Olimpiadi: arrestato un intero villaggio che protesta contro l’inquinamento
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Si moltiplicano a Pechino le piccole proteste isolate, subito bloccate dalla polizia. Ma nello Yunnan sono stati arrestati oltre 100 cittadini che protestano per l’inquinamento.
Oggi in piazza Tiananmen davanti alla Memorial Hall Mao Zedong, il cristiano Usa Patrick Mahoney, direttore della Christian Defence Coalition, ha avuto solo il tempo di dire di “voler essere la voce dei molti in carcere per la loro fede religiosa”, mentre la polizia lo ha circondato impedendo ai molti giornalisti presenti di vedere e riprenderlo. Lui e due altri si sono inginocchiati per pregare ma sono stati subito portati via.
Ieri, invece, la polizia non è riuscita a impedire a quattro persone, all’alba, di issare sui lampioni due striscioni di 13 metri per la libertà in Tibet. Subito espulsi, uno di loro ha detto che “la nostra è solo la prima di molte [proteste] per l’intero mese”.
Intanto sulle mura di alcuni alberghi di Pechino per stranieri, come il Traders Hotel e il Novotel Palace Hotel, è stato scritto “liberi”, seguito dal nome di cinque noti dissidenti in carcere, come Hu Jia e il pastore delle Chiese domestiche Zhang Rongliang. Oppure la scritta “Il nostro sogno, il nostro incubo”, amara parodia dello slogan dei Giochi (“Un mondo, un sogno”).
Un gruppo pro-Tibet ha invitato i giornalisti per mezzogiorno a un albergo vicino allo Stadio dei Lavoratori per proiettare un filmato sul Tibet. Ma il direttore li ha mandati via, spiegando che la loro presenza “mette in pericolo chi lavora nell’hotel”.
Pechino ha timore non tanto di queste proteste isolate, ma delle violente dimostrazioni di piazza dei cittadini che difendono diritti elementari. Come il 4 agosto a Xingquan, contea di Huaping nel lontano Yunnan, dove circa 300 residenti hanno protestato contro il nuovo cementificio della Gaoyuan Building Materials Company, che inquina l’acqua, scontrandosi con gli uomini della ditta con feriti e danni materiali. Il 5 la polizia ha arrestato 107 residenti “per indagini”: Cao Jinming, governatore della contea, ha “chiarito” che “la stabilità sarà ripristinata” e che “i criminali coinvolti nell’incidente saranno tutti trattati con severità e durezza”. I residenti protestano da mesi, senza alcun intervento delle autorità. Ma per le Olimpiadi protestare è ancora più vietato.
Ma Pechino è lontana e accoglie le ultime delegazioni sportive. Ieri il sindaco del villaggio olimpico, il parlamentare ed ex membro del politburo Chen Zhili, ha dedicato un caldo benvenuto alla squadra di Taiwan, con un discorso nel taiwanese dialetto Minnan cui i 42 atleti e allenatori hanno risposto con un lungo applauso.
Cresce l’attesa per la cerimonia di domani, uno spettacolo di quasi 3 ore che –secondo indiscrezioni- vuole raccontare tutta la storia e la cultura cinese, dall’Età della pietra a oggi, mischiando storia e mitologia: dragoni e fenici volanti, Confucio e i monaci Shaolin e la leggenda di Pangu che ha creato il mondo separando lo yin dallo yang.
Analisti dicono che, in questo clima di attesa, appare persino secondario che ieri da Bangkok il presidente Usa George W. Bush abbia espresso “profonda preoccupazione” per la violazione dei diritti umani in Cina, ripetendo “la ferma opposizione dell’America per l’arresto di dissidenti politici, difensori dei diritti umani e attivisti religiosi” e per la violazione dei diritti. Poco importa se la bandiera della squadra Usa sarà portata da Lopez Lomong, fuggito dal nativo Sudan e cittadino Usa da appena 13 mesi, molto critico per la politica cinese per il Darfur. Quello che importa è che tra poche ore Bush scenderà a Pechino, atteso e gradito ospite per l’inaugurazione.