Nunzio apostolico a Damasco: la diplomazia è l'unico sentiero per porre fine al conflitto
Damasco (AsiaNews) - "Si vedono all'orizzonte timidi germogli per un futuro dialogo fra ribelli e regime...Non lasciamo che queste piccole aperture vengano chiuse". È quanto afferma ad AsiaNews mons. Mario Zenari, Nunzio apostolico a Damasco che sottolinea l'intenzione di alcune fazioni ribelli e membri del regime di spingere verso una futura cessazione delle ostilità. "Fino ad ora la possibilità è ancora molto flebile - puntualizza il diplomatico vaticano - e basta poco per farla tramontare". Per mons. Zenari "favorire la via diplomatica è l'unico sentiero per porre fine alla scia di sangue" che ha causato la morte di oltre 70mila persone e almeno 1 milione di sfollati.
Le dichiarazioni del nunzio giungono mentre a Roma è in corso il vertice internazionale degli "Amici della Siria" che vede fra i protagonisti il nuovo segretario di Stato Usa John Kerry, risoluto a dare una svolta definitiva alla guerra in Siria. Fra le opzioni annunciate dal successore di Hillary Clinton vi è la possibilità "di aumentare gli aiuti non letali ai ribelli siriani".
Fino ad ora gli Stati Uniti dovrebbero fornire ai guerriglieri, fra cui militano anche molti esponenti di brigate islamiste, scorte di cibo, medicinali, ma anche formazione militare, veicoli blindati e attrezzature per la visione notturna. Il valore totale degli aiuto ammonterà a circa 60 milioni di dollari. Ieri, durante una visita a Parigi, lo stesso Kerry ha però ribadito che gli Stati Uniti vogliono anzitutto tentare la via del dialogo e chiedono ai ribelli soluzioni alternative alla fornitura di armi.
In Siria lo scontro fra ribelli ed militari di Bashar al-Assad si fa sempre più duro. Ieri, colpi di mortaio hanno colpito l'Università di Damasco e la grande moschea degli Omayyadi, fra i più importanti e antichi edifici religiosi dell'islam sunnita. Gli attacchi sono una risposta ai recenti raid aerei dell'esercito su Aleppo. Per mons. Mario Zenari la situazione umanitaria è tragica e con poche soluzioni per rifornire di aiuti la popolazione. "La Chiesa - afferma - è in prima linea nel soccorrere profughi e sfollati, ma la sue forze si concentrano soprattutto in Libano e Giordania". Il vescovo cita il recente incontro delle Caritas di Medio Oriente e Africa del nord, tenutosi la scorsa settimana ad Amman e presieduto dal card. Robert Sarah, presidente del Pontificio consiglio Cor Unum. "Al momento - spiega mons. Zenari - la Chiesa sta valutando insieme alle altre organizzazioni di aumentare gli aiuti all'interno del Paese. Ma per fare ciò dovrà affrontare enormi difficoltà".
Secondo il prelato, le aree sotto assedio, come Aleppo, hanno un estremo bisogno di beni di prima necessità e medicinali, ma fino ad ora è stato impossibile raggiungerle. A ciò si aggiungono le trafile burocratiche imposte dal governo che vietano l'ingresso di beni alimentari per evitare che finiscano nelle mani dei ribelli. (S.C.)