15/10/2019, 12.49
INDONESIA-MALAYSIA
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Offensiva turca in Siria: timori di Malaysia e Indonesia per il ritorno di jihadisti

Nel nord della Siria vi sono 65 malaysiani e “diverse centinaia” di indonesiani. Prima dell’invasione di Ankara, i curdi disponevano solo di 400 uomini per sorvegliare 12mila miliziani. A questi si aggiungono circa 70mila familiari. Due giorni fa, 800 parenti sono fuggiti da un campo profughi.

Jakarta (AsiaNews) – L’offensiva lanciata dalle forze armate turche nel nord-est della Siria solleva timori anche in Malaysia ed Indonesia. A preoccupare Kuala Lumpur e Jakarta è soprattutto l’incerto destino di centinaia di cittadini, partiti per unirsi allo Stato islamico (Is) ed ora nelle prigioni curde. Le agenzie d’intelligence dei due Paesi a maggioranza islamica denunciano il rischio che molti di questi possano fare ritorno in patria, rinfoltendo i ranghi dei movimenti islamisti già presenti nel Sud-est asiatico. Secondo le stime, nel nord della Siria vi sono 65 malaysiani e “diverse centinaia” di indonesiani.

Le Forze democratiche siriane (Sdf) – un’alleanza arabo-curda, protagonista della lotta contro l’Is – sono ora impegnate a fianco dei soldati del presidente siriano, Bashar al-Assad, per contrastare l’avanzata turca. Prima dell’invasione di Ankara, i miliziani curdi dell’Ypg (le Unità di Protezione Popolare) disponevano solo di 400 uomini per sorvegliare 12mila detenuti islamisti. Il numero è destinato a ridursi con l’intensificarsi degli scontri. Oltre ai combattenti dell'Is in prigione, l’Ypg sorveglia anche circa 70mila dei loro familiari. Due giorni fa, le autorità curde hanno riferito che circa 800 parenti di membri stranieri dell'Is sono fuggiti da un campo profughi.

In Malaysia e Indonesia, i funzionari della sicurezza sospettano che i jihadisti possano tornare a casa senza esser scoperti. Ayob Khan Mydin Pitchay, a capo della Divisione antiterrorismo della polizia di Kuala Lumpur, dichiara: “Esiste la possibilità che fuggano e vadano in un Paese terzo o ritornino in Malaysia. Se rientrano in patria, è molto probabile che reclutino nuovi membri e lancino attacchi”. “Dei 65 malesi [nel nord della Siria] – prosegue –, 11 sono combattenti dell'Is attualmente in prigione”.

Il funzionario aggiunge che 40 persone del gruppo – tra cui donne e miliziani – hanno dichiarato di voler tornare a casa. Ayob spiega che fino ad oggi sono rimpatriati 11 malaysiani. Otto di loro – tutti uomini – sono stati processati e condannati per attività legate al terrorismo. Mentre Paesi come Stati Uniti e Regno Unito si rifiutano di accogliere cittadini partiti per il jihad in Siria, la Malaysia li accetta con cautela. L'offerta di rimpatrio è condizionata: al loro ritorno, essi devono sottoporsi ad interrogatori ed un programma di deradicalizzazione. “Gli ultimi combattimenti renderanno molto più difficile rimpatriare i nostri cittadini”, conclude Ayob.

Sotto anonimato, un alto funzionario indonesiano dell’antiterrorismo riferisce al South China Morning Post che suoi concittadini si sono recati in Medio Oriente a centinaia. Tra loro vi sono anche donne e bambini. “Se ritornassero attraverso rotte illegali – afferma la fonte –, sarebbe difficile per noi rilevarli. Il loro arrivo a casa rivitalizzerebbe le reti terroristiche locali”. Due anni fa, Jakarta ha rimpatriato 18 cittadini e li ha sottoposti ad un breve programma di deradicalizzazione. Tre sono stati processati per terrorismo. Il governo indonesiano sta ancora decidendo come gestire al meglio i rimpatriati dell'Is.

Negli ultimi giorni, in Indonesia è tornato alla ribalta la nota formazione islamista Jamaah Ansharut Daulah (Jad), legato all’Is ed esecutore del fallito attentato contro il gen. Wiranto, ministro coordinatore per gli Affari politici, legali e di sicurezza. A pianificare l’attacco, una cellula di Jad che operava a Bekasi. A dimostrazione delle capacità operative del gruppo terroristico vi è la recente conversione di una poliziotta, indottrinata per diventare un’attentatrice suicida e far strage di colleghi. Il suo nome è Nesti Ode Sami, conosciuta anche come Rini, ed è originaria di North Maluku. Arrestata nel maggio 2019 a Surabaya (East Java) e rispedita a North Maluku per un programma di rieducazione, è stata nuovamente fermata dalle autorità a Yogyakarta, verso la fine del mese scorso. Il gen. Dedi Prasetyo, portavoce della Polizia nazionale, dichiara che la donna è stata licenziata.

(Ha contribuito Mathias Hariyadi).

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