Papa al Giubileo dei catechisti: È amando che si annuncia Dio-Amore
Alla messa giubilare davanti a decine di migliaia di catechisti da tutto il mondo, papa Francesco mette in luce “il centro” della fede da annunciare: “il Signore Gesù è risorto, il Signore Gesù ti ama, per te ha dato la sua vita”. Ma mette in luce anche le qualità del messaggero: “non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale”. Il ricco “è cieco” perché non vede il povero; “strabico” perché “guarda con riverenza le persone famose, di alto rango, ammirate dal mondo, e distoglie lo sguardo dai tanti Lazzaro di oggi”. Oggi “siamo caduti in questo abisso dell’indifferenza, della mondanità, dell’egoismo”. Solidarietà ai vescovi messicani nel loro impegno per la famiglia e contro l'ideologia gender. La beatificazione del sacerdote Engelmar Unzeitig, ucciso nel campo di sterminio di Dachau. La Giornata per il sordo.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale”, “è amando che si annuncia Dio-Amore”. Papa Francesco, nell’omelia per la messa in occasione del Giubileo dei catechisti, ha tratteggiato la figura di coloro che sono impegnati nella Chiesa nell’annuncio della resurrezione di Gesù e nell’insegnamento della fede cattolica.
Per l’occasione sono giunti a Roma da tutto il mondo oltre 15mila catechisti, in rappresentanza dei milioni sparsi in tutte le nazioni. Diverse centinaia provengono dall’Asia. Molti di loro sono volontari in questo impegno; altri sono salariati essendo impegnati in modo totale nella comunicazione della fede cristiana.
Nell’omelia il pontefice ha anzitutto messo in chiaro il centro del messaggio cristiano da comunicare: “Questo centro attorno al quale tutto ruota, questo cuore pulsante che dà vita a tutto è l’annuncio pasquale, il primo annuncio: il Signore Gesù è risorto, il Signore Gesù ti ama, per te ha dato la sua vita; risorto e vivo, ti sta accanto e ti attende ogni giorno. Non dobbiamo mai dimenticarlo. In questo Giubileo dei catechisti, ci è chiesto di non stancarci di mettere al primo posto l’annuncio principale della fede: il Signore è risorto. Non ci sono contenuti più importanti, nulla è più solido e attuale”.
Subito dopo il papa si è soffermato sul messaggero che comunica l’annuncio: “È amando che si annuncia Dio-Amore: non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale. Dio si annuncia incontrando le persone, con attenzione alla loro storia e al loro cammino. Perché il Signore non è un’idea, ma una Persona viva: il suo messaggio passa con la testimonianza semplice e vera, con l’ascolto e l’accoglienza, con la gioia che si irradia. Non si parla bene di Gesù quando si è tristi; nemmeno si trasmette la bellezza di Dio solo facendo belle prediche. Il Dio della speranza si annuncia vivendo nell’oggi il Vangelo della carità, senza paura di testimoniarlo anche con forme nuove di annuncio”.
Per spiegare cos’è l’amore, Francesco prende spunto dalla parabola del ricco e del mendicante riportata nel vangelo di oggi (26ma per anno, C, Luca 16,19-31). Il ricco, spiega il papa, “non fa del male a nessuno, non si dice che è cattivo. Ha però un’infermità più grande di quella di Lazzaro, che pure era «coperto di piaghe»: questo ricco soffre di una forte cecità, perché non riesce a guardare al di là del suo mondo, fatto di banchetti e bei vestiti. Non vede oltre la porta di casa sua, dove giace Lazzaro, perché non gli interessa quello che succede fuori. Non vede con gli occhi perché non sente col cuore. Nel suo cuore è entrata la mondanità che anestetizza l’anima. La mondanità è come un ‘buco nero’ che ingoia il bene, che spegne l’amore, perché fagocita tutto nel proprio io. Allora si vedono solo le apparenze e non ci si accorge degli altri, perché si diventa indifferenti a tutto. Chi soffre questa grave cecità assume spesso comportamenti ‘strabici’: guarda con riverenza le persone famose, di alto rango, ammirate dal mondo, e distoglie lo sguardo dai tanti Lazzaro di oggi, dai poveri e dai sofferenti che sono i prediletti del Signore”.
