Nuove proteste, l’esercito spara e uccide almeno 8 tibetani
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Nuove proteste so, o esplose la notte del 3 aprile a Donggu, contea di Garze nella zona tibetana del Sichuan. Testimoni riportano che l’esercito spara sulla folla e uccide 8 tibetani mentre Pechino parla solo di un proprio funzionario ferito.
L’edizione inglese della statale Xinhua dice che “la polizia è stata costretta a sparare e far cessare la violenza che ha messo in grande pericolo i funzionari e la popolazione”, ma ha sparato solo “per avvertimento”. L’edizione cinese non parla dell’incidente.
Testimoni hanno riportato, invece, al gruppo Campagna per un Tibet Libero che l’esercito ha sparato sulla folla senza motivo. La polizia si è recata il 2 aprile al monastero buddista di Tonkhor per applicare la nuova “campagna di educazione patriottica”, che chiede ai monaci di dissociarsi dal Dalai Lama e vuole “intensificare il patriottismo e la conoscenza della legge tra membri e funzionari del Partito comunista” (Pc) e nella popolazione. Dopo il rifiuto del monaco capo Lobsang Jamyang, il successivo 3 aprile circa 3mila poliziotti sono entrati con la forza. Hanno perquisito dappertutto e arrestato i monaci Geshi Sonam Tenzing e Tsultrim Phuntsog perché tra le loro cose c’era una fotografia del Dalai Lama.
I 370 monaci sono poi andati dal locale governo per chiedere il rilascio dei due confratelli, seguiti da circa 400 persone, e ne è stata assicurata la liberazione per le 8 di sera. Passato l’orario, quando monaci e popolazione sono tornati verso il municipio, hanno trovato un blocco stradale e i soldati hanno sparato sulla folla, uccidendo almeno 8 persone tra cui un monaco e 3 donne.
E’ il primo incidente riportato da oltre una settimana e arriva due giorni dopo che Zhang Qingli, segretario del Pc del Tibet, ha assicurato che le autorità hanno ottenuto “un’importante vittoria” contro le “forze secessioniste del Dalai Lama”. A Garze e nella vicina Aba ci sono già stati gravi scontri a marzo tra popolazione armata di pietre e coltelli e la polizia. Ma solo di recente fonti ufficiali hanno ammesso che ci sono stati oltre 200 poliziotti e funzionari feriti e almeno uno ucciso, pur negando morti tra la popolazione, che gruppi pro-Tibet dicono numerosi. Da allora la zona è presidiata dall’esercito.