Nepal: il terremoto ha distrutto vite e antiche tradizioni indù
Kathmandu (AsiaNews) – Rompendo rituali antichissimi, per la prima volta la statua di Kumari – la “dea vivente” – è stata spostata in una zona all’aperto, al sicuro da nuovi cedimenti. Il tempio a lei dedicato, situato nella piazza (durbar square) di Basantapur, il 2 maggio scorso è crollato in modo definitivo. Secondo la tradizione, l’idolo di Kumari viene portato fuori dal luogo di culto solo durante celebrazioni speciali, dopo aver eseguito particolari rituali. A nove giorni dalla scossa che ha devastato il Nepal, i morti sono saliti a 7.350; i feriti gravi sono più di 15mila; le case rase al suolo sono circa 150mila, 160mila quelle danneggiate in modo parziale.
Sono decine i templi e i luoghi sacri – molti dei quali Patrimonio Unesco per l’umanità – che sono stati distrutti dal terremoto. I templi di Rato-Machhindranath (piazza di Patan), Changunarayan e Kasthamandap sono ridotti in macerie, così come quelli di Lalitpur e Bhaktapur. Gli idoli delle divinità sono in pezzi. Il governo ha emanato un comunicato ufficiale nel quale ha chiesto di non rubare parti di templi e statue.
Molti devoti e religiosi indù sono morti nel crollo dei luoghi culto. È accaduto a Laxmidevi Karmacharya, che stava conducendo un servizio di preghiera quando il tempio di Chagunarayan è franato. Un suo collega, Chakradharananda Rajopadhyaya, è sopravvissuto: “Stavamo offrendo preghiere speciali, quando abbiamo sentito la scossa. Io sono riuscito a correre via e a salvarmi, ma tanti fedeli e uno dei nostri sacerdoti è morto. La nostra divinità non è riuscita a salvarci”.
Il tempio di Chagunarayan era dedicato a Vishnu (il ricostruttore), una delle tre divinità della Trimūrti (la “Trinità” dell’induismo) insieme a Brahma (il creatore) e a Shiva (il distruttore).
Kathmandu, Lalitpur e Bhaktapur – i tre distretti della valle – sono noti per le città ricche di templi indù. Un antico detto sostiene che nella zona ci siano più luoghi di culto che persone.
Anche un sacerdote del tempio di Rato-Machhindranath, dio della pioggia e reincarnazione di Shiva, è morto nel crollo. Si chiamava Ratinarayan Gubaju e stava preparando il luogo per le celebrazioni della divinità, che cadono ogni 12 anni. “Siamo confusi – racconta il fratello, Mohan – non sappiamo cosa fare. Non sappiamo perché questo dio della natura è diventato violento e non ci ha salvato”.
Bharataman Pradhan, devoto indù di Shovabhagawati, ha perso 17 parenti nel terremoto del 25 aprile. È l’unico sopravvissuto della famiglia. Quel giorno stava organizzando delle celebrazioni speciali nel tempio: “Stavo accendendo il fuoco quando la terra ha iniziato a tremare. La nostra casa di quattro piani è crollata, uccidendo tutti i parenti che avevo invitato per pregare insieme”. Ora l’uomo vive in campo, riparato da una tenda: “Il mio dio indù non è riuscito a salvarmi, ma i volontari cristiani mi hanno dato nuova speranza, portandoci tende e cibo”.
12/01/2019 09:00