Nunzio apostolico: L'Onu guardi i frutti del dialogo interreligioso non solo le cannonate
Damasco (AsiaNews) - "Onu e Paesi occidentali guardino i frutti del dialogo fra sunniti, alawiti cristiani, non solo le cannonate, i massacri e le violenze compiuti da regime e ribelli". E' quanto afferma ad AsiaNews, mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco. Il prelato invita ancora una volta i Paesi occidentali e i cosiddetti "amici della Siria" a sostenere le iniziative di dialogo che stanno avvenendo in modo spontaneo fra la popolazione che tenta di cambiare dal basso l'attuale situazione. "Le immagini delle violenze di Houla - spiega - hanno scioccato tutti e hanno spinto i siriani al dialogo, soprattutto nelle aree più colpite dalla guerra".
Oggi, a Homs più di 20 leader religiosi cattolici, ortodossi, sunniti e alawiti si sono incontrati insieme ai rappresentanti del governo locale e nazionale per discutere in modo pacifico i problemi che da oltre un anno affliggono il Paese. In attesa di un comunicato ufficiale, mons. Zenari spiega che i capi religiosi e politici hanno condannato i massacri, per evitare un conflitto fra fazioni religiose e politiche. Ogni delegato è consapevole che il Paese sta andando alla deriva. Alle violenze si aggiungono atti di banditismo, furti, omicidi, regolamenti di conti fra famiglie rivali. "Fra i problemi più gravi - continua - vi sono le continue sparizioni di persone, rapite per estorcere denaro e utilizzate come merce di scambio". Ieri, i leader si sono scambiati le liste dei rapiti, impegnandosi a fare di tutto per fermare questa piaga, che in più di un'occasione è sfociata in massacri con morti e feriti.
"I cattolici - aggiunge mons. Zenari - sostengono queste piccole iniziative positive e cercano di lavorare su tutti i fronti". Il prelato spiega che in ogni città vi sono gesti e iniziative di carità, per soccorrere intere famiglie rimaste senza casa e cibo con cui sfamarsi, la speranza è che tale positività prevalga sull'odio e la violenza.
Intanto, continua il dibattito sulle manovre per costringere Assad a lasciare il Paese. Ieri al termine dei colloqui con il presidente siriano, Kofi Annan, inviato speciale per Onu e Lega araba, ha dichiarato che la Siria è ormai giunta a un punto di non ritorno. Egli ha esortato Assad ad attuare il piano "subito e non in futuro". Per fare pressione sul regime accusato del massacro di Houla, Europa, Australia e Stati Uniti hanno annunciato l'espulsione del personale diplomatico siriano, definendo gli ambasciatori persone non gradite. La decisione è stata criticata dalla Russia, che preme per un'indagine accurata e imparziale sotto la supervisione dell'Onu. Per tutelare i suoi interessi strategici in Siria, Mosca preme per privileggiare la via diplomatica e costringere regime e ribelli a fermare gli scontri. Sostenere solo una parte con armi e mezzi porterebbe il caos nell'intera regione.
A tutt'oggi un'operazione militare in stile Libia è appoggiata solo da Francia e Paesi arabi. Gli Usa sostengono che un intervento armato darebbe il via a un'ulteriore carneficina. Tuttavia, come già accaduto per il rais libico Gheddafi, tutto il mondo musulmano sunnita appoggia il crollo di Assad. Diversi leader islamici radicali hanno iniziato a promettere ricompense per chi riuscirà a uccidere il presidente alawita. Nei giorni scorsi Sheikh Ali Al Rubai, famoso imam saudita ha offerto una ricompensa di 450mila dollari per chiunque uccida "l'assassino Assad, responsabile della morte di donne e bambini". L'iniziativa del predicatore sunnita è condivisa anche da diversi politici sauditi, che da mesi premono per un attacco militare contro la Siria. Nelle moschee e nei palazzi governativi di Ryadh la rivolta contro il regime di Damasco viene definita come una guerra santa benedetta da Allah. (S.C.)