P. Mario Bianchin: Justo Takayama Ukon, modello di santità imitabile
Il “santo samurai” è stato beatificato lo scorso 7 febbraio. L’epopea dei martiri giapponesi. “Takayama Ukon presenta il modello di quella testimonianza di vita a Cristo, alla quale è chiamato ogni credente”. La riflessione del superiore regionale del Pime in Giappone sulla figura del nuovo beato.
Osaka (AsiaNews) - Martedì 7 febbraio ha avuto luogo ad Osaka la cerimonia di beatificazione di Justo Takayama Ukon, il “santo samurai”, nobile figlio del Giappone e martire in Cristo. Tra i tanti martiri con la cui splendida testimonianza la Chiesa giapponese è stata benedetta, nella figura di Takayama Ukon ‘risalta "il martirio di una vita" come di un cammino al seguito del Signore Gesù, il nuovo "signore" al quale il santo samurai giura nuova fedeltà per sempre’. E’ la riflessione che p. Mario Bianchin, superiore regionale del Pime nel Paese del Sol levante, invia ad AsiaNews, nella quale viene sottolineato il modello di “santità imitabile” che il nuovo beato rappresenta per il Giappone e per il mondo intero.
Una via giapponese di vita cristiana
"Un modello giapponese di vita cristiana anche per oggi, per tutto il mondo" sono sostanzialmente le parole con le quali il cardinale Angelo Amato riassumeva, nella sua omelia, la figura di Giusto Takayama Ukon, proclamandolo beato, in rappresentanza di Papa Francesco nel rito che il 7 febbraio si è svolto di fronte al Castello di Osaka, alla presenza di 10 mila persone tra vescovi e sacerdoti provenienti da tutto il mondo (particolarmente dalla Corea e dalle Filippine) e fedeli da tutto il Giappone.
Noto come 'il santo samurai' (più esattamente, il suo stato sociale fu di daimyo o 'signore feudale') storicamente il nuovo beato fa parte di un periodo lontano, il periodo del così detto 'Secolo Cristiano' del Giappone, a cavallo del 1600, quando la fede cristiana fiorì per la prima volta in questo estremo lembo dell'Asia, il Paese del Sol Levante, ad opera di S.Francesco Saverio.
Ma la sua figura proietta e perciò costituisce anche un modello bellissimo per oggi di "santità imitabile" specificamente per i giapponesi, ma anche per tutto il mondo, ed è questo che rende il nuovo beato un "dono" per tutta la Chiesa.
La persecuzione crudelissima che porrà termine alla prima primavera cristiana in Giappone darà a questa giovane Chiesa tanti santi martiri, in parte ben noti, come san Paolo Miki e compagni, crocifissi a Nagasaki nel 1597 (Paolo Miki stesso compagno e conterraneo di Giusto Takayama Ukon, ambedue di Osaka), ma a differenza di tutti questi, nella figura di Takayama Ukon risalta "il martirio di una vita" come di un cammino al seguito del Signore Gesù, il nuovo "signore" al quale il santo samurai giura nuova fedeltà per sempre.
Il martirio dunque di una vita "per" Cristo, in fedele obbedienza a Lui, nella tenebra della Fede che regolarmente si trasforma in grande luce, luce che ridona forze al donarsi, riaccende nel cuore la speranza e di volta in volta rivisita l'anima con la gioia e la pace.
Takayama Ukon presenta così il modello di quella testimonianza ('martirio' appunto) di vita a Cristo, alla quale è chiamato ogni credente in Cristo, e che porta alla "kenosis" cioè al processo di purificazione interiore di rinunciare a se stessi e conformarci alla volontà del Padre, come il Signore Gesù Cristo. Ed è in questo senso che egli presenta anche un modello di santità "imitabile", cioè un modello perseguibile anche dai giapponesi e anche per oggi, perché egli da' la sua bella testimonianza rimanendo all'interno della sua "realtà giapponese", della sua realtà "esistenziale".
E' la scoperta "graduale" di Paolo nel suo cammino dopo Damasco, mosso dalla rivelazione che Dio è presente in lui (cfr. Gal. 1,16), la scoperta che Dio lo ama e che gli dona il Figlio affinché anche in lui (Paolo) prenda esistenza la stessa vita del Suo Unico Figlio, il Signore Gesù. Ed è la scoperta di ogni credente in Cristo.
Dando il suo consenso interiore a questa rivelazione, il nostro Beato, come Gesù "perdona" i suoi persecutori, entra cioè nella dinamica dell'amore di Dio stesso.
Mi è sembrato di percepire dall'interno di quell'assemblea che lo proclamava beato proprio là di fronte a quel Castello di Osaka – che bene ricordava il mondo di allora, e la società all'interno della quale il nuovo Beato dava la sua bella testimonianza – elevarsi la preghiera universale della Chiesa perché il Vangelo possa essere buona notizia, annuncio di salvezza a tutta l'umanità anche oggi, nel suo cammino. Possa egli essere anche per la Chiesa in Giappone, ma anche in tutto il mondo, incentivo di un nuovo slancio missionario, fondato sulla gioia del Vangelo, la gioia di scoprirci "fratelli" perché figli nel Figlio Unigenito, attraverso la partecipazione nella Sua morte e nella Sua risurrezione, seme di vita eterna.
07/02/2017 12:39
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