinshasa Francesco indica tre “sorgenti” per continuare ad alimentare la pace: il perdono, la comunità e la missione. Innanzi tutto il perdono: “Non si tratta di lasciarsi tutto alle spalle come se niente fosse – spiega - ma di aprire agli altri il proprio cuore con amore. Così fa Gesù: davanti alla miseria di chi lo ha rinnegato e abbandonato, mostra le ferite e apre la fonte della misericordia. Non usa tante parole, ma spalanca il suo cuore ferito, per dirci che Lui è sempre ferito d’amore per noi”.
Gesù conosce le tue ferite, “continuamente infettate dall’odio e dalla violenza, mentre la medicina della giustizia e il balsamo della speranza sembrano non arrivare mai”. Ma desidera “ungerci con il suo perdono per darci la pace e il coraggio di perdonare a nostra volta, il coraggio di compiere una grande amnistia del cuore”.
“Sia oggi il momento di grazia per accogliere e vivere il perdono di Gesù – invita papa Francesco i congolesi -. Sia il momento giusto per te, che porti un fardello pesante sul cuore e hai bisogno che sia tolto per tornare a respirare. E sia il momento propizio per te, che in questo Paese ti dici cristiano ma commetti violenze; a te il Signore dice: ‘Deponi le armi, abbraccia la misericordia’”. Chiede ai fedeli di togliere il Crocifisso dal collo e dalle tasche, di prenderlo tra le mani e di portarlo vicino al cuore “per condividere le vostre ferite con quelle di Gesù”. “Diamo a Cristo la possibilità di risanarci il cuore, gettiamo in Lui il passato, ogni paura e affanno”.
Insieme al perdono la seconda sorgente della pace è la comunità: “Gesù risorto non si rivolge ai singoli discepoli, ma li incontra insieme: parla loro al plurale. Non c’è cristianesimo senza comunità, come non c’è pace senza fraternità”. Mette in guardia dal rischio di “stare insieme ma andare avanti da soli, ricercando nella società, ma anche nella Chiesa, il potere, la carriera, le ambizioni”. Parla della via “per non cadere nei trabocchetti del potere e del denaro, per non cedere alle divisioni, alle lusinghe del carrierismo che corrodono la comunità, alle false illusioni del piacere e della stregoneria che rinchiudono in sé stessi”. L’antidoto – spiega – è “avere il coraggio di guardare i poveri e ascoltarli, perché sono membri della nostra comunità e non estranei da cancellare dalla vista e dalla coscienza. Aprire il cuore agli altri, invece di chiuderlo sui propri problemi o sulle proprie vanità”.
Infine la missione, perché la pace va anche annunciata: “I cristiani, mandati da Cristo, sono chiamati per definizione a essere coscienza di pace del mondo – conclude -. Non solo coscienze critiche, ma soprattutto testimoni di amore; non pretendenti dei propri diritti, ma di quelli del Vangelo, che sono la fraternità, l’amore e il perdono; non ricercatori dei propri interessi, ma missionari del folle amore che Dio ha per ciascun essere umano”.
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