07/09/2024, 12.18
PAPUA NUOVA GUINEA
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Papa da Port Moresby: 'Le ricchezze della terra e del mare siano per tutti'

Nell'arcipelago dell'Oceania segnato dallo sfruttamento intensivo di grandi multinazionali il pontefice esorta a uno "sviluppo sostenibile ed equo". Alla sua comunità politica il richiamo a lavorare insieme perché cessino "le violenze tribali che causano molte vittime". Alla Chiesa l'invito ad avere la forza di "ricominciare sempre", per raggiungere le periferie fisiche e umane più remote, comprese le vittime delle accuse di stregoneria. Il richiamo ai beati martiri Giovanni Mazzucconi e Peter To Rot.

Port Moresby (AsiaNews) – Nella distribuzione dei proventi delle risorse della terra e delle acque della Papua Nuova Guinea e della sua mano d’opera “si tengano nel dovuto conto le esigenze delle popolazioni locali, in modo da produrre un effettivo miglioramento delle loro condizioni di vita”. Perché anche se per il loro sfruttamento “è necessario coinvolgere più vaste e competenze e grandi imprese internazionali”, occorre ricordare che “questi beni sono destinati da Dio all’intera comunità”.

È un appello alla giustizia nei rapporti tra grandi interessi e piccole comunità nel mondo globalizzato di oggi quello che papa Francesco ha lanciato oggi da Port Morseby, la capitale della Papua Nuova Guinea, seconda tappa del suo viaggio apostolico nel Sud-Est Asiatico e in Oceania. Paradiso naturale contrassegnato da una “straordinaria ricchezza culturale e umana” l’ha definito il pontefice. Ma anche arcipelago dagli equilibri fragili e ferito da sempre nuove frontiere di sfruttamento. Dove la corsa globale ad accaparrarsi sempre nuove materie prime a basso costo, in queste isole lontane e ben poco conosciute già esposte agli effetti del cambiamento climatico, oggi rischia di arrivare a minacciare persino i fondali marini attraverso i nuovi progetti del Deep sea mining.

Per questo rivolgendo questa mattina il suo primo discorso alle autorità, ai rappresentanti della società civile e al corpo diplomatico tenuto nella Apec House – il moderno complesso realizzato per ospitare qualche anno fa per la prima volta il vertice dell’organismo di cooperazione economica dell’Asia-Pacifco - Francesco ha invocato l’orizzonte di uno “sviluppo sostenibile ed equo, che promuova il benessere di tutti, nessuno escluso, attraverso programmi concretamente eseguibili e mediante la cooperazione internazionale, nel mutuo rispetto e con accordi vantaggiosi per tutti i contraenti”.

Anche la Papua Nuova Guinea stessa, però, è chiamata però a fare la sua parte. Rivolgendosi alla sua comunità politica, dopo aver incontrato il governatore generale Bob Dadae, il pontefice ha ricordato quanto sia essenziale per ottenere questi risultati “la stabilità delle istituzioni, favorita dalla concordia su alcuni punti essenziali tra le differenti concezioni e sensibilità presenti nella società”. Alludendo ai gravi scontri avvenuti negli ultimi mesi a Port Moresby ma anche nella provincia del Sepik orientale, papa Francesco ha auspicato la cessazione delle violenze tribali “che causano purtroppo molte vittime, non permettono di vivere in pace e ostacolano lo sviluppo”. “Faccio appello al senso di responsabilità di tutti – ha detto - affinché si interrompa la spirale di violenza e si imbocchi invece risolutamente la via che conduce a una fruttuosa collaborazione, a vantaggio dell’intero popolo del Paese”. Come pure ha chiesto che si trovi “un assetto definitivo”, “evitando il riaccendersi di antiche tensioni”, anche riguardo allo status dell’isola di Bougainville, dove nel 2019 con referendum non vincolante la popolazione locale ha votato in massa per la piena indipendenza.

Francesco ha lodato la scelta dell’unica parola “Pray-Pregare”, idnicata come motto di questa seconda tappa del suo viaggio. “Forse qualcuno, troppo osservante del ‘politicamente corretto’, potrà stupirsi di questa scelta – ha commentato -; ma in realtà si sbaglia, perché un popolo che prega ha un futuro, attingendo forza e speranza dall’alto”. Allo stesso tempo, però - in un Paese dove la grande maggioranza della popolazione si professa cristiani e alcuni gruppi evangelici dal 2015 hanno addirittura intronizzato in Parlamento la Bibbia di King James, promettendo che questo gesto avrebbe portato "benedizioni e ricchezze" – il Papa ha auspicato che “la fede non si riduca mai all’osservanza di riti e di precetti, ma che consista nell’amore, nell’amare Gesù Cristo e seguirlo, e che possa farsi cultura vissuta, ispirando le menti e le azioni e diventando un faro di luce che illumina la rotta”.

Vivere questo amore non è facile in una terra estrema come la Papua Nuova Guinea. Papa Francesco lo ha sottolineato soprattutto nell’incontro del pomeriggio, durante l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i consacrati e gli operatori pastorali nel santuario di Maria Ausiliatrice a Port Moresby. È una missione che chiede sempre “il coraggio di ricominciare”, ha sottolineato il pontefice, ricordando anche le difficoltà affrontate dai primi missionari, tra i quali ha citato il beato Giovanni Battista Mazzucconi, primo martire del Pime nel 1855, e il catechista locale Peter To Rot, anche lui ucciso in odium fidei nel 1945 e proclamato beato da Giovanni Paolo II proprio in Papua Nuova Guinea nel 1995.

Ha invitato la Chiesa cattolica a ripartire ogni giorno verso le periferie, che in questo arcipelago e nella stessa grande isola di Papua sono anche fisicamente particolarmente remote. “Penso alle persone appartenenti alle fasce più disagiate delle popolazioni urbane, come anche a quelle che vivono nelle zone più remote e abbandonate, dove a volte manca il necessario. E ancora a quelle emarginate e ferite, sia moralmente che fisicamente, dal pregiudizio e dalla superstizione, a volte fino a rischio della vita”, ha spiegato Francesco facendo espressamente riferimento alla piaga delle violenze legate alle accuse di stregoneria.

Il segreto su come camminare così il pontefice lo aveva confidato qualche ora prima a un gruppo di bambini di strada e di disabili, assistiti da una realtà diocesana e dal Callan Service, che lo hanno accolto alla Caritas Technical Secondary School con le loro danze e i colori degli abiti tradizionali delle loro tribù. “Come possiamo rendere più bello e felice il nostro mondo?”, gli hanno chiesto. A loro Francesco - con un’immagine efficace - ha invitato a imparare dal gatto: “Avete mai visto come si prepara un gatto quando deve fare un bel salto? Prima si concentra e punta tutte le sue forze e i suoi muscoli nella direzione giusta. Magari lo fa in un momento veloce, e non lo notiamo nemmeno, ma lo fa. E così anche noi: concentrare tutte le nostre forze sulla meta, che è l’amore di e per Gesù e in Lui per tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo sulla nostra strada. Poi con slancio riempire tutto e tutti con il nostro affetto”.

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