30/08/2018, 12.47
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P. Luca Del Bo: la mia vita fra i musulmani in Camerun e in Francia (I)

di Luca Del Bo

Nell’Africa sempre più minacciata da Boko Haram e dal wahhabismo di origine saudita, gli imam chiedono la collaborazione dei cristiani per mostrare un volto più fraterno dell’islam e la possibilità di convivere fra le diverse fedi. I giovani camerunesi affascinati dalle promesse di potere, soldi, armi, donne ad opera del terrorismo islamico. L’esperienza di un missionario del Pime.

Roma (AsiaNews) - Padre Luca da Bo, 44 anni, di Preganziol (Treviso), è ordinato sacerdote del Pime nel 2006.  Destinato alla missione del Camerun, ha studiato francese in Belgio e in Francia per un anno. Dal 2 settembre del 2007, è inviato nel nord Camerun dove studia la lingua veicolare, il fulbé.  Si è impegnato fino al 2015 in una missione nel Chad, assunta in gemellaggio con la diocesi di Treviso. In seguito è stato mandato nel nord a Maroua, per continuare un’opera di dialogo con i musulmani, i protestanti e le autorità del luogo. Il dialogo con i musulmani era stato iniziato anni prima da p. Giuseppe Parietti, Pime. Oltre a continuare il suo lavoro, vi era anche l’urgente necessità di rafforzare i legami di amicizia fra cristiani e musulmani, data la crescita di influenza della guerriglia di Boko Haram. Di passaggio in Italia per le sue vacanze, egli ha raccontato ad AsiaNews la sua esperienza insieme ai musulmani nel nord Camerun, come pure l’anno di studi a Parigi, in un’università tenuta dai Fratelli Musulmani, sempre più potenti in Europa. Prima parte.

Nel nord Camerun, dove vivo, le statistiche dicono che i musulmani sono l’80-90% della popolazione. In realtà non è vero. A Maroua, in città i musulmani sono il 50%; il resto sono cristiani (30%) e animisti. Uscendo dalla città la percentuale cambia: i musulmani tendono a ridursi e aumentano i cristiani e gli animisti. Questo è dovuto al fatto che i musulmani si concentrano soprattutto dove vi è commercio. In giro si trovano delle moschee, ma sono vuote e abbandonate. Da quanto mi dicono, sono finanziate dall’Arabia Saudita e dall’Egitto. Oppure sono frutto della devozione di musulmani locali, che costruiscono moschee perché una hadith dice che se costruisci una moschea andrai in paradiso. Di solito, sono i grandi commercianti che lungo la strada del commercio costruiscono una moschea, come opera buona. Ma durano poco e sono presto abbandonate e in rovina.

L’islam in Camerun

All’inizio, quando sono arrivato, l’islam era molto moderato. Nella stessa famiglia vivevano musulmani, cristiani, membri di religioni tradizionali. E anche con gli imam c’erano belle storie di amicizia, di scambio e di aiuto. Dopo alcuni anni la situazione è cambiata. Secondo gli imam più anziani, la causa è che i giovani che si formano all’islam studiano a Medina e alla Mecca e vengono educati nell’ideologia wahhabita. Quando tornano, predicano in maniera dura, aggressiva. Le famiglie con caratteristiche interreligiose stanno ormai scomparendo. Se una metà della famiglia è non musulmana, tendono a convertirsi all’islam.

L’influenza di Boko Haram è iniziata nel 2009. Nel 2010 la loro influenza si è rafforzata, quando le autorità locali hanno cominciato a prendere le distanze dall’islam guerriero. Perfino gli imam della comunità musulmana hanno chiesto aiuto ai cristiani, una collaborazione più forte per far capire ai musulmani che l’islam è diverso, e facendo comprendere alle comunità musulmane, a quelle cristiane e alle autorità che l’islam non è quello wahhabita. Alcuni sacerdoti cattolici, insieme a protestanti e ortodossi, hanno creato “La maison de la rencontre” (La casa dell’incontro). Una delle maggiori opere di questa casa è una biblioteca per formare i musulmani all’islam; pur essendo ben fornita, non è utilizzata quasi per nulla. In compenso ci sono incontri con i giovani perché la necessità della comunità musulmana è insegnare loro a vivere un islam moderato, di fraternità e di pace, non quello proposto da Boko Haram. Questi hanno un grande potere: offrono soldi, armi e donne. Ma la guerra porta alla morte e quindi c’è un ricambio continuo. Per noi e gli imam, è urgente bloccare il reclutamento ed è lì che si lavora: si cerca di convincere i giovani a non aderire all’islam wahhabita (v. foto n. 3).

(Fine della prima di tre parti)

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