Omicidio Rabbani, i sospetti sul Pakistan e il rischio di una guerra etnica
L’attentato mortale al presidente del Consiglio per la pace getta il Paese nel caos. Si sospetta la mano dei servizi segreti pakistani. Fonti di AsiaNews sottolineano il cambio di strategia iniziato con l’attentato all’ambasciata Usa a Kabul. Centinaia di persone sfilano nella capitale contro l’uccisione di Rabbani.
Kabul (AsiaNews) – “La morte di Burhanuddin Rabbani acuisce una situazione che era già tesa. Si è voluto colpire un uomo che lavorava per il dialogo e per la pace. La sua uccisione rappresenta un punto di non ritorno per il futuro dell’Afghanistan”. È quanto affermano fonti di AsiaNews a Kabul, in merito all’attentato di ieri contro il Presidente del consiglio per la pace afghano. La sua morte è l'assassinio di più alto profilo dopo l’ingresso degli Stati uniti nel 2001 e avviene a due mesi dall’attentato contro Ahmed Wali Karzai, fratello del presidente. Oggi a Kabul, centinaia di persone hanno manifestato davanti all’ambasciata del Pakistan e per le vie della città per protestare contro l’uccisione del leader.
Di origine tagika, Rabbani, 71 anni, era una figura di primo piano nel panorama nazionale afghano. Fondatore della Jemaah Islamiyah, egli aveva guidato la cacciata dei sovietici (1979- 1989) insieme al generale Massoud, ed era stato presidente durante la guerra civile afghana (1992 –1996). Nell’ottobre 2010 il presidente Karzai lo aveva nominato capo del Consiglio superiore per la pace con il compito di negoziare con i talebani, finora senza successo. La sua morte è avvenuta nel tardo pomeriggio di ieri durante un incontro con un alcuni leader talebani. L’attentatore, anch’egli membro della delegazione, aveva nascosto l’ordigno dentro il turbante. L’attacco è stato rivendicato da Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani, ma per molti è solo una tattica per depistare i reali responsabili.
Secondo le fonti di AsiaNews da tempo è in atto un cambio di strategia da parte delle forze contrarie alla pace in Afghanistan ed è sempre più probabile un coinvolgimento dei servizi segreti pakistani. “Le manifestazioni davanti all’ambasciata – spiegano – confermano che la popolazione non sopporta più le ingerenze di Islamabad, anche se a tutt’oggi non vi sono prove ufficiali”.
A destare sospetti, sono la cura con cui è stato preparato l’attacco e soprattutto la vicinanza con il recente attentato contro l’ambasciata degli Stati Uniti dello scorso 13 settembre, che rappresenta la più grave azione di guerra dopo la cacciata dei talebani da Kabul. Nonostante le misure di sicurezza oltre 30 talebani sono riusciti ad entrare in città, piazzando con facilità un intero arsenale all’interno di un palazzo in costruzione. Il kamikaze che ha ucciso Rabbani si è invece infiltrato all’interno della delegazione e conosceva il leader. Per le fonti, entrambi gli eventi denotano una preparazione tipica di agenti segreti e forze speciali piuttosto che da guerriglieri allevati nelle mahdrasa e abituati a combattere in montagna.
La popolazione è spaventata da questo clima di confusione, che getta discredito sulla capacità del governo di gestire la situazione, rendendo ancora più improbabile il ritiro dei militari Usa entro il 2014. “La situazione è incandescente – spiegano le fonti di AsiaNews - Rabbani era tagiko, e fra pashtun e tagiki non corre buon sangue. Alla minaccia talebana si potrebbe aggiungere il rischio di una guerra etnica che potrebbe distruggere ancora una volta il Paese”. (S.C.)
Di origine tagika, Rabbani, 71 anni, era una figura di primo piano nel panorama nazionale afghano. Fondatore della Jemaah Islamiyah, egli aveva guidato la cacciata dei sovietici (1979- 1989) insieme al generale Massoud, ed era stato presidente durante la guerra civile afghana (1992 –1996). Nell’ottobre 2010 il presidente Karzai lo aveva nominato capo del Consiglio superiore per la pace con il compito di negoziare con i talebani, finora senza successo. La sua morte è avvenuta nel tardo pomeriggio di ieri durante un incontro con un alcuni leader talebani. L’attentatore, anch’egli membro della delegazione, aveva nascosto l’ordigno dentro il turbante. L’attacco è stato rivendicato da Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani, ma per molti è solo una tattica per depistare i reali responsabili.
Secondo le fonti di AsiaNews da tempo è in atto un cambio di strategia da parte delle forze contrarie alla pace in Afghanistan ed è sempre più probabile un coinvolgimento dei servizi segreti pakistani. “Le manifestazioni davanti all’ambasciata – spiegano – confermano che la popolazione non sopporta più le ingerenze di Islamabad, anche se a tutt’oggi non vi sono prove ufficiali”.
A destare sospetti, sono la cura con cui è stato preparato l’attacco e soprattutto la vicinanza con il recente attentato contro l’ambasciata degli Stati Uniti dello scorso 13 settembre, che rappresenta la più grave azione di guerra dopo la cacciata dei talebani da Kabul. Nonostante le misure di sicurezza oltre 30 talebani sono riusciti ad entrare in città, piazzando con facilità un intero arsenale all’interno di un palazzo in costruzione. Il kamikaze che ha ucciso Rabbani si è invece infiltrato all’interno della delegazione e conosceva il leader. Per le fonti, entrambi gli eventi denotano una preparazione tipica di agenti segreti e forze speciali piuttosto che da guerriglieri allevati nelle mahdrasa e abituati a combattere in montagna.
La popolazione è spaventata da questo clima di confusione, che getta discredito sulla capacità del governo di gestire la situazione, rendendo ancora più improbabile il ritiro dei militari Usa entro il 2014. “La situazione è incandescente – spiegano le fonti di AsiaNews - Rabbani era tagiko, e fra pashtun e tagiki non corre buon sangue. Alla minaccia talebana si potrebbe aggiungere il rischio di una guerra etnica che potrebbe distruggere ancora una volta il Paese”. (S.C.)
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