Nepal e Cina chiudono l’Everest: troppo pericoloso il coronavirus
Il timore dei contagi dopo che l’Oms ha dichiarato la “pandemia”. La stagione primaverile è quella più affollata. La tassa per la scalata costa 11mila dollari. Nel 2019 almeno 885 alpinisti hanno raggiunto la vetta.
Kathmandu (AsiaNews/Agenzie) – I governi di Nepal e Cina hanno deciso di sospendere le spedizioni sul monte Everest per timore dei contagi da coronavirus. Il primo a interrompere le scalate è stato ieri Pechino, seguito oggi da Kathmandu. Il divieto di mettersi in viaggio arriva alla vigilia della stagione primaverile (marzo-maggio), quando di solito si raggiunge il picco delle richieste di appassionati che sognano di raggiungere la vetta più alta del mondo.
L’interruzione è conseguenza dell’aumento dei contagi del nuovo virus, diventato ormai una “pandemia” per l’Organizzazione mondiale della sanità. In Nepal finora esiste un solo caso positivo, uno studente rientrato dalla Cina. Dal versante opposto però, quello cinese da cui ha origine l’emergenza, i casi sono oltre 80mila e più di 3mila le vittime, ma il numero dei nuovi infetti continua a diminuire.
Lo scorso anno le autorità nepalesi sono state costrette a contingentare le spedizioni, dato l’elevato numero di scalatori che mettono a rischio un ecosistema delicatissimo. Nonostante il costo quasi proibitivo della tassa per la scalata – 11mila dollari, oltre alle spese per il viaggio –, nel 2019 almeno 885 alpinisti hanno raggiunto la cima dell’Everest: 644 dal versante sud nepalese e 241 da quello nord tibetano.
Le spedizioni rappresentano uno dei settori chiave del turismo di Kathmandu, del valore di 4 milioni di dollari lo scorso anno. Nella precedente stagione primaverile, la montagna ha reclamato le vite di 11 persone, di cui almeno quattro morte per inesperienza o stanchezza per il sovraffollamento della rotta.
12/03/2020 08:58