Opec e non Opec chiudono i rubinetti del petrolio per altri 9 mesi
Arabia Saudita e Russia hanno messo d’accordo 24 Paesi. Prolungheranno fino al marzo 2018 il taglio della produzione per aumentarne il prezzo. Ma dietro l'interesse immediato non sembra esserci una chiara strategia per stabilizzare il mercato. Intanto i produttori Usa che hanno costi più elevati di produzione ringraziano per averli fatti rientrare in gioco
Vienna (AsiaNews/Agenzie) - Ufficializzato l'accordo tra Paesi Opec, guidati dall’Arabia Saudita, e non Opec, capitanati dalla Russia (in tutto i produttori di 24 Stati) per un'estensione del taglio delle quote di produzione del petrolio per altri nove mesi, a partire dal primo luglio. Le riduzioni sono in vigore da novembre, quando l'Organizzazione di 14 Paesi esportatori petroliferi con sede a Vienna, ha deciso di ridurre la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno mentre i Paesi non-Opec hanno tagliato 600.000 barili.
L’esito del tentativo di far risalire il prezzo sottraendo la materia prima dal mercato ha dato buoni frutti ma non è scontato per il futuro. Tra le controindicazioni c’è il fatto che la crescita dei prezzi, rende conveniente la ripresa della produzione Usa, che ha costi di produzione più alti.
Ma subito dopo l'accordo le quotazioni del petrolio non hanno ottenuto l’effetto sperato, scendendo sotto i 50 dollari al barile. Il mercato, infatti, sembra aver già assimilato nei giorni scorsi la notizia dell’accordo fra Russia e Arabia Saudita per questa ulteriore proroga.
Non è escluso che il taglio di altri nove mesi potrebbe sfociare di nuovo nel marzo 2018 con il crollo del prezzo sotto i 30 dollari al barile. "Quello che mi preoccupa è che non esiste un messaggio chiaro sulla strategia di uscita", ha dichiarato a Bloomberg, Ebele Kemery, responsabile del settore energia in JPMorgan. "In prospettiva occorre calcolare una sovrapproduzione nel 2018. Per ottenere la vera stabilità dei prezzi si deve tenere d’occhio l’obiettivo finale". La preoccupazione di Kemery per una mancanza di strategia è diffusa
Tuttavia nell’immediato i prezzi sono ben al di sopra dei minimi registrati lo scorso anno. Secondo Roger Diwan, un osservatore Opec presso la società di consulenza IHS Markit Ltd. a Washington, non è vero che l’Opec non ha una visione strategica: "Penso che il prezzo rimarrà tra i 50 ei 60 dollari al barile", scommette.
I Paesi che hanno firmato l’accordo rappresentano il 60 per cento della produzione mondiale di petrolio e da Mosca a Riyad passando per Teheran tutti hanno approvato bilanci in cui è dimostrato che i prezzi più alti hanno fin qui compensato la produzione più bassa. "Si trattava di un accordo storico già nel mese di novembre, ma ora lo è ancora di più", ha dichiarato Jan Stuart, economista di energia di Credit Suisse Group AG. "Ora abbiamo più fiducia di un riequilibrio nel 2017".
L'estensione dell’accordo a marzo prolunga un periodo di collaborazione tra l'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e alcuni dei suoi più grandi rivali. L'ultima volta che entrambe le parti hanno collaborato è stato 15 anni fa, ma non è durata molto. Alexander Novak, ministro dell'energia di Russia, ha dichiarato che il rapporto tra Opec e non membri del cartello rappresenta "un passaggio cruciale". Tuttavia, la cooperazione sempre più stretta tra Arabia Saudita e Russia, secondo Ronald Smith, analista del settore petrolio presso Citigroup Inc. a Mosca, potrebbe non essere nei futuri interessi di Vladimir Putin visto che la compagnia Rosneft di proprietà statale ha investito su progetti destinati a far crescere la produzione nel 2018 e nel 2019.
"Rosneft avrà investito inutilmente un sacco di soldi se continueranno ad estendere l'accordo", ha spiegato Smith. "Credo che ad un certo punto i russi potrebbero decidere che hanno bisogno di riprendere una quota di mercato''.
Anche il ministro del petrolio Saudita Khalid Al-Falih ha dichiarato a Houston, a margine di una conferenza sul settore che si è svolta a marzo, che la politica del Regno è di gestire la produzione "per un periodo limitato di tempo, con l'obiettivo di accelerare il riequilibrio e quindi consentire al mercato libero di funzionare". "Tutte le simulazioni fatte dagli esperti di Opec e non Opec hanno dimostrato che saremo entro la media di cinque anni nel primo trimestre del prossimo anno", ha concluso Al-Falih.