23/05/2017, 15.42
THAILANDIA
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P. Daniele Mazza, primo missionario laureato in buddhismo e testimone del ‘Dialogo dell’amicizia’ (Foto)

“Troppo spesso il tempo del dialogo è limitato. Aver studiato per due anni insieme ai monaci ha scacciato la paura di essere fraintesi”. “Chi dialoga con il buddhismo dovrebbe sottolineare non tanto dottrine o concetti teorici, ma la comunicazione dell'esperienza cristiana e dei modi per poterla raggiungere”. Il dialogo interreligioso aspetto fondamentale per la vita della Chiesa in Thailandia. Le sfide del futuro: “La Chiesa sarà chiamata a maturare, libera da condizionamenti e più limpida voce e immagine del Suo Signore”.

Bangkok (AsiaNews) – P. Daniele Mazza è un sacerdote del Pime che ha dedicato la sua missione in Thailandia al dialogo interreligioso. Egli è il primo missionario ad aver conseguito un master in buddhismo presso la prestigiosa università Mahachulalongkorn, punto di riferimento per la formazione dei monaci della tradizione theravada e mahayana. AsiaNews ha intervistato P. Daniele per chiedergli della sua esperienza di studi, della sua missione e della vita della Chiesa cattolica in Thailandia. La versione integrale della sua riflessione verrà pubblicata nel numero di agosto-settembre della rivista di AsiaNews.

Quando, qualche hanno fa, i missionari del Pime in Thailandia hanno deciso di destinare al dialogo interreligioso un sacerdote che vi lavorasse a tempo pieno, p. Daniele Mazza subito ha offerto la sua disponibilità. Il sacerdote ha dunque chiesto di poter frequentare un master iN buddhismo presso l’università Mahachulalongkorn, istituto gestito dal sangha thailandese [patriarca buddhista ndr]. Essa provvede alla formazione religiosa di oltre 27mila monaci (e qualche centinaio di laici), provenienti da tutta la Thailandia e da Paesi vicini quali il Laos, Vietnam, Myanmar, Cambogia, Cina, Taiwan, Sri Lanka, India, ecc. “È stata un'esperienza incredibile, che mi ha lasciato molti doni”, afferma p. Daniele.

Uno dei doni cui fa riferimento il missionario sono le amicizie profonde che ha potuto costruire in questo percorso, fondamentali per la sua opera di dialogo. “Troppo spesso il tempo del dialogo tra persone di diverse religioni è limitato. Il contesto e i tempi di un convegno non permettono di andare a fondo negli argomenti e impongono certi limiti al linguaggio e alle modalità di comunicazione. L'aver studiato per due anni insieme ai miei compagni monaci, invece, mi ha dato la possibilità e il tempo di costruire dei profondi legami di stima e, alla fine, sia io che i miei compagni ci sentivamo liberi di fare anche domande scottanti senza la paura di essere fraintesi. Ho davvero sperimentato quello che papa Francesco chiama il ‘dialogo dell'amicizia’, il quale richiede tempo e pazienza”.

Altra esperienza che p. Daniele ricorda per la sua importanza è la meditazione vipassana, praticata nei boschi in due occasioni, ciascuna delle quali per 15 giorni. Questa pratica religiosa è molto rilevante per il buddhismo, ma difficile e assai “rischiosa” per un cristiano. “Non sono pochi i sacerdoti e i missionari che hanno abbandonato il sacerdozio e la fede cristiana dopo queste esperienze. Io ho cercato di viverla con profonda sincerità e in umiltà”, afferma il sacerdote. Da questa esperienza di meditazione p. Daniele ha tratto un insegnamento utile alla sua vita missionaria: “Praticare la dottrina buddhista attraverso la meditazione mi ha fatto andare più a fondo non solo sul mio modo di comunicare la mia esperienza ad altri ma anche sul come fare affinché altri possano averla”.

Interrogato sui metodi per giungere ad un efficace dialogo con la religione buddhista, il missionario del Pime traccia due percorsi possibili. Il primo riguarda i contenuti: “Chi dialoga con il buddhismo dovrebbe sottolineare non tanto dottrine o concetti teorici, ma la comunicazione dell'esperienza cristiana (fatta di tante sotto-esperienze) e dei modi per poterla raggiungere”. P. Daniele in prima persona ha sperimentato con successo questo metodo. Durante il percorso di studi, gli era stato chiesto di insegnare il cristianesimo ai monaci del dipartimento “Comparative religions” per un semestre. “Alla fine del corso ho portato i monaci nella mia parrocchia per un ‘assaggio’ di esperienza cristiana. Li ho portati in un centro di bambini disabili; nelle baraccopoli a visitare anziani e ammalati; hanno partecipato alla messa domenicale e ad una condivisione della Parola di Dio”. Di quest’ultima, i monaci hanno apprezzato molto l’ascolto dell'esperienza dell'altro consegnata come dono. “Non c’è condivisione di esperienze tra noi”, dicevano i monaci a p. Daniele. Riguardo alla messa domenicale essi hanno apprezzato il senso di famiglia della piccola comunità della parrocchia di Bangkok, mentre la visita ai malati e agli anziani li ha aiutati a capire perché Gesù andasse a trovare le persone.

La seconda via per il dialogo che illustra p. Daniele riguarda la modalità del dialogo: “II successo o meno del dialogo dipende moltissimo dal contesto che riusciamo a creare tra noi e dal metodo utilizzato. Attualmente noi usiamo lo strumento dei convegni e dei simposi come modalità che però, come abbiamo visto, sono troppo corti. E' possibile creare delle esperienze più lunghe?”, domanda.

Il dialogo interreligioso è un aspetto fondamentale per la vita della Chiesa cattolica in Thailandia, Paese in cui convivono diverse etnie e culture. Le comunità cattoliche del nord sono caratterizzate da molte conversioni tra i tribali. Secondo p. Daniele, “la sfida è quella di far sì che le varie tribù non si chiudano in sé stesse formando ognuna una Chiesa ma che riescano a formare una sola famiglia al di là di differenze culturali”. Un altra sfida è quella di “conservare la ricchezza delle rispettive culture, senza chiudersi nel passato ma anche senza rigettare le proprie radici”. A Bangkok, invece, la sfida è quella di rivitalizzare il lavoro di evangelizzazione e di raggiungere tutte quelle periferie geografiche e sociali che la vita di una megalopoli tiene ai margini.

Infine, per quanto riguarda le sfide del futuro che attendono la Chiesa cattolica, p. Daniele afferma: “In questi ultimi anni il governo thailandese sta dando molta importanza a tutte le religioni come mai era stato fatto prima. Il governo crede che le religioni debbano giocare un ruolo fondamentale nel formare le coscienze e nel contribuire all’unità nazionale. Questa apertura delle autorità è uno dei segni dei tempi cui la Chiesa thailandese sta cercando di rispondere con responsabilità. Un compito delicato e difficile in cui la Chiesa sarà chiamata a dare il suo umile contributo e sarà chiamata a maturare per essere sempre più libera da condizionamenti e per essere sempre di più limpida voce e immagine del Suo Signore”.

P. Daniele Mazza
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