Olmert e Al-Kidwa da Francesco con il loro piano di pace per Israele e Palestina
L'ex premier israeliano e l'ex ambasciatore palestinese all'Onu nei giorni scorsi avevano diffuso insieme un appello per la ripresa del negoziato per i due Stati e una soluzione politica per Gaza. Ricevuti in udienza in Vaticano insieme a Gershon Baskin (negoziatore israeliano con Hamas) e Samer Sinijlawi (palestinese molto vicino a Mohammad Dahlan) proprio mentre il governo israeliano sostiene di aver ucciso il leader di Hamas Yahya Sinwar.
Città del Vaticano (AsiaNews) - Un ex primo ministro di Israele, un ex ministro degli esteri dell’Autorità palestinese nipote di Arafat, un accademico israeliano noto per aver trattato in passato con Hamas la liberazione di alcuni ostaggi e un’attivista palestinese considerato molto vicino a Mohammad Dahlan, l’ex “rivale” di Abu Mazen espulso da Fatah nel 2011 e che da allora vive “in esilio” negli Emirati Arabi Uniti con il sostegno di Mohamed Bin Zayed. “I signori Ehud Olmert, ex Primo Ministro di Israele, Nasser Al-Kidwa, ex ministro degli Esteri di Palestina, Gershon Baskin e Samer Sinijlawi”, come recita il comunicato sulle udienze di oggi diffuso dalla Sala stampa vaticana sono stati ricevuti questa mattina in Vaticano da papa Francesco.
Come è prassi per gli incontri che non coinvolgono capi di Stato e di governo sui contenuti di quest’incontro non è stata data alcuna notizia ufficiale. Ma il fatto stesso che sia avvenuto e in questa modalità è un altro messaggio molto significativo da parte del pontefice nel contesto della guerra che da più di un anno insanguina il Medio Oriente. I quattro interlocutori hanno infatti un filo rosso che li accomuna: si sono tutti espressi apertamente per il cessate il fuoco, il rilascio degli ostaggi e il rilancio di una soluzione negoziale al conflitto israelo-palestinese.
Accanto ai ripetuti appelli, dunque, papa Francesco incoraggia le iniziative di incontro che possono far voltare pagina alla violenza senza sbocchi tra i due popoli. Lo aveva già fatto pubblicamente a maggio, quando all’arena di Verona abbracciò pubblicamente Maoz Inon - imprenditore israeliano, che ha perso i propri genitori nella strage compiuta da Hamas il 7 ottobre - e Azia Abu Sarah, suo collega palestinese, anche lui toccato personalmente dalla perdita di una persona cara a causa del conflitto. Ma l’udienza di oggi sposta l’attenzione dal piano della dimensione personale a quello delle soluzioni politiche.
Molto significativa la presenza di Ehud Olmert, erede politico di Ariel Sharon, che ha anche scontato 16 mesi di carcere nel 2016 per un’accusa di corruzione legata al suo lungo mandato come sindaco di Gerusalemme negli anni Novanta. Olmert è l’ultimo premier israeliano ad aver condotto nel 2009 dei negoziati con l’Autorità palestinese sulla soluzione al conflitto. E da anni è una delle voci più critiche in Israele nei confronti di Benjamin Netanyahu, un tempo suo compagno di partito nel Likud.
Insieme a Nasser Al-Kidwa - che è stato rappresentante dell’Olp all’Onu fino al 2005 e poi per un anno ministro degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese - all’inizio di questo mese hanno lanciato dalle colonne di alcune grandi testate internazionali un proprio piano di pace basato sulla nascita di uno Stato palestinese. L’idea resta sostanzialmente quella di cui si parla da sempre: confini del 1967 come punto di riferimento, Gerusalemme come capitale condivisa, scambi di territori tra i due Stati (per una superficie equivalente al 4,4% della Cisgiordania) per permettere a Israele di annettere gli insediamenti più popolosi vicini alla Linea Verde da compensare con altre aree oggi in territorio israeliano. Quanto a Gaza il piano Olmert-Al-Kidwa propone di affidarne la gestione a un Consiglio di Commissari, composto da tecnocrati palestinesi professionisti organicamente legati all'Autorità Palestinese, per guidare la transizione verso elezioni da tenere entro due o tre anni. A coadiuvarlo sarebbe una Temporary Arab Security Presence (un contingente di pace formato da militari di Paesi arabi) il cui dispiegamento andrebbe coordinato con il ritiro delle forze israeliane.
È il piano messo sul tavolo da due figure che oggi non hanno più alcun ruolo istituzionale. Ma che prova anche in questo frangente drammatico a rimettere in piedi la cosiddetta Track II diplomacy, l’incontro parallelo tra soggetti non istituzionali che hanno l’obiettivo di far ricominciare perlomeno a parlare tra loro le parti. Oggi appare una prospettiva lontana. Eppure papa Francesco ricevendoli in Vaticano ha voluto incoraggiarla.
Coincidenza ha voluto che sia successo nelle stesse ore in cui l’attuale governo di Israele sta sostenendo di avere “con ogni probabilità” ucciso anche Yahya Sinwar, il leader di Hamas a Gaza considerato l'organizzatore dei massacri del 7 ottobre. Un ulteriore bivio di questo conflitto. Dove i leader politici esaltano i loro risultati militari, ma continuano a non avere il coraggio di dire ai propri popoli una sola parola sul dopo.