Onu: nonostante i proclami di Trump, l’Isis 'significativa' minaccia in Siria
Un rapporto degli osservatori delle Nazioni Unite smentisce i proclami della Casa Bianca. Tra Siria e Iraq vi sono fra i 14mila e i 18mila combattenti attivi, anche 3mila stranieri. Daesh è determinato a resistere e ha la capacità di contrattaccare. Resta il pericolo di operazioni terroristiche esterne.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Lo Stato islamico (SI, ex Isis) non è stato sconfitto in Siria e continua a costituire la più “significativa” minaccia alla sicurezza e alla pace regionale fra tutti i gruppi terroristi presenti sul territorio. È quanto affermano gli osservatori indipendenti delle Nazioni Unite, i quali smentiscono di fatto i proclami del presidente Usa Donald Trump (reiterati in questi giorni), secondo cui il movimento jihadista è stato “spazzato via”.
Secondo quanto afferma un documento elaborato dal gruppo di monitoraggio delle sanzioni, presentato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, fra Siria e Iraq ad oggi vi sono fra i 14mila e i 18mila combattenti attivi, fra i quali anche 3mila estremisti di origine straniera. “L’Isis non è stata sconfitta - spiega il documento - ma resta sotto una intensa pressione militare”. Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico] “ha evidenziato una determinazione a resistere e la capacità di contrattaccare”.
Il 19 dicembre scorso Trump aveva destato stupore annunciando il ritiro ormai prossimo delle truppe americane perché l’Isis è stato sconfitto. Parole ripetute ieri, quando l’inquilino della Casa Bianca ha anticipato per la prossima settimana l’atto finale della guerra ai jihadisti con la vittoria della coalizione arabo-curda sostenuta dagli americani.
Il gruppo di osservatori dell’Onu ricorda invece che lo Stato islamico, più di al-Qaeda e di altri movimenti jihadisti, rappresenta “la più grave minaccia” per la regione. Il Califfato “compie più di ogni altro attività terroriste” e per questo “resta sempre la più grave minaccia”. Avendo perso gran parte del proprio territorio nell’ultimo anno, esso opera oggi come una rete sotto copertura alla cui guida resta saldo in sella Abu Bakr al-Baghdad (dato più volte per morto in passato). Pur essendo ridotta di molto, la leadership dello SI “sta trasferendo gran parte dei combattenti in Iraq” per unirsi alla rete locale; l’obiettivo è quello di “sopravvivere, consolidarsi e risorgere in quest’area chiave”. “In caso di successo - conclude il rapporto - l’Isis potrebbe dare un nuovo impulso alla propria attività, indirizzandosi verso operazioni terroristiche esterne”.