Pakistan, attivisti cattolici e musulmani: Lo Stato faccia giustizia per lo studente linciato
Mashal Khan è stato ucciso il 13 aprile 2017 per il sospetto di aver insultato il profeta Maometto. Il suo caso è “un precedente giudiziario”. “Una rapida giustizia è privilegio solo di burocrati e politici, mentre Khan apparteneva ad una famiglia povera”.
Lahore (AsiaNews) – Attivisti cattolici e musulmani del Pakistan chiedono che venga fatta davvero giustizia per Mashal Khan, lo studente di giornalismo linciato a morte per presunta blasfemia su Facebook. Nel primo anniversario della sua morte, il 13 aprile, si sono riuniti davanti al Lahore Press Club per chiedere una velocizzazione del processo. Intanto lo scorso 17 aprile l’Alta corte di Peshawar ha accettato la richiesta di appello dei 57 imputati che hanno fatto ricorso contro la sentenza del Tribunale anti-terrorismo che ha già prosciolto 26 persone.
Khan è stato ucciso il 13 aprile 2017 dai suoi colleghi dell’Università di Mardan, per il solo sospetto di aver pubblicato commenti offensivi nei confronti del profeta Maometto. Le immagini del suo violento pestaggio e delle barbare torture inflitte sul corpo già esanime da un centinaio di colleghi sono dilagate rapidamente sui social media. Lo scorso giugno un’inchiesta voluta dalla Corte suprema ha stabilito che lo studente non ha mai pronunciato offese contro l’islam.
Secondo gli attivisti, la morte di Khan costituisce un precedente giudiziario. Saeeda Deep, fondatore dell’Institute of Peace and Secular Studies, riferisce ad AsiaNews che “la famiglia ha avuto dei dubbi fin dall’inizio. Le due sorelle sono state costrette ad abbandonare la scuola per motivi di sicurezza”. Poi lamenta: “Le autorità statali non danno attenzione al caso. Una rapida giustizia è privilegio solo di burocrati e politici, mentre Khan apparteneva ad una famiglia povera. La nostra unica speranza sono le proteste in strada”.
In ricordo del giovane 23enne, circa 300 persone si sono riunite davanti al Press Club di Lahore. Sui cartelloni che sventolavano si leggeva “Siamo Mashal Khan”, mentre un ragazzo urlava “Ya Allah Ya Rasool, Mashal Khan è innocente”, accompagnato dal ritmo di un tamburo.
Ziaullah Hamdard, ex docente della Abdul Wali Khan University, la stessa che frequentava lo studente linciato, fa appello al governo “affinchè aiuti la famiglia della vittima. Sono rimasto sconvolto alla vista del suo omicidio. Tra l’altro il governo aveva annunciato di voler intitolare un’università in suo onore, ma stiamo ancora aspettando”. Hamdard, che ha lasciato l’insegnamento e oggi fa campagne sociali, sostiene che “la follia predominante nella nostra società deve finire. La religione viene usata come arma. Stiamo conducendo una guerra civile. Prima gli imam proclamavano le fatwa (dettami religiosi), ora gli studenti fanno altrettanto. Coloro che rivendicano i propri diritti sono etichettano come traditori e spie”.
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