20/06/2022, 12.32
VATICANO - SIRIA
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Papa al sinodo greco-melkita: non dimenticare il ‘dramma’ della Siria

Oggi il pontefice ha ricevuto i membri della Chiesa patriarcale greco-melkita nella giornata di inizio dei lavori sinodali. Il ricordo della preghiera in san Pietro coi musulmani nel primo anno di pontificato, quanto è nata la definizione “Amata e martoriata”. Il ruolo dei vescovi quali “testimoni” della fede. La diaspora come “sfida, ecclesiale ma anche culturale e sociale”. 

Città del Vaticano (AsiaNews) - I “drammi” che da mesi insanguinano l’Europa dell’est, con l’invasione russa dell’Ucraina, non devono far “dimenticare” quanto da 12 anni si consuma “nella vostra terra”. È quanto ha sottolineato oggi il papa, ricevendo in udienza in Vaticano i membri del sinodo della Chiesa patriarcale di Antiochia dei greco-melkiti che oggi celebrano la giornata di inizio dei lavori. Ringraziando il primate Youssef Absi, Francesco ha ricordato il pesante bombardamento occorso durante il primo anno di pontificato, in seguito al quale “abbiamo convocato una notte di preghiera” in san Pietro, con una “piazza piena” e in cui “c’erano anche dei musulmani”. E in quell’occasione è nata “l’espressione ‘Amata e martoriata Siria”. Migliaia di morti e feriti, milioni di rifugiati interni e all’estero, l’impossibilità - ha aggiunto - di avviare la necessaria ricostruzione”. 

Tornando, come fatto più volte nel recente passato, su un conflitto dimenticato e scomparso dalle agende internazionali, il papa ha esortato a mantenere viva “l’ultima scintilla di speranza” che resta nel cuore e negli occhi di giovani e famiglie. “E rinnovo quindi l’appello - ha proseguito - a tutti coloro che hanno responsabilità, dentro il Paese e nella Comunità internazionale, perché si possa giungere ad una equa e giusta soluzione al dramma della Siria”. 

I vertici della Chiesa greco-melkita sono a riuniti a Roma per il sinodo annuale sulle tombe dei santi Pietro e Paolo, la cui intercessione è necessaria perché in società “che si definiscono ‘liquide’, con legami leggeri che moltiplicano le solitudini e l’abbandono dei più fragili, la comunità cristiana abbia il coraggio di testimoniare il nome di Cristo” ha spiegato Francesco. Voi vescovi, prosegue, “siete chiamati a interrogarvi sul modo in cui, come Chiesa, portate la vostra testimonianza: eroica sì, generosa, ma sempre bisognosa di essere posta alla luce di Dio perché sia purificata e rinnovata” secondo il principio Ecclesia semper reformanda.

Il papa ricorda poi l’importanza di “vivere la comunione di preghiera e di intenti tra voi e con il Patriarca, tra i Vescovi e i presbiteri e i diaconi, con i religiosi e le religiose, e con i fedeli laici” che costituiscono il popolo di Dio. Il pontefice ha ricordato le giuste preoccupazioni “della sopravvivenza dei cristiani nel Medio Oriente” che egli stesso condivide “pienamente”. Al contempo guarda alla dimensione attuale della Chiesa Melkita che “ha una dimensione mondiale” dall’Australia e Oceania agli Stati Uniti, il Canada, il Sud America e la stessa Europa. “Questo aspetto - afferma il papa - rappresenta senza dubbio una sfida, ecclesiale ma anche culturale e sociale, non senza difficoltà e ostacoli. Al contempo è anche una grande occasione: quella di rimanere radicati nelle proprie tradizioni e origini, aprendovi però all’ascolto dei tempi e dei luoghi in cui siete disseminati, per rispondere a quello che il Signore chiede oggi alla vostra Chiesa”.

Sulla scelta dei vescovi, il pontefice invita a superare “ogni logica di partigianeria e di equilibri fra Ordini Religiosi di provenienza”, perché il solo criterio nella scelta sia quello di “far risplendere il volto della Chiesa tenendo lontane divisioni e mormorazioni“ che sono fonte di scandalo. “Su questo mi fermo: state attenti al chiacchiericcio. Se uno ha una cosa da dire all’altro, la dica in faccia, con carità, ma in faccia. Ma mai sparlare dell’altro con un altro [perché] è un tarlo che distrugge la Chiesa. Siamo coraggiosi. Guardiamo come Paolo ha detto in faccia a Giacomo tante cose. Anche a Pietro” Solo in questo modo, conclude il pontefice, “si fa l’unità, la vera unità”. 

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