P. Cagnasso: lettera di Natale, nel ricordo di papa Francesco in Bangladesh
La visita a Dhaka del pontefice ha reso i cattolici “fieri di essere al centro dell’attenzione”. Un anno trascorso con difficoltà, senza il parroco p. Quirico Martinelli in Italia per curarsi. Il gruppo della Casa della tenerezza di Rajshahi e quello dell’ostello di Bandarban. La scuola per le bambine e i bambini della baraccopoli di Notun Bazar a Dhaka. Un Natale gioioso e “riconoscente”.
Dhaka (AsiaNews) – Carissimi amici, ho iniziato a scrivere questa lettera alla fine di ottobre, a Dinajpur, dove ho goduto alcune giornate piacevolissime, in compagnia degli altri missionari del Pime in Bangladesh, riuniti per un’assemblea. Abbiamo gustato il clima fresco, le chiacchiere fra amici, la condivisione di vita, la preghiera comune, le risate in cui sfociano anche i momenti difficili , quando vengono ricordati insieme. Avevo bisogno di questo breve intervallo, dopo cinque mesi di fatica per tener testa agli impegni, divenuti eccessivi a causa dell’assenza del parroco p. Quirico Martinelli, in Italia per cure che si prolungavano. Ma ora p. Quirico è ritornato, possiamo aiutarci a vicenda. E riprendo a scrivere...
In questi giorni, dal 30 novembre al 2 dicembre, abbiamo avuto fra noi papa Francesco. Il piccolo e sparpagliato gregge dei cristiani in Bangladesh, anche non cattolici, si era preparato con entusiasmo ad accoglierlo, fieri di essere – per tre giorni – al centro dell’attenzione: ci siamo anche noi! Molti di altre religioni hanno mostrato interesse, e per la prima volta varie tv hanno trasmesso ampi servizi sulla visita, anche in diretta, compresa la lunga celebrazione della messa nel parco centrale di Dhaka.
Tutto si è svolto pacificamente, un “pellegrinaggio dello spirito” – ha detto il cardinale Patrick D’Rozario, arcivescovo di Dhaka. Il Papa ha elogiato il Bangladesh come “modello” di convivenza fra religioni, e ci ha incoraggiato a vivere la nostra fede senza timidezze, con gioia, aperti ad incontrarci con tutti, e a riscoprire la bellezza di seguire Gesù anche quando ciò costa sacrifici, emarginazioni, pericoli.
Per l’occasione, è venuto da Rajshahi anche un gruppo dei più grandi fra i 42 membri della comunità Snehanir (Casa della tenerezza). Venticinque anni fa il primo bimbo, orfano e colpito dalla poliomielite, venne accolto da suor Gertrude e p. Mariano. Non c’erano programmi nè progetti; Snehanir è iniziata e cresciuta passo passo, “spinta” o “costretta” dalla Provvidenza, che affidava a suore Shanti Rani e Missionari del Pime, bimbe e bimbi in gravi difficoltà per qualche disabilità, o per l’estrema poverà e senza nessuno a sostenerli. Alla Messa del papa hanno avuto un posto “speciale”, vicino a lui: un piccolo segno che, nel Regno dei Cieli, quelli che noi pensiamo gli ultimi sono invece i primi...
A gennaio festeggeremo i 25 anni di Snehanir. Nel frattempo, stiamo raccogliendo i racconti di chi vive, o è vissuto nella comunità fino a quando ha trovato la sua strada nella vita. Vorremmo dimostrare che chi ha una qualche forma di disabilità ha anche tante abilità, che non devono restare soffocate o inespresse, ed è un dono prezioso per coloro che sanno accoglierlo. Faremo una piccola pubblicazione e una bella festa, ricordando con riconoscenza voi che ci aiutate e tutti coloro che accompagnano Snehanir con simpatia, preghiera, donazioni, amicizia.
