Papa ai movimenti: È in crisi l'uomo. No a una Chiesa chiusa, ma una Chiesa che esce, che il Signore guida nelle periferie
Città del Vaticano (AsiaNews) - "Oggi è in crisi l'uomo, per questo è una crisi profonda". Per questo "non dobbiamo chiuderci in noi stessi nella parrocchia, con gli amici, nel movimento, con quelli che la pensano come noi...". "La Chiesa deve uscire da se stessa verso le periferie esistenziali". Sono due fra le urgenze più importanti che papa Francesco ha suggerito a movimenti, associazioni, nuove comunità giunti a Roma per la veglia del 18 maggio e la messa di Pentecoste, del 19. Il papa ha risposto a braccio a quattro domande che gli sono state poste, in cui egli ha ricordato di aver ricevuto la fede in famiglia, da sua nonna; ha sottolineato che la Chiesa "non è una ong", ma portatrice di Gesù Cristo; che per risvegliare il mondo materialista alla fede è necessaria la testimonianza personale; che nel nostro mondo attuale la caduta degli investimenti finanziari è considerata "una tragedia", mentre la caduta (e la morte) di operai, o la morte per fame, o le difficoltà dei poveri non interessano.
La veglia è iniziata alle 18 in una piazza san Pietro gremita di almeno 200mila persone, con una folla che traboccava lungo la via della Conciliazione. Francesco è uscito alle 17.30 per un lungo giro di saluto sulla jeep scoperta, salutando e baciando bambini, in una foresta di striscioni, cappellini, sciarpe, cartelli, al grido di "Fran-ce-sco! Fran-ce-sco!". In seguito il papa ha voluto correggerli ("fraternamente, però!"): "D'ora in poi dovete dire: Gesù, Gesù! Gesù!" e la folla gli ha subito ubbidito.
Alla veglia di preghiera hanno partecipato almeno 150 movimenti, associazioni e nuove comunità: Comunione e Liberazione, Movimento dei Focolari, Neocatecumenali, Sant'Egidio, Rinnovamento nello Spirito e molti gruppi dall'Europa, dall'America, dall'Asia e dall'Africa. L'appuntamento era fissato all'interno delle celebrazioni per l'Anno della Fede, col titolo "Io credo! Aumenta in noi la fede". Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la Nuova evangelizzazione, introducendo il momento, ha detto che la spinta per questo raduno oceanico è "è ricercare la via più idonea e coerente per vivere e testimoniare il Vangelo nel mondo di oggi".
Dopo due letture tratte dalla Lettera ai Romani e da sant'Ireneo, vi sono state due testimonianze. John Waters, editorialista irlandese, ha parlato del suo allontanamento dalla fede, alla ricerca di una libertà "ci fa sentire insieme onnipotenti e profondamente impotenti", tipica dell'uomo d'oggi che "cerca di dominare tutto e per questo si sente solo". Ha ricordato poi la sua discesa ("in ginocchio") nell'alcolismo, da cui è stato salvato grazie ad alcuni amici che l'hanno aiutato a riscoprire la fede dell'infanzia. Ora, ha concluso "Io non sono solo John, ma uno con Colui che mi fa e non potrei essere libero in nessun altro modo".
L'altra testimonianza è quella di Paul Bhatti, ex ministro delle minoranze in Pakistan, che ha ringraziato papa Francesco di poter "condividere il dolore e le speranze dei cristiani del Pakistan". Egli ha ricordato la missione di suo fratello Shahbaz, ucciso dagli estremisti islamici il 2 marzo 2011, il suo impegno verso i poveri, gli emarginati, i deboli che "sono il corpo di Cristo perseguitato". Allo stesso tempo, suo fratello non ha mai smesso di sognare "un Pakistan libero e aperto a tutte le comunità e minoranze", in dialogo con i musulmani, ai quali "testimoniare l'amore di Gesù".
Quattro rappresentanti dei gruppi laicali hanno poi posto a papa Francesco altrettante domande. Il pontefice, che aveva avuto in precedenza le domande, ha risposto a braccio, scusandosi alla fine di essere stato "troppo lungo". Il dialogo è durato almeno 40 minuti.
Alla prima domanda, "come ha potuto raggiungere lei nella sua vita la certezza sulla fede?", il papa risponde ricordando l'educazione religiosa ricevuta da sua nonna, dalla quale "ho ricevuto il primo annunzio cristiano... Tutte le mamme e le nonne trasmettono la fede. Dio ci mette accanto persone che ci aiutano nella fede".
"Noi diciamo che dobbiamo cercare Dio, andare a chiedere perdono, ma Lui ci aspetta, lui viene prima. Il Signore sempre ci aspetta per primo.... Questo fa nascere uno stupore che ti dona la fede. É importante studiare la fede, ma è importante un incontro con Gesù". "Il nemico più grande della nostra fragilità - aggiunge - è la paura. 'Non abbiate paura'. Col Signore siamo sicuri. La fede cresce col Signore, dalla mano del Signore. Quando abbiamo troppa fiducia in noi, siamo più fragili". E sempre a proposito di "mamme" che aiutano la fede dei figli, Francesco conclude: "Una cosa che mi fa forte tutti i giorni è pregare la Madonna col rosario. Vado da lei e mi sento forte".
