12/05/2015, 00.00
PAKISTAN
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Pakistan: madri e vedove ricordano gli attentati alle chiese di Youhanabad

di Silent Thinker
In occasione della Festa della mamma, la Christ Church, uno dei due luoghi di culto attaccati, ha organizzato una cerimonia di preghiera. La testimonianza di Naz Bano, il cui figlio è morto per fermare uno dei terroristi, e di Fozia, sola a crescere una bambina di due anni.

Lahore (AsiaNews) – Naz Bano ricorda bene il momento in cui ha svegliato suo figlio prima del tempo, per il servizio di sicurezza volontario alla chiesa locale, il giorno in cui due attentatori suicidi si sono fatti esplodere nella colonia cristiana dove vivono.

“‘Devo stare davanti ai cancelli durante la messa’, mi aveva detto la notte prima”, racconta Bano. Piange sommessamente seduta a uno dei banchi della Christ Church a Youhanabad, dove vivono circa 100mila cristiani di Lahore. Naz Bano era tra i genitori che hanno partecipato a un emozionante raduno, due giorni fa, organizzato in occasione della Festa della mamma proprio nella chiesa attaccata.

Suo figlio Akash, 20 anni, è morto il 15 marzo scorso cercando di impedire al terrorista di entrare nella chiesa cattolica St. John. Diciassette persone, inclusi sette musulmani, sono morte, e più di 70 sono rimaste ferite nell’esplosione. I poster dei “martiri cristiani” sono ora affissi sul muro di fronte alla Christ Church, in una strada polverosa del più grande ghetto cristiano della città.

Ma Aakash viene ricordato soprattutto per il suo gesto coraggioso. Questo giovane senza paura ha sfidato i terroristi, si legge nella didascalia del suo manifesto.

Madre di un martire

Naz Bano racconta: “Ho visto donne baciare la sua bara il giorno in cui è stato sepolto. Non ho mai firmato il suo modulo d’iscrizione per unirsi al servizio di sicurezza, ma lui lo ha fatto lo stesso. Forse era la volontà di Dio, Egli aveva preparato Aakash perché salvasse molte vite. Gli altri miei tre figli mi hanno fatto gli auguri per questa festa, ma lui non è qui”.

Al raduno per la festa della mamma il rev. Arshad Ashknaz ha iniziato la sobria cerimonia con preghiere dedicate a “figli, sorelle e familiari” morti. La Deserving students Educational Assistance Program (Dseap), una Ong di Karachi, ha poi distribuito assegni dal valore di 50mila rupie (436 euro), come segno di elogio alle madri presenti. Un totale di 25 familiari delle vittime della tragedia di Youhanabad, incluse cinque vedove, hanno ricevuto la donazione.

Il ricordo di una vedova

Stringendo a sé la sua bambina di due anni, Fozia progetta di risparmiare il denaro per pagare gli studi di sua figlia. Ogni volta che visita la Christ Church, i ricordi di suo marito James Sardar, 24 anni, ritornano. Anche lui è morto vicino al cancello d’ingresso. “Il giorno in cui ci siamo sposati – sottolinea – è lo stesso in cui è morto. Lavorava in una fabbrica di pelle e guadagnava circa 1.200 rupie (10 euro) al mese. I proprietari non mi hanno neppure dato il suo ultimo stipendio”.

Fozia vive ancora con la famiglia di suo marito. Adesso cuce abiti femminili e guadagna appena quello che le serve per comprare il latte per sua figlia. “Lei riconosce il volto di suo padre nei poster appesi – spiega – io continuo ad andare a messa nella stessa chiesa e prego che i terroristi si convertano. È una calamità vivere in questo Paese”.

La tragedia ha cambiato Youhanabad

Intanto le chiese di Youhanabad hanno aumentato la sicurezza dopo gli attacchi [di marzo]. Un gruppo di 20 giovani adesso controlla anche la strada, in un raggio di 100 metri intorno alla sola Christ Church. Otto poliziotti armati sono a guardia della chiesa anglicana, che rientra nella categoria A, insieme a quella cattolica, in termini di sicurezza.

Il servizio metro e bus di Lahore non ferma più alla stazione di Youhanabad dopo gli scontri avvenuti in seguito all’attentato, e gli abitanti sono costretti a pagare una tariffa più alta o a fare più strada a piedi (ora sotto il sole estivo) per raggiungere la stazione più vicina. Sono 70 i giovani cristiani ancora rinchiusi nella prigione di Kot Lakhpat, 23 dei quali accusati di omicidio per il linciaggio di due musulmani – sospettati di essere terroristi – avvenuto pochi minuti dopo le esplosioni.

“Siamo tornati indietro di 10 anni – afferma il pastore Arshad – almeno 10 cristiani sono ancora ricercati e molte famiglie sono emigrate; hanno paura della polizia, non dei terroristi”.

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