Operatrice della Croce rossa: Solo l'educazione salverà le donne afghane
Roma (AsiaNews) - "L'educazione e la formazione professionale sono la base da cui partire per iniziare un reale cambiamento delle condizioni della donna in Afghanistan". È quanto afferma ad AsiaNews Susanna Fioretti, operatrice umanitaria ed esperta del ministero degli Affari Esteri dal 2002 al 2012 delegata della Croce rossa in Afghanistan come responsabile dei programmi di aiuto alle donne. Tornata di recente in Italia, la Fioretti parla ad AsiaNews della condizione delle afghane a più di 10 anni dalla cacciata dei talebani.
La recente apertura degli Stati Uniti e del governo verso gli estremisti islamici, sta mettendo in serio pericolo la poca libertà guadagnata in queste dalle donne afghane. In questi giorni attivisti e organizzazioni per i diritti umani hanno accusato il governo Karzai di utilizzare le donne come una moneta di scambio in un futuro dialogo con i talebani. Lo scorso 9 marzo il Gran consiglio degli ulema ha presentato un editto che definisce la donna un cittadino di seconda categoria subordinata all'uomo. Le legge, sostenuta da Karzai, ripristina l'obbligo del burqa, reintroduce la poligamia, limita alle donne l'accesso all'istruzione, prevede la separazione dei sessi sul lavoro e riconferma la regola dell'accompagnamento obbligatorio sa parte di un parente stretto durante gli spostamenti. Le attiviste afghane sostengono che la legge "fa parte degli sforzi per diffondere e rafforzare l'ideologia talebana e serve al governo per lastricare la via verso un possibile accordo con gli estremisti islamici".
Susanna Fioretti spiega che tali dichiarazioni dimostrano che "le condizioni politiche e sociali del Paese sono volatili e instabili e rischiano di vanificare i pochi frutti di questi anni di lavoro".
Dal 2001 le ragazze che hanno avuto accesso all'istruzione sono passate da 5mila a 2,5 milioni. La costituzione redatta dopo la caduta dei talebani sancisce la parità fra i sessi e riserva alle donne il 27% dei seggi parlamentari.
"La situazione delle donne nella maggior parte del Paese - afferma - è però ancora lontana da un reale miglioramento e bisogna distinguere fra ciò accade in città e nelle province".
A tutt'oggi le donne di Kabul sono le uniche ad avere la possibilità di emanciparsi. La presenza degli occidentali ha reso più semplice per gli uomini afghani accettare un tipo di vita diverso per le loro figlie o spose. Ciò è stato possibile grazie ai programmi di formazione al lavoro finanziati dal governo e dalla comunità internazionale, che hanno permesso a chi ha avuto la fortuna di frequentarli di trovare un lavoro e di emanciparsi dai mariti, diventando membri attivi della famiglia. Tuttavia tali programmi sono accessibili solo per 70mila donne e sono ancora distanti da un loro completamento". La Fioretti spiega che molte iniziative sono ferme per mancanza di fondi. Ciò a causa dell'incertezza per il futuro del Paese dopo il ritiro delle truppe americane nel 2014.
"Nella società afghana - afferma - l'uomo è il centro della famiglia, dell'economia, della cultura. Nei villaggi, ma anche in molti quartieri delle città, tutto è in mano al Consiglio degli anziani, che operano secondo la sharia, la legge coranica". Nel 2004 la Croce rossa ha aperto nella periferia di Kabul un centro per l'avviamento al lavoro dedicato alle donne Pashtun e Tagike. "Per più di due anni - continua l'operatrice - gli imam e le altre autorità religiose hanno ostacolato in tutti i modi la nostra attività perché la ritenevano una casa per prostitute. Il loro benestare è giunto solo dopo un lungo braccio di ferro, ma in modo particolare quando si sono resi conto che grazie al lavoro le donne iniziavano ad essere più indipendenti, divenendo una nuova fonte di reddito per la famiglia".
La Fioretti sottolinea però che l'educazione deve partire dagli elementi della società islamica che più ostacolano un cambiamento della condizione femminile. Una di queste categorie sono gli imam e i mullah. Di recente l'Onu e il ministero per l'haji, che organizza il pellegrinaggio a La Mecca, hanno dato il via a un'iniziativa per la formazione dei giovani leader religiosi musulmani, basata sullo studio delle parti del Corano in cui si descrive in modo virtuoso il ruolo della donna nella società musulmana. Il programma prevede anche un periodo di soggiorno in un Paese islamico moderato, sotto la supervisione di un funzionario donna. Dai primi risultati è emerso che al ritorno nei propri villaggi, molti giovani imam hanno dato la possibilità alle bambine di iscriversi a scuola.
"Nei villaggi più poveri - afferma - la donna continua a non possedere alcun tipo di diritto. Durante il mio soggiorno mi è capitato spesso di assistere casi di donne mandate in carcere per aver denunciato un abuso, oppure scontare una pena detentiva al posto del marito".
Tali pratiche sono quasi impossibili da sradicare nel breve periodo e senza un reale impegno dei leader politici. In questi 10 anni il governo ha sfruttato il problema delle donne come un puro slogan. "Di recente - racconta la Fioretti - il governo si è opposto all'apertura dei centri creati dalla Croce rossa per assistere le donne violentate dai propri mariti. Tali strutture sono solo 10 in tutto il Paese. Invece di sostenerci, i funzionari statali hanno più volte ordinato una loro riduzione perché considerati un pericolo per la società, proponendoci di accettare solo le donne che si presentavano accompagnate dai mariti, che nel 90% dei casi sono gli autori stessi delle violenze".
La Fioretti spiega se si forniscono gli strumenti adeguati e si guarda alle persone con amore e stima i frutti nascono anche da un Paese martoriato come l'Afghanistan: "Quello che abbiamo tentato di fare in questi anni è stato dare alla popolazione le basi per trovare da sé le proprie soluzioni". Il futuro ritiro delle truppe straniere, il ritorno dell'estremismo islamico e l'aumento delle violenze rischiano di vanificare il lavoro di dieci anni. I diritti delle donne e diritti umani saranno la principale moneta di scambio tra talebani e governo.
25/03/2020 08:49