19/08/2016, 13.15
SIRIA
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Nunzio a Damasco: Gli occhi dei bambini, specchio delle atrocità commesse in Siria

Da agosto non arrivano aiuti nelle aree sotto assedio. Chiesta la sospensione dei bombardamenti su Aleppo. Il volto di un bambino salvato dalle macerie è l’immagine del conflitto siriano. Mons. Zenari: “Non si vede la fine del tunnel”, fondamentale “l’accesso agli aiuti umanitari”. 

Damasco (AsiaNews) - In Siria la situazione si fa “sempre più scottante” e “non si vede la fine del tunnel”. Anzi, nelle ultime settimane si è assistito a una “escalation della violenza” che ha esacerbato ancor più i termini del conflitto. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, che conferma i molteplici campanelli di allarme che giungono dal Paese arabo, devastato da “cinque anni e mezzo di confitto sanguinoso”. “Si spera sempre di vedere la fine delle violenze - aggiunge il prelato - ma quello che emerge è un intensificarsi della guerra”. 

L’inviato speciale Onu per la Siria Staffan del Mistura ha confermato la sospensione delle attività umanitarie della task force delle Nazioni Unite, a causa dei continui bombardamenti che ostacolano la distribuzione di aiuti. Egli ha rinnovato l’appello per una tregua di almeno 48 ore, soprattutto ad Aleppo divenuta epicentro del conflitto. 

L’alto funzionario Onu sembra impotente di fronte alla catastrofe umanitaria che si sta consumando nella cosiddetta capitale del nord del Paese, un tempo hub economico e commerciale, dove è atteso l’arrivo di centinaia di combattenti per la “battaglia campale”. 

L’appello di Staffan de Mistura sembra essere raccolto dai russi: il generale Igor Konashenkov, portavoce del ministero della Difesa, si è detto disponibile a “sostenere la proposta di de Mistura, e di stabilire al più presto, già la prossima settimana, una pausa umanitaria di due giorni” ad Aleppo per “fornire alla popolazione locale cibo e medicine”.

La guerra in Siria, divampata nel marzo 2011 come moto di protesta popolare contro il presidente Bashar al-Assad, si è trasformata nel tempo in conflitto diffuso con derive estremiste islamiche e movimenti jihadisti. Essa ha causato sinora almeno 250mila morti e ha originato una delle più gravi cristi umanitarie della storia, con 11 milioni di rifugiati.

Intanto sulle macerie della guerra in Siria sta nascendo un nuovo asse - Mosca, Teheran, Pechino - in grado di contrastare le ambizioni statunitensi nell’area mediorientale. 

Gli interessi delle potenze internazionali si consumano sulla pelle della popolazione civile siriana, sempre più devastata dalla guerra. Ad agosto, di fatto, nessun aiuto umanitario ha potuto raggiungere le aree sotto assedio e si fa sempre più acuta la crisi alimentare, idrica ed energetica. 

In queste ore l’immagine simbolo del conflitto siriano è quella di un bambino (nella foto) di soli cinque anni, chiamato Omran Daqneesh, apparso in un video girato ad Aleppo. Il piccolo viene estratto dalle macerie di un bombardamento, e adagiato su una sedia arancione, lo sguardo perso nel vuoto senza un pianto né un lamento. Per migliaia di persone che hanno condiviso la foto sui social i suoi occhi sono il simbolo del conflitto. 

“La sofferenze dei bambini - racconta ad AsiaNews mons. Zenari - sono quelle che colpiscono di più. Anche il papa nel suo appello all’Angelus del 7 agosto scorso aveva ricordato la popolazione civile inerme, in particolare i bambini che sono fra le vittime più innocenti. Dall’inizio della guerra 14mila fra bambini e minori sono caduti nel conflitto”. 

La priorità, prosegue il diplomatico vaticano, è “la consegna di aiuti umanitari” ma anche in questo ambito la situazione è allarmante. “Faccio riferimento - afferma mons. Zenari - alle parole di de Mistura, secondo cui nessun convoglio umanitario è potuto entrare nelle aree sotto assedio”. La speranza è che “diminuiscano le violenze e vi sia una crescita nell’accesso agli aiuti”, ma quello che si registra sul campo “è una escalation delle violenze”. 

“Continuiamo a lanciare appelli per la pace, per la fine delle violenze - conclude il prelato - ma cadono nel vuoto, impotenti di fronte alle orecchie sorde di troppi. Tuttavia, è importante continuare a raccontare le sofferenze” di un Paese e un popolo martoriato “da cinque anni e mezzo di guerra”. 

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