All’opposto vi è l’atteggiamento del Signore: “Il Signore guarda a chi è trascurato e scartato dal mondo. Lazzaro è l’unico personaggio, in tutte le parabole di Gesù, ad essere chiamato per nome. Il suo nome vuol dire: ‘Dio aiuta’. Dio non lo dimentica, lo accoglierà nel banchetto del suo Regno, insieme ad Abramo, in una ricca comunione di affetti. L’uomo ricco, invece, nella parabola non ha neppure un nome; la sua vita cade dimenticata, perché chi vive per sé non fa la storia. L’insensibilità di oggi scava abissi invalicabili per sempre”.
Soffermandosi e guardando le decine di migliaia di persone radunate, ha aggiunto a braccio: “E noi siamo caduti in questo abisso dell’indifferenza, della mondanità, dell’egoismo”.
Il papa mostra infine il contrasto fra “la vita opulenta” del ricco, che “reclama bisogni e diritti” perfino da morto e “la povertà di Lazzaro”, dalla cui bocca “non escono lamenti, proteste o parole di disprezzo”.
“Come servitori della parola di Gesù – spiega il pontefice - siamo chiamati a non ostentare apparenza e a non ricercare gloria; nemmeno possiamo essere tristi e lamentosi. Non siamo profeti di sventura che si compiacciono di scovare pericoli o deviazioni; non gente che si trincera nei propri ambienti, emettendo giudizi amari sulla società, sulla Chiesa, su tutto e tutti, inquinando il mondo di negatività. Lo scetticismo lamentevole non appartiene a chi è familiare con la Parola di Dio”.
“Chi annuncia la speranza di Gesù è portatore di gioia e vede lontano, perché sa guardare al di là del male e dei problemi. Al tempo stesso vede bene da vicino, perché è attento al prossimo e alle sue necessità. Il Signore oggi ce lo chiede: dinanzi ai tanti Lazzaro che vediamo, siamo chiamati a inquietarci, a trovare vie per incontrare e aiutare, senza delegare sempre ad altri o dire: ‘ti aiuterò domani’. Il tempo per soccorrere è tempo donato a Gesù, è amore che rimane: è il nostro tesoro in cielo, che ci procuriamo qui sulla terra”.
“il Signore - ha concluso - ci dia la grazia di essere rinnovati ogni giorno dalla gioia del primo annuncio: Gesù ci ama personalmente! Ci doni la forza di vivere e annunciare il comandamento dell’amore, superando la cecità dell’apparenza e le tristezze mondane. Ci renda sensibili ai poveri, che non sono un’appendice del Vangelo, ma una pagina centrale, sempre aperta davanti a noi”.
Prima della recita dell’Angelus, a conclusione della messa, papa Francesco ha ringraziato tutti i catechisti presenti: “Grazie del vostro impegno nella Chiesa al servizio dell’evangelizzazione. La Madonna vi aiuti a perseverare nel cammino della fede e a testimoniare con la vita ciò che trasmettete nella catechesi”.
Il pontefice ha anche espresso solidarietà verso i vescovi messicani, impegnati in un braccio di ferro con il presidente Enrique Peña Nieto, che nei mesi scorsi ha espresso la volontà di introdurre nel Paese l’ideologia gender e il riconoscimento del matrimonio omosessuale con il diritto di adozione per le coppie gay. “Mi associo – ha detto il papa - ben volentieri ai Vescovi del Messico nel sostenere l’impegno della Chiesa e della società civile in favore della famiglia e della vita, che in questo tempo richiedono speciale attenzione pastorale e culturale in tutto il mondo”. Egli ha anche assicurato la sua preghiera “per il caro popolo messicano, perché cessi la violenza che in questi giorni ha colpito anche alcuni sacerdoti”. Il 18 settembre due sacerdoti nella diocesi di Papantla (stato di Veracruz) sono stati rapiti e trovati morti il giorno dopo. Si tratta di padre Alejo Nabor Jiménez Juárez e padre José Alfredo Suárez de la Cruz.
Francesco ha poi ricordato che ieri, a Würzburg (Germania), è stato proclamato Beato Engelmar Unzeitig, sacerdote della Congregazione dei Missionari di Mariannhill. “Ucciso in odio alla fede nel campo di sterminio di Dachau – ha detto - egli all’odio contrappose l’amore, alla ferocia rispose con la mitezza. Il suo esempio ci aiuti ad essere testimoni di carità e di speranza anche in mezzo alle tribolazioni”.
Infine, in occasione della Giornata odierna del sordo, Francesco ha voluto salutare “tutte le persone sorde, qui pure rappresentate, e incoraggiarle a dare il loro contributo per una Chiesa e una società sempre più capaci di accogliere”.