Una donna insegnante parla del materialismo banale in cui sono immersi i suoi studenti e gli altri insegnanti. E domanda: "Qual è la cosa più importante per attuare il compito a cui siamo chiamati? Come possiamo comunicare in modo efficace la fede nel mondo di oggi?".
"La cosa più importante - dice il papa - è Gesù. Organizzazione, cose fa dare... da sole non bastano, non va. Gesù è la cosa più importante.... L'evangelizzazione pensiamo che vada fatta attorno a un tavolo, con le strategie, ma quelle sono secondarie. L'evangelizzazione avviene con la testimonianza... Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno detto che l'uomo d'oggi ha bisogno di testimoni, non tanto di maestri".
Occorre che "ci lasciamo guidare da Gesù", "il nostro leader" e che ci "lasciamo guardare". E racconta che qualche volta alla sera, egli va in cappella e si addormenta per la stanchezza. "Ma Lui capisce... E io mi lascio guardare e questo mi dà forza".
Alla terza domanda, posta da un'impiegata, "Come possiamo vivere una Chiesa povera e per i poveri? Quale contributo possiamo dare per affrontare la grave crisi di oggi?", Francesco risponde che il "principale contributo" è "vivere il Vangelo. La Chiesa non è un movimento politico, né una struttura ben organizzata. Noi non siamo una ong. Quando la Chiesa diventa una ong perde il sale e diventa una vuota organizzazione".
E dopo aver messo in guardia dalla tentazione dell'efficientismo, aggiunge: "[Nel mondo di oggi] E' in crisi l'uomo, per questo è una crisi profonda. Per questo non possiamo interessarci solo a noi... Non dobbiamo chiuderci in noi stessi nella parrocchia, con gli amici, nel movimento, con quelli che la pensano come noi... Quando la Chiesa diventa chiusa, si ammala. Una stanza chiusa per un anno.. quando torni puzza di umidità..... La Chiesa deve uscire da se stessa verso le periferie esistenziali. Gesù ha detto : 'Andate in tutto il mondo'. Una Chiesa che esce rischia, come uno che esce di casa e gli capita un incidente. Ma ve lo dico sinceramente: preferisco una Chiesa incidentata, a una Chiesa malata perché chiusa. Troppe volte per paura stiamo chiusi in strutture antiquate, che ci rendono schiavi".
Ricorda poi che la cultura dominante è quella "dello scontro e dello scarto", che elimina i vecchi con la loro saggezza, e i bambini perché sono inutili. I cristiani vanno contro questa cultura: "Dobbiamo uscire e andare a incontrare tutti, persone che non la pensano come noi, di altre fedi, non credenti... Essi condividono con noi l'essere immagine di Dio".
Ritorna poi ancora alla "crisi dell'uomo": "Un barbone che muore di freddo, non fa notizia... I bambini che muoiono di fame, non fanno notizia". "Se usciamo e andiamo dai poveri, potremo toccare la carne di Cristo. Una Chiesa povera per i poveri incomincia con l'andare verso la carne di Cristo e [così] cominciamo a capire cosa è la povertà del Signore".
Sempre parlando a braccio, Francesco sottolinea che la crisi attuale è una crisi dell'uomo "perché distrugge l'uomo, lo spoglia dell'etica. E nella vita pubblica, se non c'è etica, allora tutto è possibile e tutto si può fare. La mancanza di etica nella vita pubblica fa tanto male all'umanità intera". E dopo aver ricordato un misdrash biblico sulla torre di Babele, in cui erano più importanti i mattoni, degli operai che vi lavoravano, aggiunge: "Se vanno male gli investimenti 'è una tragedia', se muoiono gli operai, non fa niente. La Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità".
L'ultima domanda verte sul "confessare la fede", sulla persecuzione e su come "aiutare i nostri fratelli perseguitati", "come aiutare a cambiare il loro contesto politico e sociale".
"Per annunciare il Vangelo - risponde il papa - occorrono coraggio e pazienza". E giocando sul legame fra la parola "pazienza" e "patire", egli definisce i perseguitati come "la Chiesa nella pazienza". Ricorda che "ci sono più martiri oggi che nei primi secoli della Chiesa, nostri fratelli e sorelle che soffrono... Portano la fede fino al martirio. Ma il martirio non è mai una sconfitta. E' il grado più alto della testimonianza".
Il pontefice che spesso i conflitti in cui i cristiani sono vittime "non hanno origine religiosa - hanno cause sociali o politiche che poi coinvolgono le comunità religiose - ma il cristiano deve sempre rispondere al male con il bene".
E chiede a tutti: "Cerchiamo di far sentire loro che siamo profondamente uniti alla loro situazione... Pregate per questi fratelli e sorelle tutti i giorni?".
L'impegno per loro, aggiunge poi, "ci deve spingere a promuovere la libertà religiosa per tutti. Ogni uomo deve essere libero nel [professare] la sua confessione religiosa, perché ogni uomo e donna sono figli di Dio".
Alla fine della veglia e dopo la benedizione, Francesco saluta con un "Buona sera!". E la folla gli grida per decine di secondi: "Ge-su! Ge-su! Ge-su!".
21/04/2005