Da oltre due anni non posso visitare i ragazzi e le ragazze Marma dell’ostello a Bandarban, perché il governo ha vietato agli stranieri di andare in quella zona, considerata “pericolosa”. Il recente aggravarsi della crisi dei Rohingya e il gran numero di loro che si affollano proprio nella regione di Bandarban, rendono ancora più delicata la situazione. Il nostro ostello per ora non ha avuto fastidi, ma c’è preoccupazione. Le popolazioni aborigene di tutta l’area (e i Marma fra loro), già angariate da immigrati interni del Bangladesh in cerca di terre, vedono nei Rohingya un pericolo per i loro villaggi, e non hanno fiducia nella protezione delle numerose forze militari distribuite nella zona, temendo siano più un sostegno degli “invasori” che protezione dei residenti: una penosa rivalità fra poveri... All’ostello, comunque, grazie al progetto “Sorella acqua”, abbiamo migliorato l’approvigionamento e la distribuzione di acqua. “Sorella acqua” però ci ha fatto un brutto scherzo, e nel mese di settembre la troppa pioggia ha danneggiato le fondamenta di due edifici, che ora dobbiamo rafforzare e sistemare.
Non potendo andare io a Bandarban, ho invitato i ragazzi a fare il lungo viaggio fino a Dhaka, per trascorrere due giornate di giochi, danze, condivisioni, preghiere (ciascuno secondo la propria fede) insieme ai ragazzi della nostra parrocchia. Non ci vorrà molto per ospitarli: qualche stuoia sui pavimenti delle nostre sale per incontri, mentre per il cibo abbiamo qui una “pattuglia di pronto intervento” che se la cava benissimo con pentoloni, riso e quant’altro occorre.
La scuola per le bambine e i bambini della baraccopoli presso Notun Bazar, a Dhaka, “impresa” coraggiosa di Dino e Rotna, nonostante le paure cresciute dopo l’attentato terroristico del luglio dell’anno scorso, ha trovato amici che aiutano anche a migliorare la qualità dell’insegnamento e della formazione degli alunni, compresa l’attenzione perché le ragazze non siano obbligate a matrimoni precoci. Sta diventando una scuola modello – naturalmente senza trascurare di offrire ogni giorno un prezioso pasto ad oltre 120 alunne e alunni.
A Rajshahi continua il servizio del CAM (Centro Assistenza Ammalati). In Bangladesh si stanno diffondendo dispensari medici, piccole cliniche, centri di maternità, ecc., inesistenti fino a pochi anni fa. Per questo, al CAM, arrivano meno ammalati per casi “ordinari”, e sempre più ammalati in condizioni difficili, complesse e che richiedono cure costose: cardiopatici, pazienti in chemioterapia o in dialisi. Tener testa alle nuove esigenze non è facile, ma vogliamo continuare perché si tratta di un servizio prezioso: anche in parrocchia abbiamo tre stanzette a disposizione di chi deve venire a Dhaka per cure speciali. Accogliamo, accompagnamo, consigliamo, visitiamo quelli che sono ricoverati. I giovani che vivono con noi “perdono” tempo chiacchierando con i malati, creando un clima da cui qualcuno rimane affascinato e grato perché – pur essendo di altra religione - riceve attenzioni e simpatia inattese.
A proposito dei giovani che vivono con noi in parrocchia: quest’anno Regan Gomes, che era stato nella comunità per quattro anni, è stato ordinato sacerdote per il Pime ed è già a Lisbona, dove studia il portoghese per andare alla sua missione, la Guinea Bissau. È il quinto missionario del Pime originario del Bangladesh. Dopo di lui, cinque giovani stanno proseguendo gli studi nel seminario Pime di Monza; tre sono entrati nel seminario a Dhaka, altri hanno preso altre strade, o sono arrivati nuovi; ora qui sono tredici in tutto: una comunità in cui mi trovo molto bene, in barba alla differenza di età!
Insieme a loro, insieme ai molti bambini, giovani, ammalati, poveri che grazie al vostro aiuto possono studiare, curarsi, vivere un po’ meglio, e insieme ai cristiani delle nostre comunità, vi auguriamo di cuore un Natale sereno, con la gioia che l’amore di Dio viene a donarci, in Gesù.
Un saluto cordiale e riconoscente.