Omicidio Khashoggi: relatrice speciale Onu attacca il ‘silenzio’ degli Usa
Per Agnes Callamard “parlarne è necessario ma non basta, dobbiamo agire” per punire i responsabili. Dietro alla morte vi sarebbe la mano del principe ereditario bin Salman. Washington non collabora e l’Occidente, compresa l’Europa, sta mostrando un grave “deficit democratico”.
Londra (AsiaNews/Agenzie) - La relatrice speciale Onu che ha indagato sull’assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, ucciso il 2 ottobre scorso nel consolato saudita a Istanbul, lancia un duro attacco agli Stati Uniti. Intervenendo a una conferenza stampa organizzata a Londra, affiancata dalla fidanzata dell’attivista e dissidente, Agnes Callamard ha sottolineato che “il silenzio non è un’opzione. Parlarne è necessario ma non basta. Dobbiamo agire” per far luce sulla vicenda.
Nel giugno scorso l’esperta delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto che accusa in modo esplicito il numero due del regno saudita, il principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs), per la morte del giornalista. Dai risultati emersi si sarebbe trattato di una “esecuzione extragiudiziale”, con “indizi credibili” che collegano Mbs e alti funzionari sauditi alla morte di Khashoggi.
Da qui la richiesta di una indagine dell’Fbi e l’apertura di un procedimento civile. Inoltre, Callamard si appella al governo degli Stati Uniti perché rimuova il segreto di Stato sui rapporti dell’intelligence relativi all’omicidio, aggiungendo inoltre che Washington “non è” fra quanti collaborano in modo attivo per assicurare alla giustizia i responsabili.
In seguito ai risultati emersi nell’inchiesta, la relatrice speciale si è rivolta al segretario generale Onu Antonio Guterres, perché promuova un team internazionale chiamato a perseguire i responsabili dell’omicidio. Secondo la donna, l’Occidente mostra un grave “deficit democratico” non rispondendo alla richiesta generale di giustizia lanciata dall’opinione pubblica mondiale.
Accanto a lei vi era la fidanzata turca di Khashoggi, Hatice Cengiz, che si è rivolta in modo esplicito alle nazioni europee affinché prendano “in modo più serio questo rapporto”. “E fin troppo pericoloso - ha aggiunto - comportarsi come se nulla fosse avvenuto”.
Per la Callamard, esperta di esecuzioni extra-giudiziali, sommarie o arbitrarie, il giornalista e dissidente è stato “ucciso in modo brutale” all’interno del consolato saudita a Istanbul. Cinque persone avrebbero confessato l’omicidio e sono ad oggi a processo in Arabia Saudita; il pubblico ministero è convinto della loro colpevolezza, mentre scagiona bin Salman “che non aveva alcuna conoscenza” di quanto è avvenuto.
Riyadh ha aperto un processo che coinvolge un totale di 11 persone che, secondo l’esperta delle Nazioni Unite, andrebbe “sospeso”. Questo, conclude, è un crimine internazionale che richiede una giurisdizione universale, non solo nazionale. Ciò permetterebbe ad altre nazioni come la Turchia o gli stessi Stati Uniti di perseguire i responsabili.
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