Nunzio ad Ankara: "L'assassinio di Hrant Dink, un affronto a tutta la Turchia"
di Mavi Zambak
Dopo l’assassinio del giornalista di origine armena ad Istanbul, manifestazioni di piazza spontanee in molte città chiedono “verità e libertà”. Sospetti cadono su gruppi di fanatici nazionalisti, a piede libero nel Paese; ma finora nulla di ufficiale.
Ankara (AsiaNews) - Ieri sera si sono ritrovati in 10mila a Taksim, la piazza più famosa di Istanbul, dove sono rimasti tutta la notte per manifestare il loro dolore per la morte del giornalista di origine armena Hrant Dink ucciso nel pomeriggio con due colpi di pistola, mentre usciva dalla redazione del settimanale Agos, di cui era direttore e fondatore. Una lunga processione era partita proprio dal portone dove, a suffragio dell’assassinato erano stati posti subito fiori e candele.
Armeni ed esponenti di sinistra hanno sostato in silenzio sconcertati, con fiaccole, cartelloni, gigantografie del loro amico e intellettuale. Lo slogan più ricorrente: “Siamo tutti Hrant Dink, siamo tutti armeni, alla ricerca della verità e della libertà”, pronunciato e portato anche da chi armeno non era, ma che difendeva e sosteneva le stesse idee del giornalista turco di origine armena. Lo stesso è avvenuto nelle piazze principali di Ankara, Bursa e Smirne, dove si sono radunate spontaneamente 150mila persone, per lo più studenti ed esponenti di sinistra.
Comune è l’opinione che questo omicidio abbia avuto intenti politici provocatori e destabilizzanti, compiuti da uno dei vari gruppi di estrema destra, fanatici nazionalisti, che si muovono indisturbati a ruota libera. Però nessuno per ora azzarda ipotesi o nomi. Come avvenne per l’omicidio di don Andrea subito la polizia si è messa alla caccia di un ragazzo, guarda caso parrebbe essere anch’egli minorenne, forse identificato grazie ad una telecamere posta fuori da un negozio accanto alla redazione del giornale Agos. Al momento sono 8 le persone arrestate perché ritenute sospette.
Il coro unanime di giornali e canali televisivi sostiene che non è solo un uomo ad essere stato vigliaccamente colpito e messo a morte, ma tutta la società turca, quella società che cerca la fratellanza, la pacifica democrazia e la libertà di pensiero. Dello stesso parere anche il Nunzio ad Ankara, mons. Antonio Lucibello: “E’ un colpo basso contro tutta la Turchia, non si è colpito un solo corpo ma l’intero tessuto della società turca, proprio in un momento in cui si sta consolidando la democrazia e si sta cercando una via di comunione tra le varie componenti del Paese. Proprio durante la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani – aggiunge il prelato – non possiamo non unirci al cordoglio dei nostri fratelli, dimostrando la nostra solidarietà e vicinanza. Ci auguriamo di cuore che questo atto non alteri il clima pacifico e distensivo che si era creato con la visita del Papa sia tra i fedeli che tra i responsabili delle diverse religioni e confessioni cristiane presenti sul territorio turco”.
Di fronte a questo “barbaro, sleale e vile assassinio”, il patriarca armeno Mesrob II ha annunciato 15 giorni di lutto a cui parteciperanno sicuramente tutti gli ottantamila armeni in Turchia e con grande probabilità anche quelli della diaspora.
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