Non cambierà la politica del figlio-unico, malgrado abbia favorito un surplus di maschi
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La politica cinese per il controllo delle nascite ha aggravato lo sbilancio tra il numero dei maschi e delle femmine, ma non sarà cambiata nei prossimi anni. Lo ha detto ieri Zhang Weiqing, direttore della Commissione per la pianificazione della popolazione nazionale e la famiglia (Npfpc).
Zhang ha riconosciuto che la situazione è “grave” e che la politica del figlio-unico “ha aggravato lo sbilancio”, ma ha negato che ne sia la sola ragione. E’ anche il risultato – ha detto – della “radicata predilezione” per i maschi, che spinge ad aborti selettivi anche grazie alle diagnosi precoci sul sesso dei feti ora possibili. Lo stesso governo prevede che per il 2020 ci saranno 40 milioni di uomini in più delle donne in età da marito.
Secondo dati ufficiali, nel 2005 c’erano 117 maschi per ogni 100 donne. Ma in alcune regioni la differenza è di 130 a 100, mentre nei Paesi industrializzati è di 104-107 a 100. La disparità si è manifestata dopo l’introduzione di questa politica nel 1979.
La politica del figlio-unico, inoltre, ha avuto molte eccezioni. Secondo Zhang, è stata davvero applicata solo al 35,9% della popolazione, mentre al 52,9% è stato consentito di avere un secondo figlio quando il primo era femmina. Un altro 9,6% sono contadini poveri cui è stato permesso avere due figli, mentre circa l’1,6% appartiene a minoranze etniche cui è stato consentito di avere almeno due figli.
E’ sempre più frequente la critica che le coppie ricche possono avere un secondo figlio, magari pagando l’elevata multa (diversa nelle regioni ma in genere pari a 50mila yuan, circa 6.200 dollari) e Pechino ha ammesso che questa politica causa “malcontento sociale”.
Comunque – ha concluso Zhang – questa politica è stata necessaria dopo il boom delle nascite degli anni ’80 e Pechino vuole “con fermezza” proseguire il controllo delle nascite almeno fino al 2010, quando prevede la popolazione sia di 1,36 miliardi di persone. “Sarebbe molto pericoloso consentire di avere un secondo figlio” proprio ora che hanno raggiunto l’età per sposarsi oltre 100 milioni di persone nate negli anni ’70, le quali potrebbero causare un nuovo boom demografico.
Analisti osservano che appena due anni fa Pechino prevedeva di avere per il 2010 una popolazione di 1,30 miliardi, 60 milioni di persone in meno rispetto all’attuale previsione. Inoltre questa politica crea una popolazione sempre più anziana e rischia di causare nel futuro una penuria di forza lavoro.
Da un’indagine svolta dal China Youth Daily, quotidiano del Partito comunista, è emerso che il 68% dei rispondenti considera “ingiusto” questo privilegio a favore delle famiglie ricche.
Il governo sa che questa politica è fallita, ma non vuole ancora ammetterlo: Zhang si limita a prospettare che la multa per il secondo figlio potrebbe essere “ridotta” per le famiglie povere, perché “ricchi e poveri sono uguali davanti alla legge”.
Intanto Pechino vuole impedire alla donne di recarsi a partorire a Hong Kong, modo per aggirare il divieto per il secondo figlio. Questa pratica causa problemi alle strutture sanitarie di Hong Kong per il gran numero di donne che vengono e spesso partoriscono al pronto soccorso. Di recente il governo municipale ha proibito l’ingresso alle donne incinte di oltre 28 settimane se non hanno già prenotata una visita medica. Wang Guoqiang, vice direttore della Npfpc, dice che saranno presto introdotte misure per impedire questa pratica.
Analisti osservano che questo fenomeno, se può creare problemi a Hong Kong, non ha effettivo rilievo per il controllo demografico: nel 2006 nella città hanno partorito 12.072 donne non residenti, rispetto a 28.414 residenti. (PB)