Onu: attivo il primo sistema di allerta tsunami nell'Oceano indiano
Riuscirà ad allertare in tempo utile i paesi minacciati dall'onda anomala, ma non a minimizzare i falsi allarmi legati a terremoti marini.
Perth (AsiaNews/Agenzie) - Se un altro tsunami dovesse scatenarsi nell'Oceano indiano oggi, con tutta probabilità, le nazioni minacciate verrebbero avvisate per tempo. Lo ha dichiarato ieri il vice direttore dell'Unesco, Patricio Bernal, Segretario esecutivo della Commissione oceanografica intergovernativa (Ioc), che sta lavorando alla creazione di un warning system anti tsunami. Il funzionario Onu si trova a Perth, in Australia occidentale, dove presiede la prima riunione del "Sistema di avvertimento e mitigazione degli tsunami nell'Oceano indiano".
"Sì, oggi possiamo confermare la presenza di uno tsunami", ha detto Bernal. Il problema è che il sistema attuale non può determinare se uno tsunami si limiterà a raggiungere le spiagge dell'Oceano Indiano o se darà luogo a onde spaventose in grado di cancellare villaggi e città.
Ora i centri di allerta per tsunami nel Pacifico - a Tokyo e Honolulu - hanno una rete di esperti da contattare nelle nazioni dell'Oceano indiano quando i dati sismici incidano un terremoto in grado di provocare uno tsunami.
Quello che il sistema non è in grado di fare è minimizzare i tanti falsi allarmi legati a terremoti in mare. "E' insufficiente, è vero - ha ammesso Bernal - ma almeno possiamo confermarlo ora ed è qualcosa che non potevamo fare nemmeno alla fine di marzo".
Non erano attivi sistemi di allerta quando lo tsunami del 26 dicembre scorso, generato dal più forte sisma verificatosi in 40 anni al largo della costa di Sumatra - Indonesia - ha causato la morte di 232.000 persone nell'Oceano Indiano e ha prodotto oltre un milione di senzatetto.
Bernal ha annunciato, inoltre, che entro luglio 2006 sarà operativo un sistema di avvertimento ad alta tecnologia, che permetterà di allertare entro 10 minuti le autorità dei paesi che si affacciano sull'Oceano Indiano.
Al summit di Perth, che si chiuderà il prossimo 7 agosto, partecipano circa 100 rappresentanti di 29 paesi. Al centro dei lavori, i problemi tecnici e scientifici ancora da risolvere, dopo il dispiegamento di una rete di sensori delle onde, delle maree e della pressione.